Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12641 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12641 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1628/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
NOME.
-intimato –
Avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE GRADO SICILIA n. 5361/2023, depositata in data 22 giugno 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso contro il silenzio -rifiuto dell’Ente impositore alla istanza di rimborso, avanzata in data 27 dicembre 2007, del 90% delle ritenute fiscali dei dipendenti pagate per gli anni 1990, ’91 e ’92, per un importo di € 187.332,00. Sosteneva
Din. Rim. ILOR -IRPEF -IRAP 1991 e 1992
che la sentenza n. 20641/07 della Suprema Corte riconosceva il diritto al rimborso del 90% delle imposte pagate per i contribuenti che avevano pagato l’intera imposta; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Catania, con sentenza n. 1810/01/2018, rigettava il ricorso del contribuente.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo l’inammissibilità dell’appello.
Con sentenza n. 5361/04/2023, depositata in data 22 giugno 2023, la C.t.r. adita accoglieva il gravame del contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi mentre il contribuente è rimasto intimato.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 7 marzo 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 del D.L. 31 dicembre 1992, n. 546 (difetto di legittimazione attiva sin dal primo grado di giudizio), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. -Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 665, della 13 legge 23 dicembre 2014, n. 190 e dell’art. 108, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando e l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha dichiarato inammissibile l’appello (cosi come lo era l’originario ricorso) in quanto proposto da parte inesistente, cioè NOME COGNOME quale liquidatore della RAGIONE_SOCIALE società cancellata dal registro delle imprese ancor prima che lo stesso presentasse istanza di rimborso; inoltre, non ha rilevato come il contribuente non avesse assolto al proprio onere probatorio
circa il non superamento della soglia de minimis nel triennio di riferimento.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, cosi rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21, comma 2, del D.L. n. 546/92 e dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato eccezione di decadenza con riguardo all’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 in realtà mai sollevata dall’Ufficio, che aveva fatto riferimento al diverso termine di cui all’art. 21, comma 2, del D.L. n. 546/92.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in procedendo e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non si è pronunciato con riguardo alle eccezioni suddette, coì come non ha dato atto dell’inammissibilità dell’appello in quanto derivato da decreto presidenziale di inammissibilità del ricorso di cui al n. 3447/2013 di R.G.R.
Il primo motivo di ricorso proposto è fondato. Esso, in particolare, risulta suddiviso in due ulteriori censure: da una parte, si lamenta la mancata dichiarazione d’inammissibilità dell’appello (e prima ancora del ricorso) in quanto proposto da liquidatore di società estinta; dall’altra, invece, l’Ufficio si duole della mancata prova fornita dal contribuente circa il non superamento della soglia de minimis nel triennio di riferimento.
2.1. Con riferimento alla prima di queste due censure, che risulta avere carattere preliminare, questa Corte ha avuto modo di ricordare «che, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione
proposto – come nella specie – dall’ ex legale rappresentante di una società (il consorzio RAGIONE_SOCIALE) estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, perché la procura speciale conferita al difensore, indispensabile per la proposizione dell’impugnazione, è giuridicamente inesistente, in ragione della mancanza del mandante (Cass., Sez. 5, 17.6.2021, n. 17360, Rv. 661475-01); che, d’altra parte (e con ciò affrontando anche il tema posto dalle memorie ex art. 380bis cod. proc. civ.), la società sarebbe oltretutto priva di un interesse concreto ed attuale all’impugnazione di un avviso di accertamento che non può spiegare effetto nei suoi confronti e la cui notifica, eseguita in data successiva all’estinzione, è da ritenersi in ogni caso inesistente.
Sul punto, va segnalato l’autorevole arresto (Cass. 20/3/2019, n. 7753 e successive conformi) con il quale si è formulato un importante principio di diritto e cioè che «È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’ex legale rappresentante di una società estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, perché la procura speciale conferita al difensore, indispensabile per la proposizione dell’impugnazione, è giuridicamente inesistente, in ragione della mancanza del mandante; le conseguenze dell’inammissibile attività processuale iniziata con il ricorso, tra le quali la condanna alle spese in favore della controparte, vanno riferite all’avvocato che ha sottoscritto l’atto introduttivo, qualora, in base alle circostanze, risulti la sua consapevolezza circa la mancanza della qualità di legale rappresentante in capo alla persona fisica che ha attribuito il mandato» (cfr. pure Cass. n. 21713/2022).
2.2. Invero, la società RAGIONE_SOCIALE risulta cancellata dal registro delle imprese alla data del 12 maggio 2005, ancor prima che NOME COGNOME odierno resistente, presentasse il 27 dicembre 2007, nella qualità di liquidatore della suddetta società, l’istanza di
rimborso e che il 19 marzo 2013 notificasse il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Orbene, le dette circostanze avrebbero dovuto far concludere la C.t.r., alla luce di quanto spiegato dalla giurisprudenza summenzionata, per l’inammissibilità dell’appello proposto dal contribuente, così come (prima ancora) il Giudice di primae curae per l’inammissibilità del ricorso introduttivo.
2.3. L’accoglimento di questa censura pregiudiziale determina l’assorbimento della seconda proposta sempre all’interno del primo motivo di ricorso.
Restano assorbiti, inoltre, anche il secondo e il terzo motivo di ricorso.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con dichiarazione d’inammissibilità dell’originario ricorso del contribuente.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con conseguente inammissibilità dell’originario ricorso della contribuente.
Condanna il contribuente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 7 marzo 2025.