Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33410 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33410 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27793/2021 R.G. proposto da
STUDIO LEGALE ASSOCIATO COGNOME, rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (Pec: EMAIL, come da procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio de ll’Avv. NOME COGNOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
Oggetto: Finanziamento –RAGIONE_SOCIALE -Inadempimento – Asserito mancato invio della richiesta di addebito delle singole rate del finanziamento Infondatezza.
CC 17.09.2024
Ric. n. 27793/2021
Pres L.A.COGNOME
Est. I. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME (Pec: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio del terzo in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria n. 334/2021, pubblicata in data 3/06/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/09/2024 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
la Corte d’appello di Reggio Calabria con la sentenza impugnata ha rigettato il gravame proposto dallo Studio Legale NOME COGNOME avverso la sentenza n. 586/2009 del Tribunale di Palmi e ha condannato l’ appellante a rifondere le spese del grado in favore della società appellata RAGIONE_SOCIALE;
per quanto ancora di interesse, il Tribunale di Palmi aveva rigettato la domanda proposta dallo stesso Studio Legale Associato COGNOME volta ad ottenere la condanna della Linea s.p.a. (attuale Compass s.p.a.) al risarcimento del danno subito a causa dell’inadempimento contrattuale consistito nel mancato invio della richiesta di addebito delle singole rate del finanziamento -relativo all’acquisto di un’autovettura , RAGIONE_SOCIALE, per l’importo di € 31.469,00 , mediante le ricevute R id per l’incasso alla Banca di Roma (ora, CCB Unicredit), con addebito sul conto corrente n. 1617010, intestato allo Studio Legale medesimo (inadempimento determinato in € 50.000,00 o in quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia), nonché quella volta ad ottenere
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l’accertamento dell’obbligo della RAGIONE_SOCIALE di cancellare dai sistemi informatici delle finanziarie e delle banche, le segnalazioni di inadempimento delle singole rate di finanziamento e aveva, infine, dichiarato interamente compensate tra le parti le spese del giudizio;
avverso la sentenza d ella Corte d’ appello di Reggio Calabria, lo Studio Legale Associato COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione; ha resistito con controricorso la Compass s.p.a.;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno depositato distinte e rispettive memorie.
Considerato che
con il primo motivo, lo Studio ricorrente censura il ‘ Vizio di motivazione ed omesso esame in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 ‘ ; in particolare, assume che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto della prova fornita in ordine alle seguenti circostanze: – il rimborso delle rate di finanziamento sottoscritto doveva avvenire con addebito sul conto corrente intestato allo studio Legale presso Banca di Roma (ora Unicredit), e Compass non aveva mai inviato richiesta di addebito Rid (rapporto interbancario diretto) a nome dello studio legale associato COGNOME, e nonostante le numerose richieste e diffide, anche formali, effettuate da questo, – aveva inserito nelle banche dati creditizi, quali debitori inadempienti, gli avvocati COGNOME e al l’associazione professionale ad essi facente capo;
lo Studio ricorrente lamenta l ‘ erroneità di quanto considerato dalla Corte d’appello : – il presunto inserimento, ad opera dell’avv. NOME COGNOME nel modulo di richiesta Rid di un codice fiscale errato; – il fatto secondo cui al fine del corretto aggancio del Rid sul conto dello Studio COGNOME fosse necessario inserire il codice fiscale
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dell’avv. COGNOME NOME , anziche’ la partita iva dello Studio medesimo; -la mancanza di volontà da parte dello Studio COGNOME di sottoscrivere una nuova richiesta di addebito rid con codice fiscale corretto ed insiste sul fatto che la controparte non avrebbe fornito la prova ne’ della compilazione dei moduli ed in particolare del n. 5 richiamato dalla Compass, ne’ dell’inserimento sul medesimo modulo del codice fiscale errato;
con il secondo motivo, lamenta la ‘ Violazione e falsa applicazione degli articoli 113 e 115 c.p.c. in relazione al l’art. 360, comma 1, n. 3’ ; in particolare, evidenzia che la sentenza impugnata si basa su tre affermazioni: la compilazione dei moduli è stata eseguita dall’avv. COGNOME questi ha compiuto l’errore di trascrizione del codice fiscale ed infine, la Compass ha regolarmente inviato presso la banca di Roma la richiesta di addebito Rid; evidenzia altresì l’errore logico-giuridico in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello circa la interpretazione dei moduli di addebito Rid depositati dalla Compass (doc. n. 5 e n. 6 depositati in prime cure), consistito nell’aver invertito l’onere probatorio in danno dello Studio ricorrente;
con il terzo motivo lo Studio ricorrente lamenta la ‘ V iolazione e falsa applicazione dell’art 342 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 , n. 3 vizio di motivazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5. ‘; a parere dello Studio ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto parte dei motivi di appello inammissibili, ritenendo che le contestazioni fossero generiche, senza precisa e puntuale critica agli argomenti della sentenza del Tribunale di Palmi, ritenendo, erroneamente, che l’atto di appello riproducesse l’atto introduttivo di prime cure, erroneamente applicando la nuova disciplina post riforma 2012 dell’ art.342 c.p.c.;
con il quarto motivo, lo Studio ricorrente denuncia la ‘ Violazione o falsa applicazione dell’articolo 4 d.m. 55/2014 e delle relative tabelle allegate in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ‘ ; nello specifico, lamenta che la Corte d ‘ appello, nel liquidare le spese del
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grado in favore della società appellata vittoriosa, ha riconosciuto anche quelle per l’espletamento della ‘fase introduttiva’ e della “fase istruttoria/trattazione”, mentre, la appellata società RAGIONE_SOCIALE non aveva partecipato a dette fasi del giudizio essendosi costituita nel giudizio di seconde cure in data 29/10/2014, quando già ormai il giudizio si trovava nella fase di precisazione delle conclusioni;
5. il primo motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c., nella formulazione applicabile ratione temporis (disposizione che ha trovato continuità normativa nel nuovo testo dell’art.360, quarto comma, c.p.c.), deve infatti escludersi la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 del citato art.360, nell’ipotesi in cui la sentenza d’appello i mpugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’); in proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nel la c.d. ‘doppia conforme’, sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. ha l’onere -nella specie non assolto, non ostante la sentenza d’appello abbia integralmente confermato quella di primo grado -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra molte, Cass. 18/12/2014 n. 26860; Cass. 22/12/2016 n. 26774; Cass. 6/08/2019 n. 20994);
sotto altro profilo, è necessario evidenziare che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità
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questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. 1, 30/3/2007 n. 7981; Cass. Sez. 6-1, 9/7/2013 n. 17041; Cass. Sez. 2, 13/8/2018 n. 20712) e lo Studio ricorrente indica i documenti di riferimento depositati in prime cure, ma non spiega di aver sollevato tali doglianze in sede di impugnazione;
parimenti inammissibili sono il secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati attenendo ad una analoga questione posta sotto un duplice profilo;
ebbene, le violazioni di legge lamentate hanno l’effettiva consistenza di una non consentita sollecitazione rivolta a questa Corte a rivalutare la ricostruzione della quaestio facti , e solo all’esito di essa, postula la violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 342 c.p.c.;
in altri termini, il ricorrente, mediante la violazione delle richiamate norme processuali, propone censure dirette esclusivamente alla rilettura di elementi fattuali ed istruttori, posti dalla Corte d’appello alla base della decisione assunta, senza formulare alcuna critica alla motivazione della sentenza impugnata mostrando, tra l’altro, di non tenere conto della giurisprudenza di questa Corte in ordine al principio secondo il quale, in sede di legittimità, non sono ammissibili i motivi che comportano una non consentita rivisitazione nel merito dei fatti di causa e degli elementi istruttori acquisiti nei precedenti gradi di giudizio; da ciò discende, in particolare, che le numerose censure formulate non possono utilmente essere proposte mediante la mera contrapposizione ad esse di valutazioni diverse, poiché tali contestazioni non riguardano, evidentemente, la valutazione della correttezza delle risultanze istruttorie, bensì il riesame del merito della controversia;
in fondato e il quarto motivo di ricorso;
è sufficiente richiamare al riguardo il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui ‘ in tema di liquidazione delle
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Est. I. Ambrosi spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo’ (Cass. Sez. 3, 13/07/2021, n. 19989; cfr. di recente, nello stesso solco, Cass. Sez. 2 – 20/10/2023, n. 29184);
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il ricorso del ricorso;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione