Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18600 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18600 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 05394/2023 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante, NOME COGNOME COGNOME domiciliata digitalmente ex lege ; rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura speciale congiunta e trasmessa nelle forme e modalità di cui all’art. 83 cod. proc. civ.;
-ricorrente-
nei confronti di
Ministero dell’Economia e delle Finanze , in persona del Ministro pro tempore ; rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato;
-controricorrente-
nonché di
Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) , in persona del procuratore speciale NOME COGNOME Responsabile Contenzioso Sicilia; rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n.48/202 3 della CORTE d’APPELLO di CATANIA, depositata il 16 gennaio 2023, notificata il 30 gennaio 2023.
FATTI DI CAUSA
1.a. Con contr atto di appalto del 26 agosto 2011, l’ RAGIONE_SOCIALE -società costituita per la gestione integrata dei rifiuti in Ambito Territoriale Ottimale, ai sensi dell’art. 201 del d.lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) e posta in liquidazione ai sensi della L.R. n. 9/2010 della Regione Sicilia -affidò alla società RAGIONE_SOCIALE la gestione del servizio di igiene urbana sul territorio dei 38 Comuni rientranti nell’ambito territoriale ad essa facente capo , per il periodo dal 1° novembre 2011 al 31 agosto 2013.
1.b. Alla scadenza del termine finale del contratto, RAGIONE_SOCIALE -sull’assunto di aver maturato un credito di oltre 16 milioni di Euro de l quale aveva vanamente invocato l’ adempimento ( essendo, tra l’altro, notorio il sopravvenuto stato di insolvenza dell ‘ente committente in liquidazione) -formulò, sulla Piattaforma telematica dei Crediti Commerciali (PCC), istituita presso la Ragioneria Generale dello Stato, reiterate istanze per la certificazione del credito medesimo, ai sensi dell’art. 9, comma 3 -bis , del d.l. n. 185/2008, chiedendo anche la nomina di un commissario ad acta che provvedesse alla certificazione in sostituzione della società debitrice, restata inerte al riguardo; ciò, al fine di poter accedere alla compensazione del credito derivante
dall’appalto con le somme da essa dovute all’Erario a seguito di iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 28 -quater del d.P.R. n.602/1973, che annovera l ‘esistenza e la validità dell a detta certificazione tra i presupposti necessari dell’estinzione del debito fiscale per compensazione.
1.c. La richiesta certificazione del credito fu denegata, sul l’assunto che l ‘A TO Messina 2, avente natura di ente pubblico economico, non rientrasse tra le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, unici soggetti legittimati a certificare la certezza, liquidità ed esigibilità dei crediti aventi ad oggetto somme dovute per somministrazioni, appalti, forniture e prestazioni, in funzione del loro ‘smobilizzo’.
1.d. In seguito, sulla situazione generale ingeneratasi nella Regione Sicilia in conseguenza della messa in liquidazione dei consorzi e delle società d’a mbito costituite per la gestione del servizio rifiuti, intervenne il legislatore regionale, il quale stabilì (L.R. n. 8/2018, art. 85) che, per favorire lo ‘smobilizzo’ dei crediti vantati dalle imprese che avevano realizzato forniture nei loro confronti, i commissari liquidatori dei predetti consorzi e delle predette società certificassero i crediti medesimi, nel termine di 30 giorni dal ricevimento dell’istanza, « ai sensi dell’articolo 1988 del codice civile ». In data 3 settembre 2018, in ossequio al dettato legislativo regionale, il commissario liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE certificò sulla piattaforma telematica il credito vantato da RAGIONE_SOCIALE per l’importo complessivo di Euro 15.163.731,22.
