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Assegno divorzile, squilibrio economico e alto livello reddituale

Assegno divorzile, lo squilibrio economico e l’alto livello reddituale del coniuge non costituiscono elementi decisivi per l’attribuzione.

Pubblicato il 15 April 2022 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Lecce, Sezione promiscua

Riunita in camera di consiglio nelle persone dei sigg.ri magistrati:

ha pronunciato la presente:

SENTENZA n. 443/2022 pubblicata il 06/04/2022

con riferimento al procedimento in appello n. 970/2021, avente ad oggetto: “divorzio contenzioso cessazione degli effetti civili del matrimonio” introdotto da XXX, rappresentato e difeso dall’Avv. ed elettivamente domiciliato presso lo studio di questi; appellante

YYY, rappresentata e difesa dall’Avv.; appellata con la partecipazione del Procuratore Generale presso la Corte di appello di Lecce che ha espresso parere in data 4.3.2022

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 2.11.2021, XXX proponeva appello avverso la sentenza n. 692/2021 emessa dal Tribunale di Brindisi, pubblicata in data 5.5.2021, a conclusione del giudizio iscritto al n. 2901/2017 RG, che poneva a carico del XXX un assegno divorzile di euro 500,00 mensili in favore di YYY, condannandolo altresì alla rifusione delle spese di lite.

Secondo il giudice di primo grado, l’elevato livello reddituale del XXX, conseguito anche grazie ai sacrifici personali ed economici compiuti all’interno della famiglia dalla moglie YYY, imporrebbero il riconoscimento, a favore di quest’ultima di “un assegno divorzile che, come detto, deve essere proporzionato al predetto contributo fornito alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge”.

Con il proposto gravame, XXX esponeva che: – il giudice di prime cure aveva interpretato e valutato erroneamente le risultanze processuali, oltre ad avere omesso di compiere un approfondito esame delle reali condizioni economico-patrimoniali della YYY; – se il giudice avesse proceduto all’invocato approfondimento istruttorio, avrebbe potuto disporre di interessanti elementi di valutazione, quali il fatto che: a) l’acquisto degli immobili intestati alla YYY (siti in) fosse avvenuto con risorse finanziarie del XXX, come risultante dall’addebito delle rate di mutuo sui conti correnti bancari a lui intestati o cointestati; b) sul conto corrente cointestato agli ex coniugi confluivano le entrate del solo marito, mentre la moglie disponeva di altro conto a lei intestato, sul quale faceva confluire le sue entrate che accantonava ed utilizzava – unitamente a quelli prelevati dal conto cointestato, per realizzare piani di investimento e di accumulo fruttiferi; c) in data 15.12.12, la YYY utilizzava il predetto conto corrente per prelevare la somma di € 150.000,00 e far emettere a suo nome certificati di deposito di pari importo; d) ancor prima e, precisamente, in data 7.4.2009, utilizzava la somma di €. 110.000,00 per far emettere certificati di deposito a suo favore; e) al termine del suo rapporto lavorativo pubblico, ella percepiva una cospicua somma di danaro a titolo di TFR; – la rinuncia agli studi e alla progressione di carriera di YYY erano state determinate da ragioni prettamente personali e non da scelte compiute all’interno della organizzazione familiare; – le risorse reddituali dello stesso XXX erano state utilizzate esclusivamente per la famiglia, ed in particolare per consentire ai tre figli di frequentare l’università fuori sede, per viaggi e per l’acquisto di beni immobili intestati anche alla moglie e/o solo alla stessa; – pur se dal punto di vista reddituale beneficiava di una pensione superiore rispetto a quella della moglie, dal punto di vista patrimoniale, quest’ultima aveva una capacità molto superiore rispetto all’appellante, beneficiando in via esclusiva della titolarità formale e della disponibilità sostanziale del patrimonio familiare, formatosi con l’indubbio e prevalente contributo del marito; – le considerevoli capacità economiche della YYY erano provate anche dalla quantità di danaro dalla stessa inviata ai figli e dal fatto che avesse prestato denaro anche allo stesso XXX; – a causa di gravi problemi di salute intervenuti successivamente all’introduzione del giudizio -una patologia tumorale con delicato intervento e successivi cicli di chemioterapia ed un infarto- veniva dichiarato invalido grave al 100%, ma la sua condizione di salute si era ulteriormente aggravata, come emergeva dagli accertamenti sanitari effettuati presso l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano; – egli aveva contratto un nuovo matrimonio e viveva con la moglie, ultracinquantenne, disoccupata e priva di reddito, la quale si dedicava alla cura ed all’assistenza del marito; – era pensionato e, pur godendo di un assegno di circa €. 4.000,00, subiva mensilmente la decurtazione di € 513,00 per un finanziamento acceso anni addietro con Prestitalia, non era proprietario di alcun immobile abitabile, tant’è che era costretto a vivere in un piccolo appartamento in locazione, aveva fatto ricorso a un finanziamento le cui rate mensili ammontavano ad € 183,19 cadauna ad eccezione dell’ultima di € 6.800,00 da rifinanziare per l’acquisto di un’auto; aveva chiesto un prestito a Banca Intesa, che comportava il pagamento di rate mensili di € 214,00 e aveva un debito nei confronti della Regione Puglia che imponeva il pagamento di una somma mensile di € 473,08.

