Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3718 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3718 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 26367/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del ricorso (PEC: EMAIL;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – e nei confronti di
Fallimento RAGIONE_SOCIALE Unipersonale in liquidazione
-intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 650/11/2020, depositata il 16.01.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE unipersonale in liquidazione, dichiarata fallita, avverso la sentenza della CTP di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto dalla predetta contribuente avverso la cartella di pagamento per IVA, in relazione all’anno d’imposta 2010;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
-il legale rappresentante della società contribuente non era legittimato ad impugnare la cartella di pagamento, essendo la società fallita, e il liquidatore si era limitato a prospettare che il curatore fallimentare gli aveva comunicato di non voler proporre impugnazione avverso la predetta cartella, ma non aveva fornito alcuna documentazione in ordine ad un eventuale provvedimento del Giudice delegato che autorizzasse il curatore a rimanere acquiescente e a comunicare al legale rappresentante della società la cartella che gli era stata notificata;
-l’appello era comunque infondato nel merito, in quanto l’Ufficio aveva fornito la prova della notifica dell’atto presupposto – di recupero del credito IVA, indicato nella cartella impugnata, depositando copia dell’avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito n ella casa comunale dell’atto, spedita all’indirizzo del legale rappresentante e restituita per compiuta giacenza;
il legale rappresentante non poteva, pertanto, impugnare la cartella di pagamento per vizi ulteriori rispetto a quelli propri, avendo avuto -quanto meno legale -conoscenza dell’atto presupposto, comunque denominato;
la contribuente impugnava la sentenza con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-l ‘Agenzia delle entrate resisteva con controricorso, mentre il curatore fallimentare rimaneva intimato.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la contribuente chiede l’annullamento della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto il difetto di legittimazione processuale del legale rappresentante della società fallita per violazione degli artt. 43 L.F. e 16 del d.P.R. n. 636 del 1972, ed eccepisce il vizio di ultrapetizione, non essendo stata impugnata la statuizione della sentenza di primo grado che aveva affermato la legittimazione processuale della contribuente e la relativa questione non era rilevabile d’ufficio ;
il motivo è fondato, atteso che l’Agenzia delle entrate non aveva formulato nel giudizio di appello alcuna censura in ordine alla sentenza di primo grado che aveva espressamente riconosciuto la legittimazione processuale della contribuente, sicchè la CTR, dichiarando il difetto di legittimazione, è incorsa sul punto nel vizio di ultrapetizione;
con il secondo motivo, deduce la violazione de ll’art. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e chiede l’annullamento della sentenza impugnata nella parte in cui la CTR ha affermato che l’atto prodromico alla cartella di pagamento impugnata era stato regolarmente notificato, individuandolo nell’atto di recupero n. 251VI2016AA04790; sostiene che l’atto prodromico era, in realtà, la ‘ comunicazione ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 ‘ e in ordine alla notificazione di detta comunicazione il giudice di appello non si è pronunciato, né tale notifica poteva essere provata sulla base della
trascrizione dell’estratto di ruolo , lamentando anche un difetto di contraddittorio preventivo;
il secondo motivo è inammissibile, perché la ricorrente non si confronta con la ratio decidendi , fondata sulla mancata impugnazione del prodromico avviso di recupero;
la CTR ha accertato che detto avviso di recupero era stato ritualmente notificato alla contribuente fallita che ne aveva avuto conoscenza, quanto meno legale, in data 2.01.2017, sicchè da tale data decorreva il termine per la sua impugnazione;
la società contribuente aveva, invece, impugnato la successiva cartella di pagamento facendo valere vizi che riguardavano il merito della pretesa, quali la mancanza della notificazione d ell’ avviso di accertamento o della comunicazione di irregolarità, senza considerare che l’avviso di recupero era divenuto ormai definitivo;
-in conclusione, dunque, nonostante l’accoglimento del primo motivo, il ricorso va rigettato, in quanto infondato nel merito;
-la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE in liquidazione al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate – Riscossione, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 5.800,00 per compenso, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 4 dicembre 2024