1.e. RAGIONE_SOCIALE formulò quindi al preposto Ente per la riscossione istanza per la compensazione dei propri debiti aventi ad oggetto somme iscritte a ruolo con il credito, appena certificato, al corrispettivo dell’appalto dei servizi di igiene urbana eseguito a favore della Società RAGIONE_SOCIALE. Peraltro , l’11 settembre 2018 , la locale Direzione del Tesoro, unitamente a RAGIONE_SOCIALE, comunicò alla società istante che la certificazione del credito effettuata dal commissario liquidatore della società d’ ambito non poteva essere utilizzata ai fini della compensazione ex art. 28quater del d.P.R. n. 602/1973, poiché essa produceva solo gli effetti previsti dalle norme della legge regionale siciliana, che imponeva un obbligo di certificazione ai sensi dell’art. 1988 cod. civ., non utilizzabile per lo smobilizzo del credito, con conseguente persistente permanenza del debito fiscale di cui si era invocata l’ estinzione.
2. Il Tribunale di Catania -dopo avere ritenuto sussistente, in sede di cognizione sommaria cautelare, il fumus boni iuris in ordine alla domanda di RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto l’ accertamento della compensabilità del proprio credito verso la ATO Messina 2 con i debiti erariali iscritti a ruolo (e dopo avere pertanto ordinato, ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., di procedere alla richiesta compensazione) -, in sede di cognizione piena, a seguito dell’introduzione del giudizio di merito ad opera del Ministero dell’ Economia e delle Finanze, con sentenza n.2114/2021, la ritenne, invece, infondata, sul rilievo che l’ATO Messina 2 non ave va la qualità di ente pubblico, necessaria ai fini della compensazione prevista dall’art. 28 -quater del d.P.R. n. 602/1973.
La decisione del Tribunale è stata integralmente confermata dalla C orte d’ appello di Catania, la quale ha rigettato l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE sulla base delle seguenti considerazioni:
Iin primo luogo, le Autorità d ‘ Ambito previste dal Codice dell’Ambiente non rientrerebbero tra le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 , del d.lgs. n. 165/2001, presentando piuttosto i caratteri degli enti pubblici economici; tale natura sarebbe stata affermata sia dalla giurisprudenza amministrativa (è stata richiamata, in particolare, la sentenza n. 539 del 2012 del Consiglio di Stato), sia dalla giurisprudenza ordinaria di legittimità (è stata richiamata Cass. n. 26208 del 28 settembre 2021), mentre non assumerebbe rilievo, in senso contrario, la sentenza della Corte costituzionale n. 226 del 2012, la quale avrebbe affermato la natura pu bblicista dell’ATO Puglia, avente natura di consorzio di enti locali, non assimilabile all ‘ATO Messina 2, costituita come società di capitali con la forma giuridica della società per azioni;
IIin secondo luogo, avuto riguardo alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della L.R. della Regione Sicilia n. 10/2018, per contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 81 Cost., « laddove inserisce le società d’ambito della Regione Siciliana in liquidazione tra i soggetti pubblici autorizzati a certificare i propri crediti iscrivendosi nella piattaforma telematica per i crediti commerciali », RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata « priva della necessaria certificazione ai sensi dell’art. 9, commi 3 -bis e 3-ter del d.l.29 novembre 2008, n.185 occorrente perché possa operare la compensazione dei crediti con i debiti erariali iscritti a ruolo ex art. 28 del d.P.R. n. 602 del 1973 ».
IIIin terzo luogo, non sarebbe stata accoglibile la richiesta, formulata dalla società appellante in via subordinata, di sollevare la questione di legittimità costituzionale degli artt. 28quater del d.P.R. n. 602/1973 e 9 del d.l. n. 185/2008, in riferimento agli artt. 2 e 41 Cost., nella parte in cui non prevedono l’ espressa inclusione dei creditori degli enti pubblici economici tra i soggetti a cui è attribuita la facoltà di dedurre in compensazione con i propri debiti erariali i crediti maturati verso i medesimi enti; la questione, infatti, sarebbe stata manifestamente infondata, dal momento che l’ esclusione dei predetti soggetti dalla platea dei destinatari della disciplina sarebbe stata frutto di una legittima scelta discrezionale del legislatore.
Propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi.
Rispondono con distinti controricorsi il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER).
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ..
il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
La società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata , ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la « violazione e falsa applicazione degli art. 28 quater, DPR n. 602/1973, art. 1, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001, art. 9, comma 3-bis, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in L. n. 2/2009; art. 201 D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ratione temporis vigente ».
