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Accettazione tacita amministratore: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma che l’accettazione tacita amministratore è valida se desunta da comportamenti concludenti, come la partecipazione a un’assemblea. Viene affermata la responsabilità dell’amministratore per ‘culpa in vigilando’ a causa del ritardato avvio della procedura fallimentare, con conseguente condanna al risarcimento del danno liquidato in via equitativa.

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Accettazione Tacita Amministratore: Quando la Presenza in Assemblea Costa Cara

È possibile diventare amministratori di una società senza aver mai firmato un atto di accettazione della carica? La risposta è affermativa e le conseguenze possono essere molto onerose. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio il tema dell’accettazione tacita amministratore, chiarendo come anche la semplice partecipazione a un’assemblea possa integrare l’assunzione dell’incarico, con tutte le responsabilità che ne derivano, inclusa quella per culpa in vigilando in caso di fallimento.

I Fatti del Caso: Una Nomina Contestata

La vicenda trae origine dall’azione di responsabilità promossa dalla curatela fallimentare di una S.r.l. nei confronti dei suoi amministratori. Tra questi, uno in particolare sosteneva di non aver mai effettivamente ricoperto tale carica. Egli affermava che la sua firma sul modulo di accettazione dell’incarico era stata falsificata e che, pertanto, il rapporto di amministrazione non si era mai costituito.

La Difesa dell’Amministratore

L’amministratore si era difeso evidenziando di non aver mai compiuto atti di gestione diretta e che la sua nomina, avvenuta anni prima, non era mai stata seguita da un’accettazione formale. La sua presenza a due assemblee straordinarie, secondo la sua tesi, era da attribuirsi alla sua qualità di socio e non di amministratore.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, ribaltando la decisione di primo grado, aveva invece ritenuto che l’amministratore avesse di fatto accettato l’incarico. La sua partecipazione alle assemblee del 2005, durante le quali era stato indicato come membro del consiglio di amministrazione senza che egli sollevasse obiezioni, era stata considerata un comportamento concludente, idoneo a configurare un’accettazione tacita. Di conseguenza, lo aveva condannato al pagamento di 500.000 euro a titolo di risarcimento del danno, ravvisando una sua responsabilità per culpa in vigilando per non aver attivato tempestivamente la procedura di fallimento, aggravando così il dissesto della società.

Accettazione Tacita Amministratore e i Principi della Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha rigettato il ricorso dell’amministratore, confermando la decisione d’appello e cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia.

La Validità dell’Accettazione Non Formale

Il punto centrale della decisione è che il rapporto di amministrazione ha natura contrattuale e si perfeziona con l’incontro di volontà tra la società (che nomina) e l’amministratore (che accetta). Tuttavia, l’accettazione non necessita di forme solenni. Può essere anche tacita, ovvero desumersi da atti positivi e comportamenti inequivocabili che siano incompatibili con la volontà di rifiutare l’incarico. L’accertamento di tali comportamenti è una questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

La Responsabilità per Culpa in Vigilando

Una volta stabilito che la carica era stata assunta, la Corte ha confermato la responsabilità dell’amministratore. Anche un amministratore senza deleghe operative ha un dovere di vigilanza sull’andamento generale della gestione. Questo dovere impone di tenersi informato sulla situazione economica e finanziaria della società. Nel caso specifico, l’amministratore avrebbe potuto e dovuto rendersi conto dello stato di decozione della società e agire di conseguenza, promuovendo la dichiarazione di fallimento per limitare i danni. L’omissione di tale condotta integra la culpa in vigilando e fonda l’obbligo risarcitorio.

le motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione di rigetto su diverse argomentazioni. In primo luogo, ha riaffermato che l’accertamento dell’avvenuta accettazione tacita della carica di amministratore costituisce un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, la Corte di merito ha fornito una motivazione logica e coerente basata su elementi probatori concreti (la partecipazione alle assemblee). In secondo luogo, ha respinto la censura di violazione del principio del contraddittorio e di pronuncia ultra petita. La responsabilità per aggravamento del dissesto a causa della ritardata dichiarazione di fallimento rientrava pienamente nell’oggetto della domanda risarcitoria avanzata dalla curatela. Infine, la Corte ha ritenuto inammissibile la contestazione sulla quantificazione del danno, poiché la liquidazione in via equitativa è un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio può essere criticato in Cassazione solo per vizi motivazionali gravi, non per rimettere in discussione l’ammontare stabilito.

le conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione pratica. Chiunque venga nominato amministratore di una società deve essere consapevole che la semplice inerzia o la partecipazione passiva a riunioni societarie possono essere interpretate come un’accettazione tacita dell’incarico. Da tale accettazione scaturiscono doveri precisi, tra cui quello di vigilanza, che non possono essere ignorati. Omettere di informarsi sulla salute della società e di adottare i provvedimenti necessari in caso di crisi espone a gravi responsabilità personali, anche se non si compiono direttamente atti di mala gestio.

La nomina ad amministratore di una società richiede sempre un’accettazione scritta e formale?
No, la Cassazione ha ribadito che l’accettazione può essere anche tacita, desumendosi da comportamenti concludenti, come la partecipazione a un’assemblea in cui si viene indicati come amministratori senza sollevare obiezioni.

Un amministratore senza deleghe operative può essere ritenuto responsabile per il dissesto della società?
Sì, può essere ritenuto responsabile per culpa in vigilando. Ha il dovere di sorvegliare l’andamento della gestione e di informarsi sulla situazione economica e finanziaria della società, rispondendo dei danni derivanti dalla sua omissione, come il ritardo nella dichiarazione di fallimento.

È possibile contestare in Cassazione la quantificazione del danno fatta dal giudice in via equitativa?
No, la liquidazione del danno in via equitativa è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. In Cassazione si può contestare solo se la motivazione è totalmente assente o illogica, ma non l’ammontare in sé, che si basa su una valutazione discrezionale del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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