Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11005 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11005 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
IMU ASSEGNAZIONE GIUDIZIALE CASA COGNOME COGNOME SEPARATO – SOGGETTIVITA ‘ PASSIVA –
sul ricorso iscritto al n. 11933/2022 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME (LCS SRG CODICE_FISCALE), nato a Catanzaro l’8 novembre 196, difeso da se stesso ai sensi dell’art. 86 c.p.c.
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI CATANZARO (00129520797), con sede in INDIRIZZO INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, in forza di procure speciali e nomine poste in calce al controricorso e di delibera della Giunta comunale n. 167 del 12 maggio 2022, dagli avv.ti NOME COGNOMECODICE_FISCALE) e COGNOME (DRN CODICE_FISCALE).
per la cassazione della sentenza n. 3472/1/2021 della Commissione tributaria regionale della Calabria, depositata il 26 ottobre 2021, non notificata.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 5 dicembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso di accertamento in atti, con cui il Comune di Catanzaro chiese a NOME COGNOME il versamento della somma di 3.012,00 € a titolo di IMU per l’anno d’imposta 2013 relativamente all’area fabbricabile ivi indicata.
La suindicata Commissione regionale riformava la sentenza di primo grado (che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione), ma rigettava l’originario ricorso del contribuente sulla base della seguente motivazione:
«Quanto al primo motivo, non vi è prova in atti che l’area fabbricabile de quo agitur sia stata assegnata al coniuge separato, assieme alla casa coniugale. Dunque, la titolarità del bene e del tributo permangono in capo all’appellante»;
-«Quanto al secondo motivo, l’intervenuto esproprio di una parte dell’area, ad opera di ANAS RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, per la costruzione della S.S. 106, non ha di per sé determinato la perdita della vocazione edilizia del compendio residuo, in forza del principio di cui all’art. 11 quaterdecies , comma 16, del d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito dalla
legge 2 dicembre 2005 n. 248, secondo cui un’area si considera ‘edificabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi del medesimo’. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza».
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, notificato in data 26 aprile 2022, sulla base di tre motivi.
Il Comune di Catanzaro resisteva con controricorso notificato il 4 giugno 2022, seguito da memoria ex art. 380bis 1., c.p.c. depositata in data 21 novembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente ha eccepito la «nullità per violazione o falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, lett. c ) del DL 201/2011 e ss. modifiche» (v. pagina n. 5 del ricorso), considerando errata la decisione del Giudice regionale nella parte in cui aveva ritenuto non dimostrata l’assegnazione dell’area fabbricabile al coniuge separato dell’istante, « in quanto come emerge dalla sentenza del Tribunale di Catanzaro n. 2325/2010 e dalla sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1199/2011, la casa coniugale nella sua interezza (con rudere e fondo a servizio della casa) è stato assegnato all’ex coniuge del ricorrente» (v. pagina n. 7 del ricorso).
Con la seconda censura il contribuente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c.,
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ribadendo, in prima battuta, che dalla sentenza del Tribunale di Catanzaro n. 2325/2010 ed ancor meglio dalla sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. 1199/2011 emergeva che la casa coniugale nella sua interezza (con rudere e fondo a servizio della casa) era stata assegnata all’ex coniuge del ricorrente, precisando sul punto che «Il fondo de quo, così come il fabbricato rurale, è stato destinato al servizio della casa coniugale ab origine, assegnati nella loro interezza all’ex coniuge » (v. pagina n. 8 del ricorso).
Sotto altro versante, l’istante ha rimproverato al Giudice regionale di non aver tenuto conto che « le particelle oggetto del giudizio hanno subito un’espropriazione da parte dell’ANAS per la costruzione della nuova SS 106. Ciò ha indotto il ricorrente a chiedere il classamento dell’area da edificabile a zona agricola sia perché trattasi di zona altamente degradata in periferia e con nessun interesse abitativo e sia in relazione alla porzione di esproprio subito e che oggi è un tutt’uno con le particelle nn. 847 e 849 e le particelle agricole» (v. pagina n. 9 del ricorso).