La società ricorrente censura la sentenza impugnata per avere attribuito alle Autorità d’Ambito natura di enti pubblici economici , traendone le necessitate implicazioni sia in ordine all’ esclusione della loro legittimazione a certificare, a mezzo dei commissari liquidatori, i crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei loro confronti, sia, conseguentemente, in ordine alla non compensabilità di tali crediti con i debiti d’imposta gravanti sui loro creditori.
Deduce che il giudice del me rito, nell’esprimere tale erroneo giudizio, non avrebbe tenuto conto della specificità dell’ATO Messina 2, in quanto operante nella regione siciliana.
Osserva, al riguardo, che, per effetto della disciplina posta con leggi regionali, le società d’ambito siciliane per la gestione dei rifiuti erano state costituite tra gli enti pubblici locali territoriali, non per atto volontario bensì obbligatoriamente, sulla base di norme e provvedimenti amministrativi commissariali adottati in regime di emergenza di protezione civile.
Evidenzia che ad esse società erano state irreversibilmente trasferite dagli enti territoriali (ed in particolare dai Comuni) sia le funzioni pubbliche amministrative concernenti la gestione del servizio rifiuti con le risorse predisposte per il suo svolgimento, sia i poteri coattivi di imposizione e riscossione delle relative tariffe.
Sostiene, ancora, che non avrebbe inciso sulla natura pubblicistica degli enti la circostanza che essi erano costituiti in forma societaria, avuto riguardo sia alla mancanza di un atto originario di autonomia contrattuale, sia all’assenza dell o scopo lucrativo di cui all’art. 2247 cod. civ., sia infine alla composizione strutturale quali aggregazioni di
enti territoriali finalizzata alla gestione in comune del servizio di raccolta e smaltimento di rifiuti, riconducibile ad una associazione o consorzio tra enti locali, ovverosia tra soggetti aventi personalità giuridica di diritto pubblico.
Conclude che, pertanto, alla società RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto riconoscersi natura di ente pubblico non economico (annoverabile tra le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001) con le conseguenti implicazioni in ordine alla sua legittimazione a certificare i crediti per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni vantati dai fornitori nei suoi confronti, nonché in ordine alla facoltà di questi ultimi di dedurre in compensazione i predetti crediti con i loro debiti per imposte e tasse.
RAGIONE_SOCIALE ensura, infine, l’ affermazione della Corte d’ appello secondo cui, per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della L.R. della regione Sicilia n. 10/2018, essa sarebbe priva della certificazione del credito, occorrente per la invocata compensazione; reputa, al contrario, che una volta riconosciuta la natura di pubblica amministrazione dell’ATO Messina 2, dovrebbe ammettersi che l’Autorità d’Ambito ha già validamente rilasciato la predetta certificazione mediante il proprio commissario liquidatore, ai sensi dell’art. 85 della precedente L.R. n. 8/2018.
1.1. Il motivo è infondato.
Va data continuità al principio, già condivisibilmente affermato da questa Corte (Cass. 28/09/2021, n. 26208), secondo cui le Autorità d’Ambito, costituite con le forme della società di capitali, sono preposte allo svolgimento di un ‘ attività che, ancorché di pubblico interesse, non
è caratterizzata dall ‘ esercizio dei poteri, autoritativi e dispositivi, che contraddistinguono l ‘ esercizio della funzione pubblica, essendo effettuata secondo criteri di economicità e con il ricorso agli strumenti del diritto civile nei rapporti con le imprese affidatarie del servizio di gestione integrata dei rifiuti, improntati a un rapporto di corrispettività.
Al riguardo, non assume rilievo l ‘ evidenziata mancanza dello scopo lucrativo previsto dall’art. 2247 cod. civ., giacché, in funzione dell’attribuzione all’ente pubblico della qualifica di ‘ economico ‘ non occorre il fine specifico di divisione degli utili rivenienti dall’attività esercitata ma è sufficiente che tale attività sia volta con criterio di economicità , diretto alla tendenziale parificazione dei costi con i ricavi.
Non è corretta, inoltre, la considerazione secondo la quale la natura pubblica dell’ATO Messina 2 avrebbe dovuto essere desunta, t ra l’altro, dai poteri coattivi di imposizione e riscossione delle tariffe sui rifiuti; la legge regionale, infatti, non avrebbe potuto attribuire alle Autorità d’Ambito nessun potere impositivo, dal momento che il potere di determinare la tariffa per la gestione dei rifiuti spettava esclusivamente agli enti locali, residuando in capo ai soggetti gestori del servizio soltanto la sua applicazione (Cass., Sez. Un., 8/04/2010, n. 8313).
Quanto alla circostanza che, dal punto di vista strutturale, le A utorità d’ Ambito costituiscono aggregazioni di enti pubblici territoriali, tale circostanza non è sufficiente per attribuire ad esse la natura di ‘ nuovo ‘ ente locale, dovendo riconoscersi nella predetta aggregazione -come condivisibilmente affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa di vertice (Cons. Stato 2/02/2012, n.539) -piuttosto
uno strumento operativo per la gestione integrata, da parte dei Comuni, del servizio dei rifiuti urbani, secondo criteri di efficienza e di efficacia.
Si conferma, dunque, la necessità di attribuire alla società RAGIONE_SOCIALE, quale Autorità d’Ambito , la natura di ente pubblico economico, come tale estraneo alla nozione di amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, con le necessitate implicazioni in ordine all’ esclusione della sua legittimazione a certificare, a mezzo del proprio commissario liquidatore, i crediti vantati nei suoi confronti dai fornitori di beni e servizi, nonché in ordine alla conseguente non compensabilità di tali crediti con i debiti d’imposta gravanti sui suoi creditori.
1.1.a. In questa prospettiva, mentre trova conferma la correttezza della statuizione della Corte d’ appello secondo cui, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 6, della L.R. della Regione Sicilia n. 10/2018 (norma ritenuta in contrasto sia con l’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione dei principi fondamentali in materia di ‘c oordinamento della finanza pubblica’ posti dagli artt. 3bis e 3ter del d.l. n. 185/2008, sia con l’art. 81, terzo comma, Cost.: Corte cost. n.205 del 2019), RAGIONE_SOCIALE è risultata priva della certificazione del proprio credito commerciale, necessaria ai fini della invocata compensazione con le somme da essa dovute all ‘E rario per imposte e tasse, non assume invece alcun rilievo la circostanza che la certificazione stessa fosse stata effettuata dal commissario liquidatore in attuazione del disposto dell’art. 85 della precedente L.R. n. 8 del 2018: proprio in conformità al predetto disposto, infatti, tale
certificazione, qu and’anche non fosse stata reputata del tutto inefficace per difetto di legittimazione del soggetto che l ‘aveva operata, avrebbe avuto tuttavia il limitato effetto di ricognizione del debito ai sensi dell’art. 1988 cod. civ., non integrando la condizione necessaria richiesta dall’art. 28 -quater del d.P.R. n. 602/1973 ai fini della possibilità di compensare il credito commerciale vantato da RAGIONE_SOCIALE, quale fornitore di servizi di ATO Messina RAGIONE_SOCIALE, con i debiti tributari per somme iscritte a ruolo; possibilità -lo si ripete -impedita dalla preclusiva circostanza che la società RAGIONE_SOCIALE, quale ente pubblico economico, non rientrava nel novero delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 , del d.lgs. n. 165/2001.
Il primo motivo di ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Con il secondo motivo viene denunciata la « violazione art. 24 della legge n. 87 del 1953 ».
La società ricorrente torna sulla « questione di legittimità costituzionale degli art. 28 quater, DPR n. 602/1973, art. 1, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001» , per censurare l’omessa adeguat a motivazione, da parte della Corte di merito, della statuizione diretta a respingere la sollevata eccezione di incostituzionalità, che viene riproposta in questa sede di legittimità.
RAGIONE_SOCIALE sostiene che, nell’ ipotesi in cui non dovesse riconoscersi la natura pubblicistica degli ATO costituiti in Sicilia ai sensi dell’art. 201 del Codice dell’Ambiente, dovrebbero reputarsi costituzionalmente illegittimi , per contrasto con gli artt.2, 3 e 41 Cost., l’art.1, comma 2 del d.lgs., n. 165/2001, l’art. 9 del d.l. n. 185/2008 e l’art. 28 -quater del d.P.R. n.602/1973.
