Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14716 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14716 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
Oggetto: società cessata – legittimazione a ricorrere
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 939/2024 proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAIL) presso i cui Uffici si domicilia ope legis in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME già socio e legale rappresentante della cessata società RAGIONE_SOCIALE COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti , dall’avv. NOME COGNOME
(PEC EMAIL)
-controricorrente e ricorrente incidentale condizionato –
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE
-intimata – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia n. 5155/15/23 depositata in data 16/06/2023;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-l’Agente della RAGIONE_SOCIALE notificava in data 16 settembre 2016 a COGNOME Salvatore ex legale rappresentante della soc. RAGIONE_SOCIALE cancellata da registro imprese, l’intimazione di pagamento nr. NUMERO_DOCUMENTO con la quale veniva chiesto il pagamento della cartella di pagamento NUMERO_CARTA relativa a iva 1992, cartella notificata il 25 ottobre 2006;
-la società destinataria di tale intimazione, in persona del COGNOME Salvatore quale ex legale rappresentante, proponeva ricorso avanti la Commissione tributaria provinciale di Catania eccependo la mancanza di valido titolo sottostante l’intimazione di pagamento in quanto la cartella di pagamento e la prescrizione del credito richiesto;
-la Commissione adita con sentenza nr. 7193/2017 del 28 giugno 2017 accoglieva il ricorso e annullava l’intimazione;
-avverso tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle entrate di Catania eccependo che il pagamento della cartella di pagamento può essere richiesto nei dieci anni successivi alla notifica;
-con la sentenza qui gravata il giudice dell’appello ha ritenuto applicabile alla fattispecie per cui è processo il termine quinquennale e ha dichiarato il credito erariale ampiamente prescritto;
-ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo di ricorso;
-resiste COGNOME NOME con controricorso; questi presenta anche ricorso incidentale condizionato;
Considerato che:
-è incontroverso che la società sia stata estinta per cancellazione dal registro delle imprese ben prima della introduzione del presente giudizio che ha quale presupposto la notifica dell’intimazione di pagamento qui impugnata, notifica avvenuta in data 16 settembre 2016 a seguito della notifica di cartella di pagamento che la sentenza impugnata riferisce esser stata notificata in data 25 ottobre 2006; Invero, è circostanza pacifica che la società è stata cancellata e si è, quindi, estinta il 19 gennaio 2005, mentre gli atti impugnati -siano essi l’intimazione di pagamento o la sottesa cartella – sono stati notificati dopo tale data;
-va quindi preliminarmente dichiarata l’improponibilità del ricorso di primo grado da parte dell’ex legale rappresentante di società già cancellata dal registro delle imprese, come risulta esser indicato il COGNOME Salvatore nel ricorso di primo grado prodotto a questa Corte nel presente giudizio da parte del contribuente; tale società era estinta sia nel momento di ricezione degli atti impugnati sia al momento della presentazione del ricorso di primo grado dinanzi alla Commissione tributaria provinciale;
-pertanto, deve essere pronunciata la cassazione della impugnata sentenza, senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 ultimo comma c.p.c. Tale vizio è rilevabile d’ufficio e, non essendosi formato alcun giudicato sul punto, va dichiarato il difetto di legittimazione attiva del COGNOME quale ex legale rappresentante della società estinta, sin dal primo grado di giudizio (Cass., 3 novembre 2011, n. 22863; Cass., Sez. Un., 10 aprile 2000, n. 108; Cass., 20252/2015);
-dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d. Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (Cass. Sez. Un., 6070/2013; anche Cass. Sez. Un., 4060/2010). Inoltre, per questa Corte, la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della “fictio iuris” contemplata dall’art. 10 legge fall.); pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. c.p.c. con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.; qualora l’evento
non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe più stato possibile, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso (Cass., Sez. Un., n. 6070/2013). Dunque, i soci, successori della società subentrano nella legittimazione processuale facente capo all’ente, la cui estinzione è equiparabile alla morte della persona fisica, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, quindi a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (Cass., 9418/2001; Cass., 20874/2004; Cass., 23765/2008);
-l’accertamento del difetto di ‘legitimatio ad causam’ sin da prima che venisse instaurato il primo grado di giudizio elimina in radice ogni possibilità di prosecuzione dell’azione e comporta, a norma dell’art. 382 comma 3 c.p.c. l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per cassazione (Cass., 4853/2015; Cass., 21184/2014; Cass., 22863/2011; Cass., 14266/2006; Cass., 2517/2000);
-l’inesistenza del ricorrente è infatti rilevabile anche d’ufficio e nel giudizio legittimità la sentenza di merito impugnata va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, comma 3, secondo periodo, c.p.c. (Cass., sez. 5, 9 ottobre 2015, n. 20252);
-ricorre, infatti, come già detto, un vizio insanabile originario del processo, che sin da subito avrebbe dovuto condurre a una pronuncia declinatoria del merito (Cass., 15844/2018; Cass., 5736/2016), con la conseguenza che la sentenza impugnata va cassata senza rinvio perché la causa non poteva essere
proposta sin dal primo grado di giudizio (in argomento si veda anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23365 del 19/09/2019);
-le spese processuali dei gradi di merito e del giudizio di legittimità vanno compensate integralmente tra le parti, per il rilievo d’ufficio della improponibilità del ricorso in primo grado;
P.Q.M.
cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, pronunciando sul ricorso, dichiara inammissibile l’originario ricorso della società RAGIONE_SOCIALE del geom. NOME COGNOME; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.