I suindicati motivi vanni esaminati congiuntamente, in quanto all’evidenza connessi.
Ciò, non senza aver prima disatteso la preliminare eccezione di difetto di autosufficienza del ricorso, singolarmente eccepita dalla difesa del Comune per non aver (il contribuente) riportato le difese svolte dall’ente territoriale nei gradi di merito, profilo questo del tutto eccentrico rispetto al disposto dell’art. 366 c.p.c.
Va ancora posto in evidenza che non può essere presa in esame l’allegazione del Comune nella parte in cui, solo nella presente sede, ha asserito che il coniuge del ricorrente sarebbe deceduta nell’anno 2011, prima del periodo di imposta in esame, trattandosi di profilo fattuale, non sopravvenuto al giudizio di merito, come tale inammissibilmente introdotto nella fase di legittimità.
Il nucleo essenziale delle due doglianze (primo motivo e prima parte del secondo motivo) risiede nella citata violazione di legge derivante dall’erroneo e/o omesso esame della circostanza fattuale emergente dalla citata sentenza della Corte d’appello di Catanzaro da cui dovrebbe ricavarsi che la casa coniugale nella sua interezza e, quindi, anche l’area fabbricabile oggetto di tassazione era stata assegnata al coniuge in sede di separazione.
I motivi sono inammissibili.
4.1. Il Giudice regionale ha ritenuto che il contribuente non avesse dimostrato che l’area fabbricabile in oggetto fosse stata assegnata al coniuge del ricorrente.
Si tratta di accertamento fattuale che si sottrae al sindacato innanzi a questa Corte, per lo meno nei termini in cui è stato sviluppato dal contribuente, limitatosi ad opporre solo una diversa lettura della sentenza di divorzio rispetto a quella implicitamente fornita dal Giudice regionale, senza dedurre la violazione dei canoni ermeneutici di cui all’art. 12 e ss. preleggi (in ragione dell’assimilabilità di tali provvedimenti, per natura ed effetti, agli atti normativi; v. sul punto Cass., n. 13887/2023, nonché Cass. n. 25826/2022, che richiama Cass. n. 4205/2014; Cass. n. 17947/2006; Cass. n.
2467/2006) o, quanto alla parte della sentenza costituente documento, dei canoni di interpretazione riassunti dagli artt. 1362 ss. c.c. (cfr. Cass. n. 13887/2023 cit.).
4.2. L’istante ha riportato nel ricorso il passaggio argomentativo della pronuncia del giudice civile reputato saliente, secondo cui: «Deve comunque osservarsi, in conformità a principi consolidati in giurisprudenza ed in dottrina, che è casa familiare quel luogo in cui si svolgeva la vita della famiglia allorché essa era unita, ovvero quello ambiente domestico, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola e si esprime la vita della famiglia, e nella specie trattandosi di una villa realizzata su un terreno delimitato da recinzione, in ogni sua parte è stata destinata alle esigenze abitative della famiglia, e comunque la dedotta possibilità di una sua divisione con utilizzazione separata da parte dell’odierno appellato non risulta provata dall’attività istruttoria espletata in primo grado. assegna la casa coniugale alla Vicedomini nella sua interezza» (v. pagina n. 8 del ricorso).
Ebbene, integrando sul punto la motivazione del Giudice regionale, va osservato che effettivamente il riferimento all’assegnazione al coniuge, nella sua interezza, di « una villa realizzata su un terreno delimitato da recinzione», priva di ogni riferimento catastale o di elementi idonei ad accreditare che si tratti della stessa area fabbricabile considerata nell’avviso impugnato, non offre evidenza del fatto che l’assegnazione abbia riguardato la zona oggetto di tassazione, per cui, oltre a non sussistere, a monte, un fatto non esaminato dal Giudice dell’appello, come pure contestato dall’istante nella prima parte del
secondo motivo, perlomeno in termini di decisività, nemmeno è stato indicato quale canone interpretativo sia stato violato dalla Commissione regionale nella valutazione offerta.
