Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10903 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10903 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15562/2017 R.G. proposto da NOMECOGNOME nella qualità di ex liquidatore della cessata RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME dal quale è rappresentato e difeso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 8888/16 depositata il 21 dicembre 2016
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 16 gennaio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale III di Roma dell’Agenzia delle Entrate notificava alla C.F.RAGIONE_SOCIALE in liquidazione un avviso di accertamento con il quale, sulla base degli studi di settore, rettificava la dichiarazione dei redditi presentata dalla suddetta
società per l’anno 2008, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA.
La contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale, in parziale accoglimento del suo ricorso, riduceva nella misura del 20% i maggiori ricavi accertati dall’Ufficio.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 8888/16 del 21 dicembre 2016, respingeva l’appello proposto da NOME COGNOME nella qualità di ex liquidatore della società, nel frattempo cancellata dal registro delle imprese.
Avverso tale sentenza il predetto COGNOME nella già indicata qualità, ha spiegato ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare un mero , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, dichiaratamente formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) c.p.c., vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 40, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver erroneamente escluso che il processo di primo grado dovesse essere interrotto a sèguito dell’intervenuta cancellazione della C.F.RAGIONE_SOCIALE in liquidazione dal registro delle imprese, dichiarata nel corso del giudizio dall’ex liquidatore.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si rimprovera alla CTR di aver a torto ritenuto valida la delega
di firma rilasciata dal Direttore Provinciale dell’Agenzia delle Entrate al Capo Area firmatario dell’avviso di accertamento, sebbene nella stessa non fossero indicati le ragioni del suo conferimento, il termine di efficacia e il nominativo del soggetto delegato.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 4) e 5) c.p.c., sono prospettate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4) c.p.c..
3.1 Si contesta alla Commissione regionale di aver omesso di pronunciare sulla questione, che aveva formato oggetto di discussione fra le parti, concernente l’eccepito difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.
3.2 In via gradata, ci si duole del fatto che le censure mosse sul punto dall’appellante siano state disattese dal collegio di secondo grado senza alcuna spiegazione.
Riassunte le doglianze poste a base del ricorso, occorre anzitutto esaminare d’ufficio la questione attinente alla legittimazione processuale dell’odierno ricorrente NOME COGNOME il quale, nell’allegata qualità di ex liquidatore della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese, ha spiegato il ricorso per cassazione che qui ci occupa.
4.1 Al riguardo, va osservato che, ai sensi dell’art. 28, comma 4, del D. Lgs. n. 175 del 2014 (norma espressamente menzionata nell’epigrafe del ricorso), «ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese».
4.2 Per costante giurisprudenza di questo Supremo Collegio, la citata norma (la cui legittimità, con riferimento agli artt. 3 e 24
della Carta fondamentale, è stata confermata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 142/2020) reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese e non ha valenza interpretativa, neppure implicita, risultando, quindi, priva di efficacia retroattiva; pertanto, l’ivi previsto differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, comma 2, c.c. -il quale opera esclusivamente nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, con riguardo a tributi o contributi- deve ritenersi applicabile nei soli casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (costituente il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza del detto decreto legislativo, ossia dal 13 dicembre 2014 in poi (cfr. Cass. n. 6743/2015; nello stesso senso, ex multis , Cass. n. 4536/2020)
4.3 La riconducibilità della fattispecie all’art. 28, comma 4, del D. Lgs. n. 175 del 2014 va, dunque, verificata rispetto alla data di deposito dell’istanza di cancellazione dal registro delle imprese, essendo a tal fine irrilevante l’epoca di formazione o notificazione di un atto impositivo o processuale; sicchè l’unico presupposto per l’ultrattività «ex lege» della capacità di stare in giudizio della società cancellata e della rappresentanza processuale del liquidatore è costituito dalla risalenza della richiesta di cancellazione a un periodo non anteriore al 13 dicembre 2014 (cfr. Cass. n. 4536/2020 e Cass. n. 31575/2024).
4.4 Ciò premesso, deve rilevarsi che, nel caso in esame, stando a quanto riferi to dallo stesso COGNOME (pag. 2 del ricorso, righi 13 -15), la cancellazione della C.F.RAGIONE_SOCIALE in liquidazione è avvenuta in data 13 marzo 2014, e quindi prima dell’entrata in vigore della norma summenzionata.
4.5 Nel descritto contesto, il prefato ex liquidatore non poteva quindi ritenersi legittimato a impugnare dinanzi a questa Corte, in
rappresentanza della società estinta, la sentenza d’appello pronunciata nei confronti della stessa dalla CTR laziale, né tantomeno a conferire una valida procura speciale «ad litem» al difensore.
4.6 Atteso il rilevato difetto di «legitimatio ad processum» del ricorrente, l’esperito gravame di legittimità va dichiarato inammissibile, in linea con l’indirizzo nomofilattico sintetizzato nel seguente principio di diritto: «Il ricorso per cassazione proposto dall’ex rappresentante di società estinta è inammissibile, perché per la sua proposizione occorre la procura speciale, sicchè non può valere l’ultrattività di procure in precedenza rilasciate e nemmeno può esserne rilasciata una nuova, stante la necessità che il relativo conferimento provenga da un soggetto esistente e capace di stare in giudizio» (cfr. Cass. n. 1392/2020; si vedano pure Cass. n. 17360/2021 e Cass. n. 27847/2022).
Nulla va statuito in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo l’Agenzia delle Entrate svolto attività difensiva in questa sede.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione