Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34842 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34842 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23369/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in JESI INDIRIZZO DOM DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (PLNMRA62B18A271Z) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AMMINISTRAZIONE RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ANCONA INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
INPS, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-resistente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 9/2023 depositata il 17/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Ancona ha rigettato il reclamo proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 28/2023 del 9.3.2023 con cui il Tribunale di Ancona ne ha dichiarato il fallimento, pronuncia cui è pervenuto dopo aver rigettato la domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F., che era stata presentata dalla predetta società in data 7.11.2022, contemporaneamente alla domanda di transazione fiscale, nel termine concesso dal Tribunale ex art. 161 comma 6° L.F..
Per quanto ancora rileva, il giudice di secondo grado, ha, in primo luogo, disatteso la prospettazione della società reclamante secondo cui l’art. 182 ter L.F., – che prevede il divieto di trattamento deteriore del creditore erariale e previdenziale rispetto ai creditori aderenti di grado inferiore – si applicherebbe solo al concordato preventivo, e ciò alla luce del chiaro disposto dell’art.183 ter comma 5 L.F., secondo cui i l debitore può effettuare la proposta ‘di cui al comma 1’ anche nell’ambito delle trattative che precedono la
stipulazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182 -bis. Orbene, la ‘proposta di cui al comma 1’ impone il rispetto di tutte le condizioni di ammissibilità contemplate nella disposizione richiamata, e quindi anche della cd. relative priority rule.
Con riferimento alle censure svolte nel reclamo, riguardanti i limiti del sindacato giurisdizionale, il giudice d’appello ha, preliminarmente, evidenziato che il sindacato del Tribunale, nella valutazione della domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione, non è limitato ad un controllo formale della relazione del professionista attestatore, ma comporta anche un controllo sostanziale circa attuabilità e idoneità del piano, dovendosi intendere come attuabilità la verifica della capacità del piano di liberare quelle risorse, soprattutto di cassa, che consentano, da un lato, il regolare pagamento dei creditori non aderenti e, dall’altro lato, la progressiva anche se non repentina uscita dell’impresa dalla situazione di crisi. Tale verifica va fatta in termini di plausibilità e ragionevolezza, con la conseguenza che è ben possibile negare l’omologazione ove l’accordo, per come formulato, renda di per sè irragionevole e irrealistica l’affermazione di integrale pagamento in quei termini.
In particolare, con riferimento al caso di specie, il giudice d’appello ha rilevato che l’affermazione del Tribunale, secondo cui la proposta di RAGIONE_SOCIALE non fosse in grado di assicurare con certezza il soddisfacimento integrale dei creditori non aderenti all’accordo di ristrutturazione dei debiti, per la ‘ mancanza di fideiussione bancaria o assicurativa stipulata dalla società per far fronte almeno alle obbligazioni’ di questi ultimi creditori, non era stata adeguatamente aggredita dalla reclamante, essendosi quest’ultima limitata a svalutare la circostanza a fronte di un esito complessivamente positivo dei risultati esposti nel piano.
Per quanto concerne le valutazioni operate nella relazione degli attestatori con riguardo ai beni dell’attivo patrimoniale, la Corte
d’Appello, nel prendere atto che il valore dei beni era stato indicato dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, ha, in un primo luogo, ritenuto che si trattava di circostanza idonea a svalutare la relazione dei professionisti attestatori in punto di determinazione dell’ipotetico ricavo ad esito dello scenario liquidatorio. In ogni caso, ha stigmatizzato che gli attestatori avevano messo a confronto solo la liquidazione atomistica del patrimonio della società ricorrente, e non avevano esplorato il diverso scenario liquidatorio costituito dalla vendita dell’azienda nel suo complesso, eventualmente preceduta da affitto di azienda.
Infine, il giudice di secondo grado ha condiviso l’impostazione del Tribunale in ordine alla ‘ alea a cui è sottoposto il raggiungimento degli obiettivi fissati dal business plan’ della proponente, avendo messo in luce che degli appalti che quest’ultima affermava avrebbe acquisito nei successivi quattro anni con prezzi remunerativi legati al PNRR -, non era stato fornito alcun supporto documentale, avendo, peraltro, la stessa ITEM introdotto elementi di incertezza, essendo stato prodotto un articolo del Sole24ore dove si mette in dubbio l’erogazione dei fondi del PNRR per il settore telecomunicazioni.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte d’Appello ha concluso che il piano non presentava quei criteri di ragionevolezza e plausibilità richiesti dalla giurisprudenza di legittimità.
Avverso la predetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi. La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso ed ha, altresì, depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 182 bis, 182 ter, commi 1 e 5 L.F.
Espone la ricorrente che l’applicazione del divieto di trattamento deteriore del creditore erariale e previdenziale rispetto ai creditori aderenti di grado inferiore (cd. relative priority rule) non consente, in concreto, l’applicazione dell’istituto della transazione fiscale. L’unico criterio da applicare è quello della fattibilità e della convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale. Una diversa interpretazione della norma impedisce anche agli agenti fiscali e previdenziali di sottoscrivere transazioni fiscali a norma dell’art. 182 ter L.F..
