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Truffa aggravata: la menzogna basta per la condanna

Un intermediario è stato condannato per truffa aggravata per aver proposto la vendita di un macchinario senza averne il mandato, incassando acconti anche dopo aver saputo che il bene era già stato venduto a terzi. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, confermando che la semplice menzogna sulla propria qualifica è sufficiente a integrare gli ‘artifici e raggiri’ richiesti dal reato, e ha ribadito l’impossibilità di rivalutare i fatti in sede di legittimità.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Aggravata: Basta una Menzogna per Essere Condannati?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 19926/2024, offre un importante chiarimento sui confini del reato di truffa aggravata. Il caso esaminato riguarda un finto intermediario che ha indotto una società ad versare acconti per un macchinario già venduto. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito un principio fondamentale: anche una semplice menzogna può costituire l’elemento degli ‘artifici e raggiri’ necessario per la configurazione del reato, specialmente quando crea un’erronea rappresentazione della realtà a danno della vittima.

I Fatti: La Vendita Fittizia di un Macchinario Industriale

I fatti alla base della vicenda vedono un soggetto, legale rappresentante di una società, proporsi come intermediario per la vendita di un macchinario da stampa di proprietà di una terza azienda. Pur non avendo alcun mandato, l’uomo contatta una società interessata all’acquisto e, presentandosi come agente autorizzato, riesce a farsi versare due acconti.

Il problema sorge quando si scopre che il macchinario, nel frattempo, era stato legittimamente venduto dal proprietario a un’altra persona. Ciononostante, l’intermediario, pur essendo venuto a conoscenza della vendita, prosegue nelle trattative con la vittima e incassa il secondo acconto. La società truffata, resasi conto dell’inganno, avvia un’azione legale che porta alla condanna dell’uomo in primo grado e in appello per truffa aggravata.

I Motivi del Ricorso: La Difesa Contesta la Truffa Aggravata

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando diversi punti. Principalmente, ha sostenuto la mancanza degli elementi costitutivi del reato, ovvero gli ‘artifici e raggiri’ e il dolo. Secondo la difesa, l’imputato non era stato informato tempestivamente della vendita del bene e, al momento dei pagamenti, era convinto che la macchina fosse ancora disponibile.

Inoltre, il ricorso contestava:
– Il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo.
– Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
– La sussistenza delle circostanze aggravanti.
– La quantificazione della provvisionale, ovvero l’anticipo sul risarcimento del danno, disposta a favore della parte civile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni della decisione sono chiare e si basano su principi giuridici consolidati.

La “Menzogna” come Elemento della Truffa Aggravata

Il punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione della condotta dell’imputato. La Cassazione ha stabilito che i motivi del ricorso erano di natura ‘meramente fattuale’, cercando una rivalutazione delle prove che non è consentita in sede di legittimità. I giudici hanno confermato quanto già stabilito dalla Corte d’Appello: l’imputato ha agito spendendo una qualifica (quella di agente o soggetto titolato alla vendita) che era ‘assolutamente inesistente’.

Questo comportamento, definito come ‘menzogna’, è stato ritenuto sufficiente a integrare gli ‘artifici e raggiri’ previsti dall’art. 640 del codice penale. La Corte ha specificato che la menzogna è una ‘tipica forma di raggiro’ quando crea nella vittima una suggestione e un erroneo convincimento su una situazione inesistente, inducendola in errore per procurarsi un ingiusto profitto. Il fatto che l’imputato abbia continuato a trattare e a incassare denaro dopo essere stato informato della vendita ha reso palese il suo intento doloso.

La Valutazione delle Circostanze Aggravanti e Attenuanti

Anche le censure relative alla pena sono state respinte. La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la difesa non aveva fornito motivi specifici per cui l’imputato ne avrebbe avuto diritto. La Cassazione ha ricordato che la concessione di tali attenuanti non è un atto dovuto e la sua esclusione è legittima se il giudice fornisce ragioni plausibili.

Le aggravanti, come il danno di rilevante entità, sono state considerate correttamente applicate, dato l’importo della truffa.

L’Inammissibilità della Questione sulla Provvisionale

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile anche la doglianza relativa alla provvisionale. La giurisprudenza è costante nel ritenere che il provvedimento con cui il giudice assegna una somma a titolo di anticipo sul risarcimento non è impugnabile in Cassazione. Questo perché non è una decisione definitiva, ma un provvedimento destinato a essere assorbito nella liquidazione finale del danno.

Le Conclusioni: Principi Consolidati dalla Suprema Corte

La sentenza n. 19926/2024 consolida alcuni principi chiave in materia di truffa aggravata e di procedura penale. In primo luogo, conferma che per integrare il reato non sono necessarie complesse messe in scena: anche una semplice menzogna sulla propria qualifica o su uno stato di fatto può essere sufficiente, se idonea a indurre in errore la vittima. In secondo luogo, ribadisce i limiti del giudizio di Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di merito per la rivalutazione delle prove. Infine, chiarisce la natura non definitiva e, quindi, non impugnabile in sede di legittimità, della condanna al pagamento di una provvisionale.

Una semplice bugia può configurare il reato di truffa aggravata?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche la sola menzogna, come quella di presentarsi con una qualifica inesistente per mediare una vendita, costituisce una ‘tipica forma di raggiro’ e integra l’elemento degli ‘artifici e raggiri’ richiesto dall’art. 640 cod. pen., se è finalizzata a indurre in errore la vittima per ottenere un profitto.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dai giudici di primo e secondo grado?
No. Il ricorso in Cassazione deve basarsi su motivi di diritto (violazione di legge o vizi di motivazione) e non può chiedere una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Tentare di farlo rende il ricorso inammissibile, in quanto si demanderebbe alla Cassazione un’operazione estranea al suo ruolo di giudice di legittimità.

La condanna al pagamento di una provvisionale può essere impugnata in Cassazione?
No. Il provvedimento che assegna alla parte civile una provvisionale (un anticipo sul risarcimento del danno) non è una condanna definitiva e non può passare in giudicato. Pertanto, secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nella sentenza, non è impugnabile in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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