La seconda parte del secondo motivo, con cui il ricorrente contesta al Giudice di non aver tenuto conto del deprezzamento dell’area reliquata dall’esproprio, non è riconducibile al paradigma prescelto di cui all’art. 360, primo comma, num. 5. c.p.c.
Vale, infatti, rammentare che oggetto del vizio di cui al novellato art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c. è l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti», dove per ‘fatto’, secondo pacifica acquisizione, deve intendersi non una ‘questione’ o un ‘punto’, ma: i ) un vero e proprio ‘fatto’, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 c.c., cioè un ‘fatto’ costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (cfr. Cass. n. 16655 del 2011; Cass. n. 7983 del 2014; Cass. n. 17761 del 2016; Cass. n. 29883 del 2017); ii ) un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storiconaturalistico (cfr. Cass. n. 21152 del 2014; Cass. Sez. U. n. 5745 del 2015); iii ) un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto (cfr. Cass. n. 5133 del 2014); iv ) una vicenda la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali (cfr. Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014). Il «fatto» il cui esame sia stato omesso deve, inoltre, avere
carattere «decisivo», vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
Non costituiscono, viceversa, ‘fatti’, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c.: a ) le argomentazioni o deduzioni difensive (cfr. Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015); b ) gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014); c ) una moltitudine di fatti e circostanze, o il ‘vario insieme dei materiali di causa’ (cfr. Cass. n. 21439 del 2015); d ) le domande o le eccezioni formulate nella causa di merito, ovvero i motivi di appello, i quali costituiscono i fatti costitutivi della «domanda» in sede di gravame (v. Cass. n. 22786 del 2018) (così, tra le tante, Cass., Sez. III, 7 giugno 2023, n. 18318, cui adde Cass. n. 17005/2024; cfr. altresì Cass. n. 13555/2023).
L’asserito diverso valore del bene non è quindi un fatto della cui omissione il ricorrente può dolersi ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c.
Con la terza doglianza, la società ha lamentato la violazione dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., assumendo che « qualora la parte attrice sia rimasta vittoriosa in misura più o meno significativamente inferiore rispetto all’entità del bene che attraverso il processo ed in forza della pronuncia giurisdizionale si proponeva di conseguire, e la parte convenuta abbia adottato posizioni difensive concilianti o di parziale contestazione degli avversari assunti, possono ravvisarsi -secondo il discrezionale
apprezzamento ad opere del giudice, del loro vario atteggiarsi -i giusti motivi atti a legittimare la compensazione, pro quota o per intero, delle spese tra le parti e non anche un’ipotesi di soccombenza reciproca (v. pagina n. 11 del ricorso).
6.1. Il motivo è palesemente infondato.
La facoltà di disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (così Cass., Sez. I, 6 settembre 2021, n. 24056, che richiama Cass. 26 aprile 2019, n. 11329; Cass., sez. un., 15 luglio 2005, n. 14989).
Il sindacato di legittimità sulle pronunzie dei giudici del merito sulle spese, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., è diretto solamente ad accertare che non risulti violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (così (così Cass., Sez. I, 6 settembre 2021, n. 24056, che richiama Cass. 26 novembre 2020, n. 26912; Cass. 8 ottobre 2018, n. 24718; Cass. 31 marzo 2017, n. 8421; Cass. 19 giugno 2013, n. 15317; Cass. 23 febbraio 2012, n. 2736; Cass. 24
giugno 2003, n. 10009; Cass. 5 aprile 2003, n. 5386; Cass., Sez. I, 6 settembre 2021, n. 24056).
Per quanto sopra detto il ricorso va dunque respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
Sussistono, infine, i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del Comune di Catanzaro nella somma di 2.000,00 € per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il proposto ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5