L’affidamento condiviso è da ritenersi il regime ordinario, anche nel caso in cui i genitori abbiano cessato il rapporto di convivenza, ed il grave conflitto fra gli stessi non è, di per sé solo, idoneo ad escluderlo (cfr. Cass. n. 6535 del 2019; Cass. n. 1777 del 2012).
La mera conflittualità, infatti, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso, ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse (cfr. Cass. n. 6535 del 2019; Cass. n. 5108 2012).
In proposito, va ribadito che in tema di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore“, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore” (cfr. Cass. n. 6535 del 2019; Cass. n. 24526 del 2010).
Nel caso in esame, la corte di appello, pur avendo riscontrato un’elevata conflittualità tra i genitori, ha tuttavia considerato che la stessa, nei fatti, non fosse ostativa all’affido condiviso (pur mantenendo inalterato il domicilio prevalente del minore presso la madre e, tenuto conto dell’età ormai raggiunta dal primo, lasciando alla libera volontà delle parti, l’individuazione di un regime dei suoi incontri con il padre) per le ragioni come in precedenza già riportate, sicché la censura risulta inammissibile perché involge, essenzialmente, questioni di merito, sollecitando un’adesione alla negativa valutazione che della complessiva condotta dell’odierno controricorrente ha compiuto la madre.
A tanto deve solo aggiungersi che l’obbligo di disporre l’audizione del minore ex articoli 315 bis e 336 c.c., certamente non elimina il potere del giudice di procedere, poi, ad una valutazione delle sue dichiarazioni, ai fini della decisione della lite, non rinvenendosi nelle menzionate norme alcuna previsione di automaticità tra tenore di quelle dichiarazioni ed esito della controversia.
Corte di Cassazione, Ordinanza n. 21312 del 5 luglio 2022