Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1408 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1408 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data RAGIONE_SOCIALEzione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19718/2021 R.G . proposto da:
RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente autonomo, qualificato incidentale-
avverso la sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 191/2021 depositata il 13.1.2021.
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.10.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE (di seguito, semplicemente: RAGIONE_SOCIALE o RAGIONE_SOCIALE) ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) per ottenerne la condanna al pagamento della somma di € 1.105.143,24 quale importo residuo delle fatture n. 44,55,65,77 del 2011, oltre interessi moratori come stabiliti dall’art.5 d.lgs. 231 del 2002, emesse ai sensi dell’art. 10 del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 2009 intervenuto tra le parti.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha dedotto che l’RAGIONE_SOCIALE aveva parzialmente pagato le suddette fatture, corrispondendo per ciascuna € 573.716,00, in luogo della maggior somma di € 850.000,00, come previsto dall’art. 10 del RAGIONE_SOCIALE, basandosi sull’erroneo presupposto che l’RAGIONE_SOCIALE potesse modificare unilateralmente e autoritativamente il contenuto della Convenzione e sul fatto che l’Ente aveva illegittimamente rideterminato con sua deliberazione l’ammontare delle somme previste dall’art. 10 del RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE, riducendole da € 850.000,00 a € 573.716,00.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, contestando la domanda, eccependo in rito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo e nel merito evidenziando vari profili di nullità del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e del relativo art. 10.
Sempre nel merito, l’ RAGIONE_SOCIALE ha invocato la vigenza degli atti con i quali aveva rideterminato gli acconti mensili, ovvero le deliberazioni n. 6968 del 28.4.2011 e n. 7823 del 17.5.2011, pur impugnate dalla RAGIONE_SOCIALE avanti al TAR Lazio ma non annullate. L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto altresì domanda riconvenzionale per € 2.294.864,00, oltre interessi, al fine di ottenere quanto indebitamente pagato in base alle medesime fatture azionate da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in forza di titolo invalido.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n.6290/2017 ha rigettato l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione e l’eccezione relativa al difetto del requisito dell’accreditamento, riconducendo il RAGIONE_SOCIALE all’ipotesi delle sperimentazioni gestionali ex art. 9 bis del d.lgs. 502/1992 e all’ipotesi dell’affitto di azienda; ha rigettato altresì l’eccezione di nullità per violazione delle norme imperative che regolano l’agire della Pubblica Amministrazione, con particolare riferimento al criterio di economicità nella gestione delle risorse pubbliche, ritenendo che dette norme fossero mere norme di azione inidonee a fondare una pronuncia di nullità del RAGIONE_SOCIALE; ha escluso infine l’ipotesi dell’appalto di servizi con il conseguente rigetto anche dell’eccezione fondata sull’art. 5 del d.l. n. 79/1997.
Il Tribunale ha quindi ritenuto la validità del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ha accolto la domanda di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ha rigettato la domanda riconvenzionale dell’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello la RAGIONE_SOCIALE, avente causa della originaria convenuta, a cui ha resistito l’appellata la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza del n. 191 del 13.1.2021 ha accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE, escludendo sia l’ipotesi delle sperimentazioni gestionali che quella dell’affitto di azienda e ha dichiarato la nullità del RAGIONE_SOCIALE per difetto del requisito dell’accreditamento istituzionale previsto dall’art. 8 quinquies d.lgs. 502/90 e s.m.i.
La Corte ha rigettato anche la domanda di ripetizione dell’indebito, non avendo la RAGIONE_SOCIALE appellante censurato la motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui ne aveva dichiarato l’inammissibilità.
Avverso la predetta sentenza del 13.1.2021, non notificata, con atto notificato il 13.7.2021, a distanza di pochi minuti, hanno proposto autonomamente ricorso per cassazione sia la RAGIONE_SOCIALE (ore 13.27), svolgendo unico motivo, sia la RAGIONE_SOCIALE (ore 13.35), svolgendo tre motivi.