Tanto premesso, concludeva chiedendo che la Corte: – dichiarasse illegittima e per l’effetto riformasse la sentenza n. 692/2021, resa nel giudizio n. 2901/2017 RG dal Tribunale di Brindisi, in data 30.4.21 e depositata in cancelleria il 5.5.21; – esonerasse l’appellante dall’obbligo di corrispondere a YYY un assegno di divorzio, revocando quello riconosciutole in prime cure; – obbligasse e condannasse YYY a ripetere/restituire/rimborsare all’appellante le somme riscosse anche a titolo di spese legali corrisposte al suo difensore anticipatario, con maggiorazione di interessi legali e rivalutazione come per legge. Con vittoria di spese e competenze di lite del doppio grado di giudizio. Si costituiva YYY, esponendo a sua volta che: – il patrimonio immobiliare facente capo all’appellata era costituito da: due datati appartamenti, ubicati in Brindisi, alla Via, donati dal padre; – dall’appartamento di Via n. 2, dalla stessa acquistato, in regime di separazione di beni, in data 01.07.2006, alla stessa intestato, nel quale viveva e che era stato pagato da essa medesima mediante accredito diretto, da parte del XXX, in favore della banca mutuante dell’assegno mensile di mantenimento di € 1.000,00, dal predetto dovuto alla moglie separata; – dalla metà dell’appartamento di Via n. 8, acquistato il 21 febbraio 1992, intestato ad entrambi i coniugi, nonché dagli stessi pagato prima di commutare in regime di separazione di beni quello pregresso di comunione adottato fino al 1.7.2006; – il XXX, in costanza di procedimento divorzile, aveva incassato la cifra di € 300.000,00 più che bastevole per attingervi ove ve ne fosse stata necessità: – le terapie delle patologie denunciate dell’appellante erano notoriamente a carico del S.S.N.; – ella aveva dato un significativo e deciso contributo al ménage familiare, tanto da rinunciare alle proprie aspirazioni e facendosi persino carico esclusivo nella fase iniziale del matrimonio del mantenimento proprio e della prole, poiché il XXX era studente universitario e doveva provvedere a finanziarsi gli studi; – la lunga durata del matrimonio (39 anni), la sua completa dedizione alla crescita dei tre figli, il determinante contributo dato dalla medesima al compimento degli studi universitari del coniuge ed alla di lui ascesa carrieristica ed economica, la propria rinunzia alle aspirazioni di studio prima e di progressione nella carriera lavorativa poi, la disparità tra le rispettive condizioni finanziarie imponevano il riconoscimento di un assegno divorzile in suo favore.

Tanto premesso, concludeva chiedendo il rigetto dell’appello. Con vittoria di spese e competenze di lite

All’udienza del 15.3.2022, svoltasi con trattazione scritta, la causa veniva trattenuta in decisione senza termini.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appellante invoca la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale di Brindisi con sentenza n. 692/2021, pubblicata in data 5.5.2021, nel giudizio avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio, poneva a suo carico un assegno divorzile di euro 500,00 in favore di YYY.

Il giudice di prime cure, infatti, dopo aver evidenziato l’esistenza di uno squilibrio reddituale tra i coniugi, sottolineava che “il ruolo trainante endo-familiare assunto pacificamente dalla YYY, la quale si occupava in via quasi esclusiva del manage familiare e delle esigenze dei tre figli, consentiva al marito di perseguire e realizzare i propri obiettivi professionali, giungendo ad un livello professionale e retributivo assai elevato”, pertanto, riconosceva all’odierna appellata un assegno divorzile ritenuto proporzionale al contributo fornito alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge.

L’appellante lamenta tuttavia che tale statuizione sia illegittima nella parte in cui il giudice di prime cure non abbia debitamente tenuto conto di tutte le risultanze istruttorie, da cui non può evincersi la disparità economica rappresentata in sentenza. Ed infatti, come asserito dal XXX nel proprio atto di appello, l’appellata beneficerebbe in via esclusiva della titolarità formale e della disponibilità sostanziale del patrimonio familiare, formatosi con il prevalente contributo del marito, di tal che la capacità patrimoniale della stessa sarebbe di gran lunga superiore a quella del XXX.