2. Il motivo è infondato.
Va osservato che l’art.183 ter comma 5 l. fall. dispone testualmente che ‘Il debitore può effettuare la proposta di cui al comma 1 anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182 -bis. In tali casi l’attestazione del professionista, relativamente ai crediti tributari o contributivi, e relativi accessori, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale’.
Orbene, la ‘ proposta di cui al comma 1′ impone il rispetto di tutte le condizioni di ammissibilità contemplate nella disposizione richiamata, e quindi anche della cd. relative priority rule . E’, infatti, previsto che ‘ se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie ‘ . Il chiaro tenore letterale della norma -che è stata così modificata dall’art. 3 D.L. n. 125/2020 conv. nella L. 27.11.2020 n. 159 (a decorrere dal 4 dicembre 2020) non lascia alcun dubbio in ordine all’applicabilità, dell’istituto del relative priority rule , in un primo tempo previsto
solo per il concordato preventivo, anche all’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F..
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 182 bis comma 4 e 182 ter, comma 5 L.F..
Espone la ricorrente che la Corte d’Appello ha travalicato i limiti del sindacato giurisdizionale consentito dall’art. 182 bis, comma 4, LF..
In particolare, evidenzia che alla valutazione della Corte di Appello, in ordine alla inidoneità della sua proposta ad assicurare il soddisfacimento integrale dei creditori non aderenti, deve contrapporsi la propria attestazione di fattibilità del pagamento integrale dei creditori non aderenti nei termini di legge.
Analogamente, alla valutazione del giudice d’appello in ordine alla non attendibilità dei valori di realizzo dei beni, deve contrapporsi la stima verificata dai propri attestatori.
Identico ragionamento deve svolgersi con riferimento alle valutazioni del giudice d’appello in ordine alla non idoneità della liquidazione solo atomistica del patrimonio della società ricorrente, cui, a dire della ricorrente, deve contrapporsi l’espressa esclusione da parte della relazione di attestazione di ipotesi di cessione o affitto di azienda quali alternative vantaggiose per i creditori, data la natura delle committenti e dei contratti, assimilati ai contratti pubblici di appalto (con applicazione del d.lgs. n. 50/2016).
Infine, la ricorrente lamenta che la Corte di Appello ha espresso dubbi sui contratti e sulla remuneratività dei futuri appalti senza alcun elemento idoneo a supportare tali dubbi.
4. Il motivo è inammissibile.
Va, preliminarmente, osservato che questa Corte (cfr. Cass. n. 12064/2019), partendo dalla premessa che l’accordo di ristrutturazione partecipa della comune natura di procedura concorsuale propria del concordato preventivo (v. Cass. n. 1182/18, Cass. n. 9087/18, Cass. n. 16347/18), ed in coerenza con quanto già affermato a proposito dell’analogo tema dei limiti
del sindacato giurisdizionale sulla fattibilità del piano concordatario (v. Cass. n. 9071/17, Cass. n. 5825/18, Cass. 21175/18), ha enunciato il principio secondo cui nell’accordo di ristrutturazione il giudice, nella sede dell’omologa, non è limitato dalla sola verifica di regolarità formale degli adempimenti previsti per legge, ma è tenuto a verificare tutti gli aspetti di legalità sostanziale e tra questi anche quelli inerenti la effettiva garanzia di soddisfacimento dei creditori estranei all’accordo nei tempi previsti per legge. Tale verifica va fatta in termini di plausibilità e ragionevolezza, cosicché è ben possibile negare l’omologazione ove l’accordo, per come formulato, renda di per sé irragionevole e irrealistica l’affermazione di integrale pagamento in quei termini.
La Corte d’Appello ha fatto un corretto uso di tale principio, evidenziando plurimi aspetti di irragionevolezza e non plausibilità della proposta della ricorrente (valore di realizzo dei singoli cespiti dell’attivo indicato dal legale rappresentante dalla stessa ricorrente e non accertato personalmente dall’attestatore, vedi Cass. n. 5825/2018; stima effettuata con un criterio di liquidazione atomistica del patrimonio della società ricorrente, non risultando che fosse stata percorsa la strada maestra della vendita dell’intero complesso aziendale, e ciò in violazione dell’art. 105, comma 1, L.F.; alea a cui era sottoposto il raggiungimento degli obiettivi fissati dal business plan, non essendo stati neppure documentati gli appalti che la ricorrente aveva affermato che avrebbe acquisito nei successivi quattro anni; mancanza di una fideiussione che garantisse l’integrale pagamento dei creditori non aderenti).
Orbene, a fronte di una motivazione così articolata della Corte d’Appello, coerente ed immune da vizi logici, peraltro neppure censurata, la ricorrente si è limitata a contrappore le diverse valutazioni contenute nella propria relazione di attestazione, così svolgendo inammissibili censure di merito, in quanto finalizzate a sollecitare un’alternativa ricostruzione dei fatti ed una diversa
valutazione del materiale probatorio rispetto a quella operata dal giudice di appello.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 12.200, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 11.12.2024