Con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., n. 3, la RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod.proc.civ., dell’art. 112 cod.proc.civ., violazione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 6 CEDU; violazione dell’art. 111 Cost., comma 1, violazione dell’art. 24 Cost., comma 1.
La ricorrente sostiene che il suo atto di appello conteneva puntuali censure con riferimento alla sentenza di primo grado sotto il profilo della non riconosciuta nullità del RAGIONE_SOCIALE, in considerazione del fatto che tutta la sentenza n. 6290/2017 poggiava sull’anzidetto, unico argomento che concentrava in sé la motivazione del rigetto in primo grado della domanda di ripetizione dell’indebito.
Inoltre la ricorrente rileva che la Corte di appello ha accolto l’appello della RAGIONE_SOCIALE, ha escluso l’ipotesi della sperimentazione gestionale e quella dell’affitto di azienda, e ha accolto, tra i vari profili di nullità eccepiti, quello relativo alla nullità della Convenzione per violazione della normativa imperativa in tema di accreditamento istituzionale, obbligatorio dall’anno 1999 per il pagamento con denaro RAGIONE_SOCIALE di soggetti privati, comunque esercitanti attività sanitaria per conto del RAGIONE_SOCIALE
Secondo la Corte romana l’inammissibilità del gravame della RAGIONE_SOCIALE poggiava sul fatto l’Ente avrebbe dovuto anche articolare una
specifica censura nei confronti della sentenza di primo grado nella parte in cui non aveva accolto la sua domanda riconvenzionale.
Tale, apparente, mancanza non derivava però da alcuna omessa censura, non essendovi invero nulla da specificatamente censurare, dal momento che nessuna autonoma motivazione era stata posta dal Tribunale a fondamento del rigetto della domanda riconvenzionale, che era stato unicamente e meramente qualificato dal Tribunale come conseguente alla ritenuta validità del titolo (RAGIONE_SOCIALE) legittimante le fatture di cui si chiedeva la ripetizione del pagamento.
Con il primo motivo del suo ricorso, proposto ex art. 360, comma 1, n. 3, cod.proc.civ. la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione dell’art. 8 bis del d.lgs. 502 del 1992 e del d.p.r. 141.1997 e sostiene che la sentenza debba essere cassata nella parte in cui ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE d’intesa intercorso tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE fosse nullo per mancanza dell’accreditamento.
Secondo la ricorrente ai sensi delle sopraindicate norme possono essere accreditati i soggetti erogatori di servizi pubblici e poiché la RAGIONE_SOCIALE non aveva medici alle proprie dipendenze non poteva essere considerata tale.
Con il secondo motivo del suo ricorso, proposto ex art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ. la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e sostiene che la sentenza in questione debba essere cassata laddove assume che la RAGIONE_SOCIALE rendeva prestazioni sanitarie, poiché tale statuizione violava le norme di cui al codice civile in tema di interpretazione dei contratti.
Con il terzo motivo del suo ricorso, proposto ex art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ. la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione dell’art. 13 della legge regionale del Lazio n.55/1993 e sostiene che la sentenza in questione debba essere cassata, laddove non ha
ritenuto applicabile tale articolo alla convenzione del 2009, contraddicendosi peraltro nel riconoscere che le parti avevano inteso attribuirle lo schema negoziale dell’affitto d’azienda.
Entrambe le parti hanno presentato controricorso all’avversario ricorso proposto in via principale.
In data 21.9.2023 la controricorrente ha presentato istanza di abbinamento ad altri ricorsi afferenti alla stessa questione giuridica e pendenti fra le stesse parti in Cassazione.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE deve essere considerato principale e il ricorso autonomo proposto pochi minuti dopo da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deve essere qualificato come ricorso incidentale.