2.1. Il motivo è infondato.
Non sussiste il vizio motivazionale imputato alla statuizione di rigetto dell’ eccezione di incostituzionalità contenuta nella sentenza impugnata, la quale ha espressamente e correttamente motivato il giudizio di manifesta infondatezza della questione con riferimento alla discrezionalità legislativa.
Giova, al riguardo, ricordare che la disciplina della certificazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche, introdotta inizialmente dal decreto-legge n. 185 del 2008, come convertito, in seguito più volte modificata ed allargata a Regioni ed enti locali, infine (con l’art. 27, comma 2, lettere a), b), c) e d), del d.l. n. 66/2014) estesa a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all ‘ art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, consente ai creditori delle pubbliche amministrazioni -attraverso la piattaforma elettronica istituita presso la Ragioneria Generale dello Stato -non solo di monetizzare i propri crediti, cedendoli pro soluto o pro solvendo agli istituti di credito o ai soggetti specializzati nel factoring , ma anche di compensarli con le somme da loro dovute in seguito all ‘ iscrizione a ruolo di tributi, giusta la previsione dell’ art. 28quater del d.P.R. n. 602/1973.
Questa disciplina, dettata dalla fonte legislativa statale nella predisposizione dei principi fondamentali nell’esercizio della potestà concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, terzo comma, Cost.), trova fondamento, per un verso, nell’esigenza di salvaguardare « inderogabili esigenze di carattere funzionale al fine di garantire l’unitarietà del sistema di finanza
pubblica », per l’altro, nell’esigenza di garantire la « certezza dei traffici giuridici » (così Corte cost n. 205 del 2019).
Tale duplice esigenza spiega, da un lato, perché il legislatore statale, nell’esercizio della propria discrezionalità legislativa, abbia introdotto disposizioni afferenti a tutte le pubbliche amministrazioni « con lo scopo di uniformare l ‘ ambito soggettivo e oggettivo di applicazione della citata certificazione dei crediti, del procedimento di certificazione e del recupero degli importi assoggettati a compensazione »; dal l’altro lato , perché la perimetrazione soggettiva sia stata calibrata « in modo da precludere l’accesso di soggetti insolventi o di dubbia solvibilità » (cfr. l’art. 9, comma 3ter , del d.l. n. 185/2008), in funzione sia degli interessi degli operatori privati a contare sull’elevato grado di attendibilità dei dati certificativi della esistenza del credito e della solvibilità del debitore pubblico, sia dell’interesse dello Stato, nella veste di garante dell’equilibrio della finanza pubblica allargata (così, ancora, Corte cost. n. 205 del 2019, cit. ).
In questa prospettiva la tendenziale estensione della disciplina a tutte le amministrazioni pubbliche rientranti nella nozione di cui all’art. 1, comma 2, del d.gs. n. 165/2001 (la cui esatta perimetrazione costituisce inequivocabilmente oggetto di scelta discrezionale del legislatore statale), con esclusione degli enti pubblici economici (in conformità ad un criterio ordinamentale tradizionalmente utilizzato dal legislatore stesso per circoscrivere l’applicazione dello statuto differenziato degli enti pubblici rispetto alle regole di diritto comune), appare perfettamente ragionevole, laddove invece sarebbe stata
verosimilmente irragion evole l’ ulteriore ingiustificata estensione della predetta disciplina agli enti pubblici economici, così discriminando, in violazione degli artt. 3 e 41 Cost., gli altri soggetti che, come i primi, operano sul mercato con criteri di economicità e corrispettività propri degli strumenti di diritto privato.
La questione di legittimità costituzionale è, pertanto, manifestamente infondata.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della società ricorrente e sono liquidate, come da dispositivo, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Atteso il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente a rimborsare alle parti controricorrenti, le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna di esse, in Euro 25.270,00, oltre, per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese forfetarie ed accessorie e, per il Ministero dell’ Economia e delle Finanze, alle spese prenotate a debito.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione