La delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione mediante “aditio” oppure per effetto di “pro herede gestio” oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’articolo 485 c.c. (in termini Cass. n. 13639/2018; n. 8053/2017).
In considerazione di ciò, spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, l’onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell’articolo 2697 c.c., “l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede“.
In termini, si è più recentemente pronunciata ulteriormente la Suprema Corte (nella già citata Cass. 8053/17) osservando, da un lato, che anche in materia tributaria l’assunzione delle obbligazioni del de cuius richiede l’accettazione dell’eredità e, d’altro lato, che, a fronte dell’esercizio del diritto di rinuncia, è onere della parte pubblica provare l’insussistenza dei relativi presupposti e la decadenza dal medesimo.
Né può dirsi che l’amministrazione finanziaria fosse priva di strumenti volti a fronteggiare l’incertezza, nella realizzazione della pretesa impositiva, derivante dal protratto stato di delazione ereditaria; spettando ad essa, in quanto creditrice, la potestà di far fissare un termine per l’accettazione, ovvero di far nominare un curatore dell’eredità giacente.
Così come spettava ad essa, una volta intervenuta la rinuncia, il diritto di eventualmente impugnarla in presenza dei presupposti ex articolo 524 c.c..
Neppure l’assunzione della qualità di erede può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, né dalla denuncia di successione, che ha valore di atto di natura meramente fiscale (Cass., sez. 2, 11/05/2009, n. 10729; Cass., sez. 2, 28/02/2007, n. 4783), ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, che rappresenta elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius (Cass., sez. 2, 6/05/2002, n. 6479; Cass., sez. 3, 10/03/1992, n. 2849).
Corte di Cassazione, Ordinanza n. 13550 del 29 aprile 2022