Vale infatti l’orientamento consolidato secondo cui il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod.proc.civ., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’ordinario) di impugnazione in astratto operativi. (Sez. 3, n. 36057 del 23.11.2021).
Non vi è ragione, innanzitutto, di ritardare, in accoglimento dell’istanza di abbinamento proposta, la decisione della presente controversia, giunta all’epilogo decisorio e del resto trattata nella
stessa camera di consiglio con numerosi altri ricorsi relativi allo stesso contenzioso.
Il Collegio ritiene che l’esame del ricorso qualificato incidentale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE rivesta priorità logica e giuridica rispetto a quello del ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE, che ne presuppone il rigetto.
Si è detto supra che co n il primo motivo RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione dell’art. 8 bis del d.lgs. 502 del 1992 e del d.p.r. 141.1997 e sostiene che la sentenza debba essere cassata nella parte in cui ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE d’intesa intercorso tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE fosse nullo per mancanza dell’accreditamento, poiché possono essere accreditati solo i soggetti erogatori di servizi pubblici e poiché la RAGIONE_SOCIALE non aveva medici alle proprie dipendenze non poteva essere considerata tale.
Con il secondo motivo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. e sostiene che la sentenza in questione debba essere cassata laddove assume che essa rendeva prestazioni sanitarie poiché tale statuizione violava le norme di cui al codice civile in tema di interpretazione dei contratti.
Infine con il terzo motivo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione dell’art. 13 della legge regionale del Lazio n.55/1993 e sostiene che la sentenza in questione debba essere cassata laddove non ha ritenuto applicabile tale articolo alla Convenzione del 2009, contraddicendosi peraltro nel riconoscere che le parti avevano inteso attribuirle lo schema negoziale dell’affitto d’azienda.
I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente e appaiono fondati.
La Corte di appello ha ritenuto che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 2009 non potesse essere qualificato come affitto di azienda e abbia costituito invece lo strumento negoziale per svolgere dietro remunerazione attività di assistenza sanitaria, mettendo a disposizione personale infermieristico e tecnico ausiliario e di
effettuazione dell’attività diagnostica al di fuori dell’imprescindibile accreditamento da parte del RAGIONE_SOCIALE.
Questo convincimento non è stato meglio spiegato dalla Corte romana, se non con la pedissequa trascrizione, nelle pagine da 3 a 6 della sentenza impugnata, del testo della comparsa conclusionale della RAGIONE_SOCIALE, ritenuto condivisibile.
Al contrario il riferimento contenuto nella sentenza di primo grado all’art.13 della legge regionale del Lazio n.55 del 1993 è stato ritenuto non condivisibile dalla Corte romana, senza miglior spiegazione che il ritenuto chiaro tenore letterale della disposizione successivamente riprodotta.
La Corte territoriale ha infine escluso che si potesse ricondurre il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE alle ipotesi di sperimentazione gestionale, adducendo a tal riguardo una spiegazione del tutto contraddittoria, ossia perché era stato adottato con il RAGIONE_SOCIALE lo schema dell’affitto di azienda con chiara forzatura negoziale (assunto invece precedentemente smentito).
14. La ricostruzione del rapporto operata dalla Corte di appello, al di là della sua evidente apoditticità e contraddittorietà, non può essere condivisa.
In primo luogo, la decisione della Corte non tiene conto della normativa del d.lgs. 502 del 1992 e del d.p.r. 14.1.1997, e del contenuto dell’accreditamento che è il provvedimento con il quale una struttura sanitaria viene inserita in modo continuativo e sistematico nell’organizzazione della P.A., ed assume la qualifica di soggetto erogatore di un servizio RAGIONE_SOCIALE.
L’accreditamento infatti è il provvedimento con il quale una struttura sanitaria viene inserita in modo continuativo e sistematico nell’organizzazione della P.A. ed assume la qualifica di soggetto erogatore di un servizio RAGIONE_SOCIALE (Sez. U, n. 16336 del 18.6.2019), Con il riconoscimento dell’accreditamento, il legislatore ha inteso assiRAGIONE_SOCIALEre e garantire la serietà delle strutture private che agiscono
autonomamente in concorrenza con quelle pubbliche per conto del RAGIONE_SOCIALE.
La RAGIONE_SOCIALE, in base al RAGIONE_SOCIALE del 30.4.2009, non aveva alle proprie dipendenze medici e di conseguenza non avrebbe mai potuto erogare alcun servizio (cfr. art. 6 del RAGIONE_SOCIALE secondo cui « L’azienda per il funzionamento della RAGIONE_SOCIALE si avvarrà di persona medico e sanitario che l’RAGIONE_SOCIALE stessa si riserva di assegnare formalmente »).
Il RAGIONE_SOCIALE invece prevedeva che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata utilizzata dall’RAGIONE_SOCIALE per rendere servizi sanitari: l’art. 3 stabiliva infatti « L’azienda individua la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE quale sede di Unità RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e Semplici facenti parte dell’RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente denominazione ‘RAGIONE_SOCIALE. (…). A tal fine l’RAGIONE_SOCIALE si avvale della RAGIONE_SOCIALE per erogare l’assistenza RAGIONE_SOCIALE, a pazienti, che una volta accettati presso il P.S. dell’RAGIONE_SOCIALE possano appropriatamente essere trattati in regime di ricovero ordinario, day hospital, day-surgery, ambulatoriale ed intra-moenia».
15. Tali elementi hanno indotto la Corte di Cassazione a Sezioni Unite in sede di regolamento di giurisdizione in varie controversie fra le stesse part, e relative al medesimo rapporto negoziale (sia pur riferibili alla Convenzione precedente del 2005), a qualificare il rapporto negoziale intercorso come un contratto riconducibile allo schema dell’affitto di azienda.
È pur vero che le decisioni emesse dalle Sezioni Unite in sede di regolamento di giurisdizione non vincolano nel merito della questione, avendo valore di giudicato solo sulla giurisdizione e sui presupposti fattuali della sua attribuzione, ma esse costituiscono, nondimeno, precedenti autorevoli, che ben possono essere valutati e condivisi.
Nella ordinanza n.9191 del 7.6.2012 le Sezioni Unite hanno affermato che il RAGIONE_SOCIALE di intesa tra l’attrice e l’RAGIONE_SOCIALE convenuta era un accordo nel quale vi sono gli elementi propri del contratto di affitto di azienda.
L’ordinanza n.19062 del 12.11.2012 ha affermato « Il RAGIONE_SOCIALE di intesa costituente l’accordo a base del chiesto pagamento prevede alcuni obblighi con prestazioni fisse o forfetarie della RAGIONE_SOCIALE concedente nei confronti della casa di RAGIONE_SOCIALE concessionaria, il cui adempimento è comunque da eseguire e non è quindi collegabile immediatamente e soltanto con i servizi sanitari, essendo i corrispettivi dovuti anche per il godimento della struttura costituente la sede della casa di RAGIONE_SOCIALE e per la fruizione dai pazienti di prestazioni erogate dalla concessionaria in luogo della concedente.
La somma dovuta, calcolata nel RAGIONE_SOCIALE di intesa in via forfetaria e a titolo di acconto, non determina la qualificazione delle prestazioni pecuniarie rimaste inadempiute come strumento necessario per la erogazione delle prestazioni del servizio RAGIONE_SOCIALE di assistenza sanitaria e quindi non qualifica l’oggetto del giudizio come strettamente connesso alla materia dei servizi riservata alla giurisdizione esclusiva del G.A., perché le somme di danaro che si pretendono in pagamento sono oggetto di una obbligazione pecuniaria non qualificabile come strumentale al servizio di cui deve conoscere eventualmente il G.A., potendo su tali obblighi avere cognizione il giudice ordinario e quindi il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE nella fattispecie concreta (così, con le sentenze citate, cfr. pure S. U. 27 dicembre 2011 n. 28809 e 23 febbraio 2010 n. 5029). In quanto non è connaturato alle obbligazioni di cui si chiede l’adempimento il servizio sanitario RAGIONE_SOCIALE e quindi gli obblighi inadempiuti non costituiscono situazioni soggettive strumentali all’espletamento di prestazioni assistenziali o oneri per tale espletamento, ma mero corrispettivo dell’uso delle strutture e del
personale e dei servizi della casa di RAGIONE_SOCIALE, la giurisdizione deve riconoscersi al RAGIONE_SOCIALE ….»
