Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14765 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14765 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 10625/2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione .
Pec: EMAIL
–
ricorrente –
COGNOME NOME;
– intimato – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della SICILIA, sezione staccata di Catania, n. 3647/17/16, depositata in data 21 ottobre 2016, non notificata;
contro
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’8 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto da COGNOME Antonio, già liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto la cartella di pagamento relativa ad Iva, Irap e Irpeg per l’anno d’imposta 2003.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto che l’Agenzia non aveva dimostrato l’ammontare delle somme effettivamente percepite dai soci in base al bilancio finale di liquidazione; nella specie, a seguito della cancellazione ed estinzione della società, i debiti residui dovevano considerarsi come trasmessi a carico dei soci in virtù di un meccanismo di tipo successorio, in forza del quale la prova dell’effettiva percezione delle somme da parte dei soci e della loro entità era a carico dell ‘Amministrazione Finanziaria che agiva contro i soci per i pregressi debiti tributari della società.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
COGNOME NOME non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce la nullità della sentenza e/o del procedimento per error in procedendo , in relazione all’art. 112 c.p.c., ed all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per non essersi la CTR pronunciata sulla richiesta di declaratoria di legittimità dell’operato della Riscossione Sicilia s.p.a., formulata a pag. 4 delle controdeduzioni in appello e a pag. 3 delle controdeduzioni in primo grado, in forza della corretta notificazione della cartella, effettuata a mezzo servizio postale, e della adeguatezza della motivazione della medesima, derivante, tra
l’altro, da precedenti atti di accertamento divenuti definitivi. La CTR aveva del tutto omesso di pronunciarsi sul punto, esprimendosi solo sulla questione relativa alle conseguenti derivanti dalla cancellazione della società dal registro delle imprese, né vi era pronuncia implicita, in quanto la richiesta formulata non era incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia. La società cancellata era, peraltro, l’unica a potere e dovere provare quanto fosse stato conseguito da ciascuno dei so ci nella distribuzione dell’attivo risultante dal bilancio di liquidazione, dimostrando la effettiva percezione della somma da parte dei soci e la loro entità.
Il secondo motivo deduce la nullità della sentenza e/o del procedimento per error in procedendo , in relazione all’art. 156 c.p.c. e 360, primo comma, n. 4, c.p.c.. La CTR territoriale era incorsa in errore laddove nel dispositivo, dopo avere affermato che dalla cancellazione della società era scaturito il fenomeno successorio dei debiti sociali a carico dei soci, nei limiti di legge, aveva accolto il ricorso originario e non aveva, invece, annullato la cartella di pagamento per effetto della avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese. Ed invero, l’accoglimento del ricorso originario comportava l’accogliment o delle tesi avanzate dalla società ricorrente sulla nullità della cartella di pagamento quale conseguenza della presunta inesistenza giuridica della notificazione, in quanto eseguita a mezzo posta e/o il presunto difetto di motivazione della stessa e/o la presunta errata determinazione della pretesa erariale, questioni non esaminate dalla CTR, con conseguente contrasto tra motivazione e dispositivo.
Va considerato che, in virtù del principio iura novit curia di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., il giudice ha il potere-dovere di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, nonché all’azione esercitata in causa, potendo porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, purché i fatti necessari al
perfezionamento della fattispecie ritenuta applicabile coincidano con quelli della fattispecie concreta sottoposta al suo esame, essendo allo stesso vietato, in forza del principio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., porre a base della decisione fatti che, ancorché rinvenibili all’esito di una ricerca condotta sui documenti prodotti, non siano stati oggetto di puntuale allegazione o contestazione negli scritti difensivi delle parti (Cass., 27 novembre 2018, n. 30607; Cass., 10 giugno 2020, n. 11103; Cass., 25 ottobre 2022 n. 31561), con la conseguenza che, nella vicenda in esame, la questione che merita considerazione è l’ammissibilità dell’appello proposto COGNOME NOME, già liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE successivamente all’estinzione della società avvenuta in data 7 dicembre 2011.
3.1 Occorre premettere, in fatto, che dagli atti di causa emerge che la cartella di pagamento è stata notificata alla società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione volontaria; che la società ha proposto l’originario ricorso il 16 maggio 2011, nella persona del liquidatore, e che essa è stata cancellata dal registro delle imprese il 7 dicembre 2011; infine, l’appello è stato proposto da COGNOME NOME, già liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE in data successiva all’estinzione della società (7 dicembre 2011), avvenuta dopo la pronuncia della sentenza di primo grado n. 486/09/11 del 26 maggio 2011, ed è stato depositato in data 16 febbraio 2012 (cfr. pag. 1 della sentenza impugnata).
3.2 Posto ciò è orientamento consolidato di questa Corte che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata in materia fallimentare); pertanto, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ. con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte
o nei confronti dei soci, successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.; qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando farlo constare in tali modi non sarebbe stato più possibile, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena di inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso (Cass., 2 marzo 2021, n. 5605; Cass., 4 agosto 2017, n. 19580; Cass., 5 novembre 2014, n. 23574; Cass., 6 novembre 2013, n. 24955).
3.3 In tale quadro, non è superfluo ribadire che le Sezioni Unite di questa Corte, di recente, hanno affermato che: « nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazi one, di cui al 3^ (già 2^) co. dell’art. 2495 cod. civ., integra, oltre alla misura massima dell’esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell’azione attinente all’interesse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi; questo presupposto, se contestato, deve conseguentemente essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci ex artt. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73 e 60 d.P.R. 600/73 di apposito avviso di accertamento, la responsabilità in questione, fermo restando che l’interesse ad agire dell’Amministrazio ne finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l’escussione di garanzie; la verifica del presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei
confronti dei soci ex art. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand’anche questo giudizio venga poi proseguito, a cau sa dell’estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa» (Cass., Sez. U., 12 febbraio 2025, n. 3625).
3.4 Questa Corte ha più volte precisato poi che la cancellazione dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio, in quanto la stessa è priva, oramai, della capacità di stare in giudizio, con la conseguenza che è ad essa preclusa la possibilità di proporre impugnazione (Cass., Sez. U., 12 marzo 2013, n. 6070; Cass. , 19 dicembre 2016, n. 26196; Cass., 9 ottobre 2018, n. 24853); pertanto, la cancellazione della società dal registro delle imprese e la conseguente estinzione determinano il difetto della sua capacità processuale ed il difetto di legittimazione a rappresentarla del liquidatore o ex legale rappresentante, tanto che l’accertamento del difetto di legitimatio ad causam sin da prima che venga instaurato il primo grado di giudizio, secondo giurisprudenza costante, esclude ogni possibilità di prosecuzione dell’azione limitatamente alla società (Cass., 19 aprile 2019, n. 11046; Cass., 11 marzo 2015, n. 4853; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21188).
3.5 Nè nella vicenda in esame, viene in rilievo l’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, avendo questa Corte precisato, con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese, che il « D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure
implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c. c., comma 2 -operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi -si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente » (cfr. tra le tante, Cass., 5 maggio 2017, n. 11100; Cass, 28 settembre 2016, n. 19142; Cass., 2 aprile 2015, n. 6743) e, così non è nel caso in esame, dove la società RAGIONE_SOCIALE è stata cancellata in data 7 dicembre 2011.
3.6 Ciò comporta che, nel caso di specie, COGNOME NOME, che ha proposto l’appello avverso la sentenza di primo grado, spendendo la sua qualità di liquidatore, dopo l’estinzione della società, non era da ritenersi legittimato, mentre lo erano i soci (cfr. Cass., 21 giugno 2024, n. 17192 secondo cui « In caso di cancellazione di una società dal registro delle imprese nel corso di giudizio, la legittimazione ad impugnare spetta al socio della società estinta, il quale è tenuto ad allegare la qualità spesa ed a fornirne la prova, la cui mancanza è rilevabile d’uffici o» ed ancora Cass., 19 novembre 2019, n. 29969, secondo cui « Nel caso di liquidazione e successiva cancellazione della società dal registro delle imprese, non si realizza alcuna successione del liquidatore nei debiti tributari della società contribuente, con la conseguenza che, una volta che questa sia stata liquidata e cancellata, viene meno il suo potere di rappresentanza dell’ente estinto e dunque la sua legittimazione passiva in ordine all’atto impositivo, potendo egli rispondere soltanto per il titolo autonomo di responsabilità derivante dalla carica rivestita, di natura civilistica, ai sensi degli artt. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 2495 c.c., di cui il debito tributario della società costituisce mero presupposto »); si tratta di questione rilevabile
di ufficio (Cass., 26 luglio 2023, n. 22692; Cass., 23 marzo 2016, n. 5736; Cass., 19 settembre 2019, n. 23365), che determina la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata e la pronuncia sul ricorso, con dichiarazione di inammissibilità del l’appello proposto da COGNOME NOMECOGNOME quale liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE
3.7 Sussistono i presupposti, tenuto conto della natura delle questioni esaminate e del recente arresto delle Sezioni Unite, per compensare le spese del giudizio di merito di secondo grado e del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, pronunciando sul ricorso, dichiara inammissibile l’appello presentato da COGNOME NOMECOGNOME quale liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE
Compensa interamente fra le parti le spese processuali del giudizio di merito di secondo grado e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 8 aprile 2025.