Orbene, in materia di assegno divorzile la Suprema Corte ha statuito che lo squilibrio economico tra le parti e l’alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono elementi decisivi per l’attribuzione e la quantificazione dell’assegno divorzile. I parametri su cui fondare l’accertamento del diritto all’assegno di divorzio sono la non autosufficienza economica e/o necessità di compensazione del particolare contributo dato da un coniuge durante la vita matrimoniale.

Dunque, il parametro dell’adeguatezza dei mezzi o della possibilità di procurarseli per ragioni oggettive va riferito sia alla possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente, sia all’esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per avere dato, su accordo delle parti, un decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge (cfr. Cass.n.6386/2019).

Occorre procedersi all’effettiva valutazione del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio comune e alla formazione del profilo economico patrimoniale dell’altra parte, anche in relazione alle potenzialità future. La natura e l’entità di tale contributo è frutto delle decisioni comuni, adottate in sede di costruzione della comunità familiare, riguardanti i ruoli endofamiliari in relazione all’assolvimento dei doveri indicati nell’art. 143 c.c..Tali decisioni costituiscono l’espressione tipica dell’autodeterminazione e dell’autoresponsabilità sulla base delle quali si fonda, ex artt. 2 e 29 Cost. la scelta di unirsi e di sciogliersi dal matrimonio. Si deve considerare che il principio costituzionale di uguaglianza e di parità tra coniugi, oltre che il principio di parità contributiva indicato nell’art. 143 del codice civile, impongono di tener conto, al momento dello scioglimento del vincolo, della distribuzione dei compiti professionali ovvero domestici e di cura della famiglia e dei figli che i coniugi hanno realizzato nel corso del matrimonio, essendo del tutto evidente che da tale distribuzione di compiti può derivare una oggettiva penalizzazione al momento del divorzio per il coniuge che ha assunto soprattutto compiti di natura non reddituale/professionale. Nel giudizio, quindi, sulla inadeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge debole economicamente non può essere trascurato il peso di questa distribuzione di compiti all’interno della vita matrimoniale.

Nel caso di specie, sebbene la YYY risulti essere proprietaria di alcuni immobili, dispone di una capacità reddituale nettamente inferiore rispetto a quella del XXX, il quale ha svolto per un lungo periodo il ruolo di Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Brindisi, attività di singolare impegno, resasi possibile anche grazie al sostegno familiare fornito dall’appellata e di cui il XXX ha senza dubbio beneficiato, come si può evincere dalle prove testimoniali rese dinanzi al Tribunale così come dall’interrogatorio formale dello stesso XXX. È emerso, infatti, come la YYY si sia occupata in via quasi esclusiva del manage familiare, essendo il XXX per sua stessa ammissione tutto il giorno fuori di casa per lavoro, contribuendo così alla realizzazione e alla crescita professionale del XXX.

Quanto alle rispettive posizioni economiche, si osserva.

In primo luogo. si richiamano le condizioni economiche concordate dalle parti nel giudizio di separazione del 2011, allorquando il XXX ebbe ad assumersi l’obbligo di versare, mensilmente al coniuge la somma di euro 1.000,00 mensili con rinuncia delle parti alle pretese in ordine alla propria quota di TFR, per quel che valga tale rinuncia.

Il XXX ha un reddito mensile di circa euro 4.200,00, percepito a titolo di pensione; nell’ultimo periodo ha incassato laute somme a titolo di risarcimento danni per emotrasfusione infette effettuate al padre, deceduto, e per il TFR, per un ammontare complessivo di circa euro 300.000,00. Tale dato certamente non può essere trascurato nel quadro della situazione economica del XXX, dovendosi operare un’analisi più ampia rispetto alle sole spese sostenute dall’appellante.

Egli documenta di aver contratto un finanziamento con Prestitalia con rata mensile a versarsi di € 513,00; in merito si osserva che dalla documentazione depositata innanzi al Tribunale è emerso che questi ebbe a contrarre un prestito con Prestitalia nel 2014, il quale aveva scadenza il 31.8.2021 con rata di circa 281,00 euro mensili; successivamente, l’1.4.2017 (due mesi prima di introdurre la domanda di divorzio) il prestito venne rinegoziato e presa a prestito un’ulteriore somma, fissando in euro 513,00 la rata mensile a versarsi sino all’estinzione nel 2014; di tali somme non è stata in nessun modo indicata la destinazione e neppure allegata la necessità o l’esigenza del prestito; la circostanza che la rinegoziazione e l’ulteriore importo mutuato sia stato posto in essere proprio due mesi prima dell’introduzione del giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio consente di ritenere l’impegno finanziario assunto non solo non giustificato, ma temporalmente equivoco, quasi a volersi creare artatamente un’uscita finanziaria; anche per il prestito contratto con Banca Intesa, con pagamento di rate mensili di €. 214,00 è documentato che venne contratto nel marzo 2016, dunque poco più di un anno prima dell’introduzione del giudizio di divorzio, ma neppure in questo caso è indicata la necessità dell’importo finanziato; ha poi effettuato un finanziamento le cui rate mensili ammontavano ad €. 183,19 cadauna ad eccezione dell’ultima di €. 6.800,00 da rifinanziare per l’acquisto di un’auto (prestito contratto nel 2019, dopo la liquidazione di oltre 174.000,00 euro a titolo di TFR); quanto al debito nei confronti della Regione Puglia con pagamento di una somma mensile di €. 473,08, è documentato sia stata determinata dal recupero spese per un contenzioso che ha interessato il XXX.

Quindi, appare effettivamente non rispondere ad una concreta e reale esigenza dell’appellante il pagamento dell’importo di euro 183,19 per il finanziamento per l’acquisto di una vettura (con la precisazione innanzi effettuata, di aver contratto un prestito per l’acquisto di una vettura di euro 12.350,00 nel 2019, allorquando nel novembre 2011 era stato liquidato un TFR di 176.00,00 euro) e di euro 473,08 per il pagamento di spese relative ad un contenzioso, non già gli ulteriori euro 214,00 e tanto meno quello di euro 513,00 non essendo stato neppure allegata la ragione degli ulteriori finanziamenti, compiti in epoca antecedente e prossima all’introduzione del giudizio di divorzio.

Egli soffre di una patologia tale per cui è stato dichiarato invalido al 100%, ma come affermato dal giudice di prime cure, le spese sopportate sono in gran parte coperte dal SSN. Inoltre, si sottolinea come il prospetto delle spese sanitarie allegato in atti, relative al modello 730 con riferimento ai redditi dal 2011 al 2020, non ha subito importanti oscillazioni, rilevandosi solo per il 2018 una spesa di euro 4.237,00, mentre negli anni successivi sono state inferiori a euro 2.000,00, dunque, non particolarmente incidenti rispetto al reddito del XXX.

Quanto al canone di locazione sostenuto dal XXX per le proprie esigenze abitative, deve rilevarsi che il contratto di affitto è intestato alla moglie *** la quale ebbe a locarlo ben due anni prima del matrimonio con l’appellante, di tal che appare verosimile che del relativo canone ella si sia fatta in precedenza carico e che attualmente, ragionevolmente, tale spesa possa essere sostenuta da entrambi. Ad ogni modo, trattasi di un importo assai modesto, pari ad euro 350,00 mensili.

Quanto alla YYY, ella percepiva una retribuzione mensile di euro 1.700,00 ed è attualmente in pensione; è proprietaria di due appartamenti, ubicati in Brindisi, donatili dal padre e che non risulta siano attualmente messi a rendita, dei quali ovviamente sostiene i relativi oneri; ella si è accollata anche i costi di manutenzione, oneri condominiali e fiscali di un immobile donato ai figli *** e *** donato loro dalla nonna materna; dall’appartamento di Via, già destinato a casa familiare, nel quale vive e che è stato pagato mediante accredito diretto, da parte del XXX, in favore della banca mutuante dell’assegno mensile di mantenimento di € 1.000,00, dal predetto dovuto alla moglie separata.

L’appartamento di Via, invece, è intestato ad entrambe le parti, locato a terzi e la rendita relativa è versata ai figli *** e ***, di tal che nessuno dei due coniugi ne beneficia e entrambi sostengono le relative spese connesse al titolo proprietario.

Alla luce di quanto innanzi, appare evidente la persistenza di una sproporzione economica delle parti, dovendosi tenere in conto il determinante contributo della YYY all’interno della famiglia, sia al momento del completamento degli studi di questi ( come compiutamente ricostruito dal primo giudice) nonché del suo sostegno all’ascesa carrieristica del marito, anche in considerazione della lunga durata del matrimonio; dunque, nessuna censura può essere mossa alla pronuncia resa dal Tribunale, e qui appellata, che deve essere confermata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, secondo i parametri di cui al DM Giustizia n. 55 del 2014 (parametrato al valore di euro 12.000, ai sensi dell’art. 13 c.p.c.) .

PQM

La Corte d’Appello di Lecce, Sezione Promiscua, definitivamente decidendo in ordine all’appello proposto da XXX avverso la sentenza n. 692/2021 resa in data 30.4.2021, pubblicata in data 5.5.2021, dal Tribunale di Brindisi, lo rigetta.

Condanna XXX alla rifusione delle spese di lite in favore di YYY che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori di legge e spese forfettarie al 15%.

Dà atto che l’appello è stato integralmente rigettato, sicché sussistono i presupposti di cui all’art. 13 co. 1 –quater t.u. 115/2002 introdotto dall’art. 1 co. 17 l. 24.12.2012 n. 228.

Si comunichi a cura della cancelleria.

Lecce, 30.3.2022

Il Consigliere rel. Il Presidente

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