Infine l’ordinanza n.3273 del 12.2.2013 ha affermato che « La controversia del giudizio principale di pagamento attiene a diritti e obblighi sorti dal protocollo di intesa tra le parti, atto integrativo della concessione da inquadrare per la istante nel D.Lgs.7 agosto 1990, n. 241, art. 11, nel quale vi sono elementi del contratto di affitto di azienda in ordine al pagamento degli acconti dovuti per prestazioni erogate dalla RAGIONE_SOCIALE con proprio personale senza che su tali attività incidano poteri autoritativi della concedente.»
La citazione della sentenza della Corte di Cassazione 11600/2018, effettuata a pag.8 della sentenza impugnata come precedente inter partes , non ritenuto vincolante, è il frutto di un evidente errore materiale perché la pronuncia ha tutt’altro oggetto (compenso per l’affidamento di veicoli in custodia giudiziaria).
Invece questa Corte nella sentenza della Sez.3, n. 25844 del 31.1.2017 tra le stesse parti (che indubbiamente ha valore di autorevole precedente e non efficacia di giudicato, riguardando la precedente Convenzione inter partes del 2005) ha avuto modo di precisare che in mancanza del connotato della effettuazione delle cure mediche e di quelle chirurgiche la prestazione, effettuata in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, non era qualificabile come sanitaria ed il contratto esulava dal contratto di spedalità. Non ricorreva pertanto l’esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel quadro del RAGIONE_SOCIALE, tale da implicare l’accreditamento istituzionale previsto dall’art. 8 quater d.lgs. n. 502 del 1992.
Ai fini della validità ed efficacia della Convenzione non rilevava quindi la mancanza dell’accreditamento della RAGIONE_SOCIALE, poiché il contratto andava ricondotto allo schema negoziale dell’affitto di azienda e non si trattava di prestazioni rese
nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nazionale, in cui operava l’RAGIONE_SOCIALE avvalendosi della struttura affittata.
E ciò perché la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non ha mai avuto in affidamento la RAGIONE_SOCIALE dei pazienti ma si è limitata, in attuazione degli accordi contrattuali succedutisi nel tempo, a mettere a disposizione dell’RAGIONE_SOCIALE la propria struttura, che senza medici non avrebbe potuto essere accreditata.
La RAGIONE_SOCIALE non erogava quindi servizi sanitari per conto del RAGIONE_SOCIALE ma si limitava a mettere a disposizione la propria struttura munita di personale infermieristico, perché in quel luogo l’RAGIONE_SOCIALE con propri medici potesse RAGIONE_SOCIALEre parte dei propri pazienti che, per motivi di mancanza di spazio, non poteva ricoverare all’interno dell’ospedale.
A ciò si aggiunge il fatto che la RAGIONE_SOCIALE, proprietaria della struttura, aveva chiesto l’accreditamento che gli era stato negato.
Il T.A.R. del Lazio che con sentenza n.36826 del 2010 in atti ha dichiarato che tale diniego era legittimo in quanto « come evidenziato da questa Sezione in ordine alle censure proposte avverso la delibera n. 11310 del 1995, la giurisprudenza, ha precisato, in materia che ‘sia nel regime del convenzionamento, ai sensi dell’art. 44, l. 23 dicembre 1978, n. 833, sia in quello attuale, basato sull’accreditamento, di cui all’art. 8, d.lg. 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni ed integrazioni, il rapporto esistente tra l’Amministrazione e le strutture sanitarie private è di natura sostanzialmente concessoria di attività di servizio RAGIONE_SOCIALE …’ (Consiglio di Stato, sez. V, 11 maggio 2010, n. 2828). Tale definizione assume particolare rilevanza per il caso in esame, poiché dagli atti di causa si evince che il rapporto intercorrente tra l’istante RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE (sin dal 1977; cfr. anche documenti allegati al ricorso introduttivo) non può essere ricondotto alla fattispecie del convenzionamento, ovvero del
rapporto concessorio, che -di regola -riguarda non solo l’utilizzo di locali ma anche le prestazioni mediche del personale sanitario dipendente dalle case di RAGIONE_SOCIALE interessate ed è caratterizzato dalla natura pubblicistica dell’obbligazione del gestore, tenuto ad assiRAGIONE_SOCIALEre la continuità e la regolarità del servizio, pur dopo la scadenza contrattuale. Al contrario, nella fattispecie di interesse, rileva il fatto che le convenzioni stipulate sono state determinate dalla necessità di trovare ospitalità nei locali della ricorrente, situati in zona adiacente alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (…), rimanendo come specificato in convenzione -a carico del personale sanitario dell’RAGIONE_SOCIALE stessa la prestazione delle cure mediche ».
Ben può condividersi quindi l’assunto della ricorrente incidentale, secondo il quale, per essere accreditata e fornire pertanto ai cittadini un servizio sanitario in convenzione con il SSN, un’impresa non può limitarsi ad offrire una mera struttura, un immobile, con attrezzature mediche e il personale ausiliario tecnico-amministrativo (uffici ma anche servizio pulizie) o infermieristico, ma è fondamentale e necessario che oltre a quanto sopra venga fornito il personale medico; questo, invece, era invece alle sole dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE e per svolgere il proprio lavoro, per cui era responsabile verso i pazienti, usufruiva dei locali e delle attrezzature della RAGIONE_SOCIALE, messe a disposizione secondo il RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE del 2009, pertanto riconducibile allo schema contrattuale dell’affitto di azienda, nel rispetto dell’autonomia negoziale delle parti.
Non può essere sottaciuto, infatti, che la sentenza impugnata ha del tutto ignorato l’elemento pacifico e decisivo, risultante dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva medici alle proprie dipendenze e che i medici operanti nella struttura erano dipendenti della RAGIONE_SOCIALE, ciononostante affermando che RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE svolgeva attività di assistenza sanitaria (pag.2,
ultimo capoverso) e addirittura (pag.3, primo periodo) attività diagnostica.
Censurabile appare infine l’apodittico disconoscimento di rilevanza opposto dalla Corte capitolina al contenuto della legge regionale n.55 del 1993.
Infatti l ‘art.13 della legge regionale del Lazio n.55 del 20.9.1993, relativa a « Servizi RAGIONE_SOCIALEeri pubblici ubicati in case di RAGIONE_SOCIALE già convenzionate con l’ex RAGIONE_SOCIALE », disponeva che il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, in sede di adozione dei provvedimenti di riorganizzazione territoriale della rete RAGIONE_SOCIALE, doveva stabilire la destinazione dei servizi RAGIONE_SOCIALEeri pubblici ubicati nelle case di RAGIONE_SOCIALE private già convenzionate con l’ex RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, individuando le divisioni ed i servizi che devono essere ricondotti al l’ interno degli stabilimenti RAGIONE_SOCIALEeri direttamente gestiti dalle unità sanitarie locali e quelli che devono essere mantenuti nelle strutture in cui sono collocati, in relazione alla relativa ubicazione nonché alle specifiche esigenze della popolazione.
Al fine della realizzazione di quanto sopra indicato, la Giunta regionale doveva individuare le modalità anche per la gestione della struttura RAGIONE_SOCIALE utilizzata nello svolgimento delle attività RAGIONE_SOCIALEere pubbliche, ricorrendo anche alle forme di sperimentazione gestionale previste dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
È quindi chiaro che l’individuazione del contraente, quanto alle strutture da utilizzare attraverso l’utilizzo delle relative aziende, era stata comunque determinata una volta per tutte dal legislatore regionale con strumento avente a forza di legge e la scelta di utilizzare la struttura della RAGIONE_SOCIALE e quindi la scelta del contraente erano state fatte direttamente dalla legge regionale n.55 del 1993, sicché neppur si poneva per la Pubblica
Amministrazione la possibilità di individuare liberamente la struttura in cui proseguire l’erogazione dei servizi RAGIONE_SOCIALEeri pubblici ubicati in case di RAGIONE_SOCIALE già convenzionate con l’ex Pio RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Nel suo controricorso RAGIONE_SOCIALE, sostiene la nullità del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la violazione delle regole di evidenza RAGIONE_SOCIALE nella scelta del contraente, proponendo così una questione nuova, mista di fatto e di diritto, inammissibile in sede di legittimità.
Nella memoria illustrativa la RAGIONE_SOCIALE, al fine di contestare la qualificazione giuridica del rapporto adottata dalla Corte di appello, insiste particolarmente sulla recente sentenza del Consiglio di Stato n. 9200/2022 inter partes (prodotta come all.1.)
La RAGIONE_SOCIALE rappresenta come nella predetta decisione il Consiglio di Stato abbia ritenuto infondata la ricostruzione del RAGIONE_SOCIALE, riproposta dalla RAGIONE_SOCIALE anche nel presente giudizio, quale convenzione avente ad oggetto un affitto di azienda.
La ricorrente principale evidenzia che il Consiglio di Stato, all’opposto, ha qualificato il RAGIONE_SOCIALE nei seguenti termini: « la convenzione del 30 aprile 2009 dà luogo ad una forma di integrazione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ai fini della erogazione dei servizi assistenziali, come plasticamente si evince dal disposto dell’art. 3, laddove si prevede che ‘L’RAGIONE_SOCIALE individua la RAGIONE_SOCIALE quale sede di Unità RAGIONE_SOCIALE e Semplici facenti parte dell’RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente denominazione di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e che ‘A tal fine l’RAGIONE_SOCIALE si avvale della RAGIONE_SOCIALE per erogare l’assistenza RAGIONE_SOCIALE ai pazienti, che una volta accettati presso il P.S. dell’RAGIONE_SOCIALE possano appropriatamente essere trattati in regime di ricovero ordinario, day hospital, day surgery, ambulatoriale ed intra moenia…mediante le seguenti unità
operative complesse e semplici (rispettivamente denominate UOC ed UOS) previste dall’Atto aziendale:…’. Trattasi, quindi, di una convenzione direttamente destinata a regolare, nei suoi aspetti organizzativi ed operativi, la gestione di un servizio RAGIONE_SOCIALE, con la conseguente immanente esigenza di garantirne la coerenza con gli interessi pubblici, afferenti al delicato settore sanitario ed alle relative esigenze di complessivo equilibrio finanziario, che la caratterizzano sul piano teleologicofunzionale. Nel senso suindicato, del resto, milita il decisivo argomento relativo alle modalità di remunerazione della RAGIONE_SOCIALE, incentrate sul sistema (tipico della remunerazione delle prestazioni RAGIONE_SOCIALEere) dei DRG (cfr. art. 10 della convenzione), pur prevedendosi la decurtazione del costo relativo al personale medico afferente all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed utilizzato presso la RAGIONE_SOCIALE: meccanismo che, sul piano della ricostruzione del rapporto tra le parti e dell’apporto dalle stesse dato alla erogazione della complessiva attività assistenziale (ed indipendentemente, si ripete, dalla qualificazione ed imputazione del rapporto con il singolo paziente), induce, da un lato, ad escludere che la convenzione avesse ad oggetto, come sostenuto dalla appellante, la mera disponibilità di immobili ed attrezzature della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che la vera e propria attività sanitaria, dall’altro lato, ad individuare il soggetto erogatore della prestazione assistenziale (anche) nella medesima RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nel quadro di un rapporto di ‘avvalimento’ e di stretta integrazione organizzativa e funzionale con l’RAGIONE_SOCIALE. »
Gli assunti della RAGIONE_SOCIALE non possono essere condivisi per varie ragioni.
In primo luogo, la stessa RAGIONE_SOCIALE riconosce che la pronuncia non è passata in giudicato ed è stata attualmente impugnata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avanti questa Corte con giudizio n.r.g. 10375/2023 (tuttora pendente) per eccesso di potere giurisdizionale.
In secondo luogo, la pronuncia del Consiglio di Stato deve essere opportunamente contestualizzata.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva impugnato la delibera n. 546 del 22.7.2010 dell’RAGIONE_SOCIALE, che aveva proceduto unilateralmente alla modifica dell’assetto organizzativo funzionale, trasferendo i servizi maggiormente qualificanti dalla RAGIONE_SOCIALE al presidio del San RAGIONE_SOCIALE, lasciando alla prima i diciotto posti letto di Medicina interna.
L’impugnazione, con successivi motivi aggiunti, era stata estesa alla nota prot. n. 2043 del 4.2.2011, concernente il trasferimento delle unità operative di Urologia e di Chirurgia plastica dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al presidio San RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, alla nota prot. n. 57 del 29.4.2011, alla nota prot. n. 7823 del 17.5.2011, con la quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva disposto la riduzione dell’acconto mensilmente garantito, e alla nota n. 145 del 20.6.2011, con la quale l’RAGIONE_SOCIALE aveva disposto il trasferimento dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al presidio San RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE delle attività ambulatoriali di Dermatologia e Dermochirurgia, Roncopatia e Foniatria.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva sostenuto che il RAGIONE_SOCIALE integrava un contratto di natura privatistica, con la conseguente preclusione dell’intervento modificativo unilaterale dell’Ente RAGIONE_SOCIALE posto in essere con gli atti impugnati.
È proprio nel rispondere a questa argomentazione che il Consiglio di Stato ha opposto la natura pubblicistica del contesto in cui era destinata ad operare la Convenzione, per ribadire la persistenza die poteri pubblici, nel caso esercitati con la riduzione delle attività esercitate nella RAGIONE_SOCIALE e trasferite nel RAGIONE_SOCIALE, affermando che la Convenzione era direttamente destinata a regolare, nei suoi aspetti organizzativi ed operativi, la gestione di un servizio RAGIONE_SOCIALE.
In ogni caso la natura RAGIONE_SOCIALE del rapporto, in cui si dovrebbe contestualizzare la stipulazione della Convenzione, non è affatto
incompatibile con un contratto atipico contenente gli elementi di un rapporto di affitto di azienda, così come ravvisato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite e dalla sentenza impugnata e tantomeno rende necessario un accreditamento in difetto dell’elemento caratterizzante della prestazione sanitaria da parte di medici abilitati.
L’accoglimento dei motivi del ricorso qualificato incidentale, comporta l’assorbimento del ricorso principale che presuppone, oltre la rivendicata ritualità della proposizione del motivo di appello, l’invalidità del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Per i motivi esposti occorre accogliere il ricorso qualificato incidentale, assorbito il ricorso principale, cassare la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviare la causa alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dar atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, poiché il motivo di ricorso è stato assorbito.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso qualificato incidentale, assorbito il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE nella camera di consiglio della Prima Sezione civile il 26 ottobre 2023
Il Presidente
NOME COGNOME