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Compensazione crediti: esclusi gli enti economici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18600/2025, ha stabilito che la compensazione crediti fiscali non è applicabile ai crediti vantati verso gli ‘enti pubblici economici’. Un’impresa che aveva maturato un ingente credito nei confronti di una società d’ambito per la gestione dei rifiuti, si è vista negare la possibilità di utilizzare tale credito per saldare i propri debiti con l’erario. La Corte ha chiarito che, nonostante la natura pubblica del servizio svolto, la forma societaria e l’operatività secondo criteri economici escludono l’ente debitore dalla nozione di ‘pubblica amministrazione’, requisito indispensabile per accedere al meccanismo di compensazione.

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Compensazione Crediti: la Cassazione esclude gli Enti Pubblici Economici

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per le imprese che lavorano con il settore pubblico allargato: la compensazione crediti fiscali con somme dovute da enti che, pur svolgendo servizi di pubblica utilità, operano in forma societaria. La decisione chiarisce in modo netto la distinzione tra ‘pubblica amministrazione’ ed ‘ente pubblico economico’, con importanti conseguenze pratiche.

I fatti del caso

Una società specializzata nella gestione di servizi di igiene urbana vantava un credito di oltre 15 milioni di Euro nei confronti di una Società d’Ambito Territoriale (ATO), costituita in forma di società per azioni per la gestione integrata dei rifiuti in diversi comuni siciliani. A causa dello stato di insolvenza dell’ente debitore, l’impresa creditrice aveva tentato di utilizzare questo credito per pagare i propri debiti fiscali, avviando la procedura di certificazione del credito prevista dalla legge.

Sia il Ministero dell’Economia che l’Agenzia della Riscossione si erano opposti, sostenendo che l’ATO, in quanto ‘ente pubblico economico’, non rientrasse nell’elenco delle ‘pubbliche amministrazioni’ i cui debiti possono essere portati in compensazione. Dopo due sentenze sfavorevoli nei primi due gradi di giudizio, l’impresa ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la natura sostanzialmente pubblicistica dell’ente debitore e l’illegittimità costituzionale delle norme che ne limitavano l’applicazione.

La decisione della Corte di Cassazione e la compensazione crediti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando integralmente le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della controversia ruotava attorno alla qualificazione giuridica dell’ente debitore. Se fosse stato considerato ‘pubblica amministrazione’ ai sensi del D.Lgs. 165/2001, il credito sarebbe stato certificabile e utilizzabile per la compensazione. In caso contrario, no.

La Cassazione ha stabilito che un ente, anche se persegue finalità pubbliche ed è partecipato da enti locali, qualora sia costituito in forma di società di capitali e operi con criteri di economicità (tendenziale pareggio tra costi e ricavi), deve essere classificato come ‘ente pubblico economico’. Questa natura lo esclude dal perimetro applicativo della normativa sulla compensazione crediti fiscali.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su diverse argomentazioni. In primo luogo, ha sottolineato che l’attività dell’ente debitore, sebbene di pubblico interesse, non è caratterizzata dall’esercizio di poteri autoritativi tipici della funzione pubblica, ma si svolge secondo gli strumenti del diritto civile e in un rapporto di corrispettività con le imprese fornitrici. La mancanza di uno scopo di lucro non è sufficiente a escludere la natura economica, essendo invece determinante l’operatività secondo criteri di economicità.

In secondo luogo, la Corte ha respinto la tesi secondo cui una legge regionale potesse legittimare la certificazione. Una precedente norma regionale che tentava di includere queste società tra i soggetti abilitati era già stata dichiarata incostituzionale. La certificazione ottenuta dall’impresa, basata su un’altra legge regionale, aveva quindi il solo valore di una ricognizione di debito (art. 1988 c.c.), insufficiente per attivare il meccanismo della compensazione fiscale.

Infine, i giudici hanno dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. La scelta del legislatore di limitare la compensazione crediti alle sole pubbliche amministrazioni è una scelta discrezionale e ragionevole. Tale scelta si fonda sulla necessità di garantire l’equilibrio della finanza pubblica e la certezza dei crediti ammessi in compensazione, escludendo soggetti (come gli enti pubblici economici) che, operando sul mercato, presentano un profilo di solvibilità diverso e potenzialmente meno solido rispetto alle amministrazioni statali tradizionali.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la forma giuridica e le modalità operative di un ente prevalgono sulla natura pubblica del servizio svolto ai fini della qualificazione come ‘pubblica amministrazione’. Per le imprese, ciò significa che i crediti vantati verso società partecipate pubbliche che operano come enti economici non possono essere utilizzati per compensare debiti fiscali. La decisione sottolinea l’importanza di valutare attentamente la natura giuridica del proprio debitore pubblico prima di fare affidamento su meccanismi come la compensazione, evidenziando i confini netti tracciati dal legislatore a tutela della finanza pubblica.

È possibile usare un credito verso un’azienda pubblica per pagare le tasse?
No, non sempre. La Corte di Cassazione ha chiarito che la compensazione dei debiti fiscali è possibile solo con crediti vantati verso le ‘pubbliche amministrazioni’ in senso stretto (come Ministeri, Regioni, Comuni). È esclusa per i crediti verso gli ‘enti pubblici economici’, ovvero quegli organismi che, pur svolgendo un servizio pubblico, operano con la forma e i criteri di un’impresa privata (es. società per azioni).

Qual è la differenza tra ‘pubblica amministrazione’ ed ‘ente pubblico economico’ ai fini della compensazione?
La differenza risiede nella natura giuridica e nel modo di operare. La ‘pubblica amministrazione’ agisce attraverso poteri autoritativi ed è inclusa nell’elenco dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001. L”ente pubblico economico’, invece, pur perseguendo fini pubblici, agisce con gli strumenti del diritto privato e secondo criteri di economicità. Solo i crediti verso la prima categoria sono ammessi alla compensazione fiscale.

Perché la legge esclude i crediti verso gli enti pubblici economici dalla compensazione?
Secondo la Corte, questa esclusione è una scelta discrezionale e ragionevole del legislatore. La finalità è quella di tutelare l’equilibrio della finanza pubblica, garantendo che solo i crediti con un elevato grado di certezza e solvibilità del debitore (come quelli verso lo Stato e gli altri enti pubblici tradizionali) possano essere utilizzati per estinguere debiti fiscali. Gli enti economici, operando sul mercato, hanno un profilo di rischio diverso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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