Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24006 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24006 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4884/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Paterno’ INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende,
-ricorrenti-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliato in Catania INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catania n. 1339/2023 depositata il 12/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 12/7/2023, per quanto di interesse in questa sede, in parziale accoglimento dell’appello avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, proposto da COGNOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME, eredi di COGNOME NOME, amministratore in carica della società fallita dal 23.7.2003 al 1.9.2003, annullava la loro condanna al risarcimento dei danni in favore del Fallimento della somma di € 88.000 confermando la condanna al risarcimento dei danni con riferimento all’addebito di mala gestio per aver emesso la nota di credito n. 2 del 31 luglio 2003 dell’importo di €. 203.510,32 in favore di RAGIONE_SOCIALE (società avente ‘nel tempo, una compagine sociale ed amministrativa pressoché identica’ a quella di RAGIONE_SOCIALE) del tutto ingiustificata, ossia senza alcuna valida causale, ‘così restituendo’ alla CGE gli importi incassati in relazione a lavori eseguiti e fatturati dalla fallita RAGIONE_SOCIALE in favore di CGE medesima, negli anni 2002/2003.
1.1.La Corte riconosceva la legittimazione passiva degli appellanti COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME -unitamente al fratello NOME in quanto l’accettazione dell’eredità di COGNOME NOME poteva ritenersi tacitamente avvenuta con la costituzione degli stessi nel giudizio di primo grado, essi qualificandosi come coeredi del de cuius e prendendo posizione nel merito della pretesa risarcitoria.
1.2 Evidenziava che l’apertura della successione ereditaria determinava la trasmissione agli eredi di tutti i beni di cui era
titolare il defunto nonché i debiti dallo stesso contratti in vita, anche quelli dipendenti da illecito civile.
2 NOME COGNOME NOME e COGNOME hanno proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi. Il Fallimento ha svolto difese con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art . 460 e 2697 c.c., in relazione all’art . 360, comma 1° n.3, c.p.c.. per avere la Corte affermato la legittimazione passiva degli odierni ricorrenti quale conseguenza di una indimostrata accettazione tacita della qualità di eredi, non costituendo accettazione tacita dell’eredità la costituzione in un giudizio.
2 Il motivo è inammissibile.
2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte «l’assunzione in giudizio della qualità di erede, di un originario debitore, costituisce accettazione tacita dell’eredità qualora i chiamati si costituiscano dichiarando tale qualità senza in alcun modo contestare il difetto di titolarità passiva della pretesa, compiendo gli stessi un’attività non altrimenti giustificabile se non con la veste di erede, che esorbita dalla mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario, ed è dichiarata non al fine di paralizzare la pretesa, ma di illustrare la qualità soggettiva nella quale essi intendono paralizzarla» (cfr. Cass. 1183/2017).
2.2 L’impugnata sentenza ha fatto buon governo di tale principio laddove ha affermato che « gli odierni appellanti COGNOME NOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME – unitamente al fratello NOME – con la comparsa di costituzione di primo grado, lungi dall’eccepire, come in assunto, la mancata accettazione dell’eredità di NOME COGNOME e dunque la carenza di legittimazione ad causam (eccepita, piuttosto, per la prima volta
solo nelle conclusionali), non solo si sono espressamente qualificati quali coeredi dello stesso (sia nella comparsa di costituzione, che nella relativa procura ad litem), ma hanno, altresì, insistito nelle difese spiegate dal de cuius, chiedendo il rigetto della domanda proposta nei confronti di quest’ultimo; sicché, come correttamente rilevato dal primo giudice, essi hanno per ciò stesso accettato la qualità di eredi ».
La doglianza odierna si riduce ad una generica contestazione della riconosciuta legittimazione passiva senza misurarsi con le suesposte ragioni.
Il secondo motivo è così rubricato: «Nullità della Sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2476 c.c. e ss in relazione al motivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c. e comunque per contrarietà al disposto normativo, difetto assoluto di motivazione e motivazione solamente apparente in relazione ad un fatto decisivo per la controversia, per aver ritenuto la responsabilità per mala gestio di Nicolosi Salvatore in contrasto con le risultanze probatorie oggettive quali la consulenza tecnica d’ufficio la Consulenza tecnica della Curatela e la documentazione versata in atti dalla stessa curatela».
3.1 Si ribadisce che gli eredi non subentrano nella posizione de cuius socio nella società di capitali e si ascrive alla Corte di averne affermato la responsabilità sulla base di mere presunzioni e senza che fosse stato dimostrato il nesso causale e la natura fraudolenta dell’atto di mala gestio , infine si evidenzia che la Corte avrebbe omesso di considerare che nel periodo in cui NOME COGNOME rivestiva la carica di amministratore le scritture contabili erano regolarmente tenute.
4 Il terzo motivo oppone «Nullità della sentenza per violazione dell’art. … 2043 c.c. in relazione all’art. 360 n. 1, 3, 4 e 5 c.p.c., per difetto assoluto di motivazione in relazione all’onere della prova, difetto d’istruttoria, motivazione inesistente e apparente in
relazione a fatti decisivi per la controversia; errata qualificazione giuridica della responsabilità del de cuius NOME COGNOME quale responsabilità per omessa valutazione delle prove documentali precostituite e giudiziali; errata applicazione del principio dell’onere della prova. Inesistente motivazione in relazione, al principio di solidarietà trasmissibile anche jure ereditario, inesistente o illogica e inesistente e apparente motivazione in riferimento al nesso causalità fra l’eventum damni e l’effettivo danno, omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
5 I motivi, suscettibili di unitario esame, presentano plurimi profili di inammissibilità.
5.2 Entrambi prospettano genericamente e cumulativamente vizi di natura eterogenea (censure motivazionali ed errores in iudicando ), in contrasto con la tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione e con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare, all’interno di ciascun motivo, le singole censure (cfr., ex plurimis, Cass. 6866/2022, 33348 /2018, 19761/19040, 13336 e 6690 del 2016; 5964/2015; 26018 22404 del 2014).
5.3 Il secondo motivo non si confronta con il decisum laddove è stato precisato che il giudizio non investe la qualità di socio del COGNOME, ma concerne la responsabilità risarcitoria di quest’ultimo per atti di mala gestio compiuti in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE con conseguente trasmissibilità del debito agli eredi in assenza di rinuncia o accettazione dell’eredità con beneficio di inventario.
5.4 Per il resto le censure contengono generiche contestazioni e inconcludenti considerazioni sulle risultanze della CTU e del rapporto della Guardia di Finanza nonché su questioni (tenuta della contabilità) completamente irrilevanti, senza misurarsi con
l’accertamento compiuto dai giudici di merito , che hanno piuttosto individuato uno specifico atto di mala gestio (emissione della nota di credito n. 2 del 31 luglio 2003 dell’importo di €. 203.510,32 in favore di RAGIONE_SOCIALE del tutto ingiustificata, ossia senza alcuna valida causale) foriero di un pregiudizio economico per la società e compiuto nel periodo in cui il dante causa dei ricorrenti rivestiva la carica di amministratore della società.
Il ricorso è, quindi, inammissibile.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 7.700 di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 26 giugno