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Cancellazione società: liquidatore non può impugnare

Una società di riscossione ha impugnato in Cassazione una sentenza di secondo grado favorevole al liquidatore di una S.r.l. estinta. La Suprema Corte ha annullato la decisione, dichiarando l’appello originario inammissibile. La motivazione si fonda sul principio che, a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese, questa si estingue e perde la capacità di stare in giudizio. Di conseguenza, il liquidatore non ha più la legittimazione per rappresentarla, potere che passa esclusivamente ai soci in qualità di successori.

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Cancellazione società: la parola fine alla capacità processuale

La cancellazione società dal registro delle imprese non è un semplice atto formale, ma un evento con conseguenze giuridiche definitive e sostanziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: una volta estinta, la società perde la capacità di stare in giudizio e il liquidatore cessa di avere qualsiasi potere di rappresentanza. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le implicazioni di questa importante pronuncia.

I fatti del caso: da una cartella di pagamento all’appello inammissibile

La controversia nasce da una cartella di pagamento per IVA, IRAP e IRPEG notificata a una S.r.l. in liquidazione. Il liquidatore della società impugnava l’atto, ma il ricorso veniva respinto in primo grado. Successivamente, il liquidatore proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale accoglieva le sue ragioni.

Tuttavia, un fatto cruciale si era verificato tra la sentenza di primo grado e la proposizione dell’appello: la società era stata definitivamente cancellata dal registro delle imprese. Nonostante ciò, il liquidatore aveva agito in giudizio spendendo la sua vecchia qualità. La società di riscossione ha quindi presentato ricorso in Cassazione, portando la questione all’attenzione della Suprema Corte.

La questione della legittimazione dopo la cancellazione società

Il cuore della decisione della Cassazione non verte sul merito della pretesa tributaria, ma su una questione procedurale preliminare e assorbente: la legittimazione ad agire del liquidatore. La Corte, infatti, può rilevare d’ufficio, cioè di propria iniziativa, la mancanza di presupposti processuali come la capacità di stare in giudizio.

Il punto centrale è che la cancellazione dal registro delle imprese determina l’estinzione irreversibile della società. Questo comporta la perdita della sua capacità giuridica e, di conseguenza, della sua capacità processuale. Un soggetto giuridicamente inesistente non può né agire né essere convenuto in giudizio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha cassato la sentenza di secondo grado senza rinvio, dichiarando l’appello originario del liquidatore inammissibile. Le motivazioni si basano su principi consolidati del diritto societario e processuale.

L’estinzione della società e la perdita della capacità processuale

L’articolo 2495 del Codice Civile stabilisce che, dopo la cancellazione, i creditori sociali insoddisfatti possono far valere le loro pretese nei confronti dei soci. Questo sancisce un fenomeno successorio: i rapporti giuridici che facevano capo alla società si trasferiscono ai soci. La società, in quanto tale, cessa di esistere. Pertanto, qualsiasi azione giudiziaria intrapresa in nome di una società estinta è inammissibile.

Il ruolo dei soci come successori

Con l’estinzione della società, il liquidatore perde ogni potere di rappresentanza. Non può più compiere atti in nome dell’ente, inclusa la proposizione di un’impugnazione. La legittimazione a proseguire il contenzioso, sia dal lato attivo che passivo, si trasferisce ai soci. Essi diventano i successori della società nei rapporti pendenti e sono gli unici soggetti titolati a stare in giudizio per tutelare i diritti che prima facevano capo all’ente.
Nel caso specifico, l’appello avrebbe dovuto essere proposto dai singoli soci e non dal liquidatore, che ormai era privo di qualsiasi potere.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza rafforza un importante monito per liquidatori, soci e professionisti. La cancellazione società è un momento spartiacque che richiede la massima attenzione nella gestione dei contenziosi pendenti. Proseguire un’azione legale in nome di una società estinta espone al rischio di una declaratoria di inammissibilità, con conseguente perdita del diritto di difesa e possibile condanna alle spese. È fondamentale che, in prossimità della chiusura della liquidazione, si valuti attentamente la posizione dei contenziosi e si pianifichi il corretto subentro dei soci nel processo per garantire la continuità della tutela giurisdizionale.

Cosa succede a una società dopo la sua cancellazione dal registro delle imprese?
Dopo la cancellazione, la società si estingue giuridicamente. Perde la capacità di stare in giudizio e i suoi rapporti giuridici, inclusi i debiti e i crediti, si trasferiscono ai soci, che diventano suoi successori.

Il liquidatore di una società cancellata può presentare appello contro una sentenza?
No. Con l’estinzione della società, il liquidatore perde ogni potere di rappresentanza. Non è più legittimato a compiere atti processuali, come proporre un appello, in nome dell’ente ormai inesistente.

Chi può agire in giudizio per una società dopo la sua cancellazione?
Solo i soci possono agire o essere convenuti in giudizio. La legittimazione processuale si trasferisce interamente a loro in qualità di successori della società estinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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