Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22629 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22629 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 9901/2021 r.g. proposto da:
Condominio INDIRIZZO Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per procura speciale in calce al ricorso dall’Avv. NOME COGNOME il quale chiede di ricevere le comunicazioni al proprio indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
Roma Capitale, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti, elettivamente domiciliata in Roma negli Uffici dell’Avvocatura Capitolina , INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, n. 4501/2020, depositata in data 24/9/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con atto di citazione il condominio INDIRIZZO, di Roma, chiedeva al tribunale di accertare l’inesistenza del credito portato dall’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA COSAP per euro 10.291,00, emesso da Roma Capitale, con riferimento alle cartelle: n. NUMERO_CARTA in relazione al COSAP anno 2009 per euro 4380,00; n. NUMERO_CARTA, in relazione al COSAP, anno 2010, per euro 5911,00.
In particolare, il condominio rilevava che le griglie ed intercapedini oggetto di accertamento erano state realizzate su area privata al momento della costruzione come parte integrante del fabbricato.
Il tribunale di Roma con sentenza n. 19443/2018 accoglieva la domanda.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 4501 del 2020, pubblicata il 24/9/2020, accoglieva l’appello di Roma Capitale.
In particolare, per quel che ancora qui rileva, disattendeva la decisione del giudice di prime cure, per il quale l’amministrazione appellante aveva omesso di fornire prova in ordine all’uso pubblico consolidato delle aree su cui erano state realizzate le griglie e intercapedini del condominio.
Reputava, invece, che «il documento allegato alla comparsa di costituzione nel primo grado, infatti, comprende l’esito di un sopralluogo eseguito dall’ufficio tecnico del Comune di Roma con
allegato un estratto autentico delle mappe del patrimonio immobiliare del Comune ed indicazione specifica dei riferimenti catastali relativi alle aree oggetto di occupazione».
Inoltre, non sussisteva il giudicato esterno, in assenza di una statuizione avente una minima autonomia decisoria. L’autorità del giudicato operava soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presupponeva che tra la precedente causa e quella in atto vi fosse identità di parti, di petitum e di causa petendi .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il condominio, depositando memoria scritta.
Ha resistito con controricorso Roma Capitale.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di impugnazione il condominio ricorrente deduce la «nullità della sentenza e violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione di illegittimità del ruolo di cui alle cartelle ed all’intimazione impugnata e di annullamento degli atti presupposti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. ».
La Corte territoriale avrebbe omesso di pronunciarsi:1) sull’eccezione di illegittimità del ruolo di cui alle cartelle ed alla intimazione impugnata; 2) sull’eccezione di annullamento degli atti presupposti o dichiarazione giudiziale di non debenza delle somme ivi richieste e relativo provvedimento di discarico prodotto.
L’inesistenza del diritto del Comune emergeva da varie pronunce di merito, passata in giudicato, tra le stesse parti, con riferimento ad altre annualità.
La Corte d’appello non si sarebbe pronunciata, allora, sull’eccezione di illegittimità del ruolo sotteso alle cartelle ed alla intimazione impugnata e sull’eccezione di annullamento degli atti presupposti «o dichiarazione giudiziale di non debenza delle somme ivi richieste», con specifico riferimento all’art. 112 c.p.c.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la «violazione o falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 46/90, dell’art. 2948 c.c. e delle norme a questi connesse e correlate, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sulla illegittimità del ruolo sotteso alle cartelle ed alla intimazione impugnata e di annullamento giudiziale degli atti presupposti».
Per il ricorrente, la Corte d’appello ha omesso di considerare che il credito, oltre ad essere stato accertato giudizialmente come non dovuto e, dunque, oggetto di provvedimento di discarico da parte del competente ufficio comunale, aveva comunque natura privatistica, necessitante di titolo esecutivo diverso dal ruolo, che però mancava nella specie.
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della «violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 del codice civile in combinato disposto con l’art. 324 del codice di procedura civile e dell’art. 118 disposizione di attuazione del codice di procedura civile e delle norme a questi connesse e correlate, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Per il ricorrente, la Corte d’appello ha erroneamente disatteso l’eccezione di giudicato esterno, derivante dalla sentenza del tribunale di Roma n. 24309 del 2013, riferita all’anno 2008, e di quella della Corte d’appello di Roma n. 6814 del 2015, riferita all’anno 2006.
In realtà, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, il giudicato formatosi in altra e diversa annualità, esplica i suoi effetti anche nella controversia, tra le stesse parti, relativa a differente annualità, laddove il giudicato si sia formato su elementi stabili della fattispecie, benché si tratti di rapporti di durata.
Con il quarto motivo di impugnazione si deduce la «violazione o falsa applicazione dell’art. 63 del d.lgs. n. 446/97 in combinato
disposto con gli articoli 1, 14bis e 16 del regolamento del Comune di Roma istitutivo del canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche comunali (COSAP) e delle norme a questi connesse e correlate, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sulla mancanza di una formale concessione».
La sentenza della Corte d’appello sarebbe erronea, in quanto nella fattispecie in esame mancherebbe il provvedimento concessorio.
Con il quinto motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la «violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché dell’art. 63 del d.lgs. n. 446/97 in combinato disposto con l’art. 1 del regolamento del Comune di Roma istitutivo del canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche comunali (COSAP) e delle norme a questi connesse e correlate, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sul difetto di prova da parte del Comune e sulla costituzione nei modi di legge della servitù di pubblico passaggio».
La Corte d’appello non ha tenuto conto che, nel caso di specie, è mancata la prova dell’esistenza di un’area demaniale o di una servitù di pubblico passaggio costituita nei modi e nei termini di legge; tra l’altro, ciò che effettivamente rileva è il prius temporale della realizzazione delle griglie e delle intercapedini, «appunto previste sin dal progetto di costruzione dell’edificio condominiale, prima addirittura della costruzione della via».
Con il sesto motivo di impugnazione si deduce la «violazione o falsa applicazione dell’art. 63 del d.lgs. n. 446/97 in combinato disposto con l’art. 1 del regolamento del Comune di Roma istitutivo del canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche comunali (COSAP) e delle norme a queste connesse e correlate, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sull’assenza di
occupazione e sulla realizzazione su area privata non soggetta pubblico passaggio, nonché nullità della sentenza e violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’eccezione di mancata sottrazione all’uso pubblico, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
Non vi sarebbe stata alcuna effettiva sottrazione all’uso pubblico dell’area.
Il giudice d’appello ha ritenuto irrilevante la circostanza che le griglie e le intercapedini fossero state realizzate su area privata contestualmente alla costruzione dell’edificio condominiale, in conformità alla relativa licenza edilizia rilasciata dal Comune, prima della eventuale imposizione di una servitù pubblica di passaggio.
In realtà, le intercapedini sono state costruite previo rilascio della relativa licenza edilizia, «contestualmente alla costruzione dell’edificio condominiale sul suolo privato, privo di pubblico passaggio e comunque prima di qualsiasi eventuale costituzione di servitù ed addirittura della stessa costruzione della pubblica via».
Il terzo motivo di ricorso è fondato, stante l’intervenuto giudicato esterno, con assorbimento dei restanti.
Nella specie, le due sentenze di merito passate in giudicato sono state già prodotte in sede d’appello, anche se la Corte territoriale ha reputato erroneamente l’insussistenza del giudicato esterno.
Ed infatti la sentenza del tribunale di Roma n. 24309 del 2013, relativa all’annualità 2008, è passata in giudicato, come da rituale certificazione di cancelleria dell’1/4/2015.
In tale sentenza si è chiarito che «il condominio sostiene che le griglie ed intercapedini non potevano essere oggetto di tassazione in quanto realizzate sul suolo privato unitamente al rilascio della
concessione edilizia e pertanto in assenza di un atto di concessione all’uso particolare del suolo pubblico».
La domanda del condominio è stata accolta, dichiarandosi non dovuta nella somma richiesta dal Comune di Roma con l’avviso di liquidazione n. 2000858/2011, per omesso pagamento della somma di euro 6079,80 a titolo di COSAP per occupazione del suolo pubblico relativo all’anno 2008.
8.1. Allo stesso modo, è intervenuto il giudicato di cui alla sentenza della Corte d’appello di Roma n. 6814/2015, depositata il 10/12/2015, in ordine all’anno 2006.
La Corte territoriale ha dunque respinto l’appello di Roma Capitale, accertando che «le griglie e le intercapedini, in cui l’occupazione si sostanzierebbe, sono state, infatti, realizzate in sede di edificazione del fabbricato, quando l’area interessata era un’area privata, come documentato dal Condominio di INDIRIZZO mediante la produzione del progetto dell’edificio con il parere favorevole della Commissione edilizia del 6/3/1950 e la licenza edilizia rilasciata dal Sindaco il 13/5/1950».
Con il chiarimento per cui «a contestualità della realizzazione delle griglie e delle intercapedini con l’edificazione del fabbricato e la circostanza che essa sia stata oggetto di una concessione edilizia e non di un atto di concessione per uso di un bene pubblico determinano la radicale impossibilità di assoggettare i manufatti in questione al COSAP, anche qualora l’area fosse divenuta pubblica per effetto della costituzione della servitù di passaggio, in un momento successivo all’edificazione del fabbricato».
La Corte territoriale ha ulteriormente chiarito che «il ricorrere di una situazione fattuale e giuridica preesistente al momento in cui l’area interessata ha acquisito il carattere di suolo pubblico limita, con riferimento a quella situazione, il potere impositivo dell’Ente».
La Corte d’appello, erroneamente, ha ritenuto che il giudicato formatosi sulle pronunce di merito sopra indicate non potesse spiegare efficacia nella controversia oggetto d’esame.
Tuttavia – quanto all’efficacia di giudicato esterno – premesso che il COSAP non è un’imposta, ma un’entrata patrimoniale privatistica, dovuta in ragione di una concessione, reale o presunta, dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici per l’occupazione di suolo pubblico (Cass. n. 1435/2018; Cass. n. 24541/2019; Cass. n. 7188/2022), va rilevato che nei rapporti di durata il vincolo del giudicato, sia pur formato in relazione a periodi temporali diversi, opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili (Cass., 19/4/2023, n. 10430; Cass. n. 17223/2020).
Nel caso di specie, il fatto costitutivo del diritto di Roma Capitale a percepire il COSAP è il medesimo per tutte le annualità, ossia la presenza di griglie o intercapedini in corrispondenza del condominio odierno resistente ed il momento storico in cui le stesse sono state realizzate.
10.1. In proposito, va rimarcato che, nell’ambito dei rapporti giuridici di durata e delle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, il giudicato formatosi sull’accertamento relativo a una fattispecie attuale preclude il riesame, in un diverso processo, delle medesime questioni, spiegando la propria efficacia anche per il periodo successivo alla sua formazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (Cass. n. 20765/2018; Cass. n. 37269/2021).
Il giudicato, infatti, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, tutte le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ed anche tutte le possibili questioni, proponibili
in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Cass. n. 6091/2020, Cass. n. 33021/2022).
Si è chiarito, infatti, che questa Corte, a sezioni unite, ha ritenuto che il principio del giudicato esterno, come enucleato in materia tributaria, «trova applicazione anche nella fattispecie, posto che il presupposto della debenza del COSAP -conformemente al presupposto impositivo della precedente TOSAP – consiste in ultima analisi in un accertamento di fatto, concernente le caratteristiche della griglia o intercapedine ed il suo originario inglobamento del fabbricato privato, da un lato, e l’esistenza o meno di un titolo autorizzativo, dall’altro lato; accertamento che è suscettibile di rimanere stabile nel tempo, ove non intervengano e non siano adeguatamente dedotti eventi atti a modificare il contesto fattuale o autorizzativo».
Nelle due sentenze di merito del tribunale di Roma e della Corte d’appello di Roma, entrambe passate in giudicato, si è tenuto conto della circostanza che le griglie ed intercapedini condominiali erano già esistenti al momento della realizzazione dell’edificio.
Pertanto, si è formato il giudicato proprio sulla circostanza della preesistenza delle griglie alla destinazione ad uso pubblico.
Restano assorbiti i restanti motivi.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in ordine la motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata, in ordine al motivo accolto; con rinvio
alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda