Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34338 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34338 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 2584/2025
NOME COGNOME ZONCU
CC – 19/09/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 14/10/2022 della Corte d’appello di Napoli udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli Quarta sezione penale, ha respinto l’opposizione (così riqualificato il ricorso per cassazione) proposta da NOME COGNOME quale terza interessata avverso il provvedimento con cui la Corte di appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, in data 11 febbraio 2020, ha rigettato la richiesta di revoca della confisca disposta ai sensi dell’art. 12sexies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) convertito con modificazioni dalla legge 07 agosto 1992, n. 356, nei confronti di COGNOME NOME con sentenza del Tribunale di Napoli n. 1719 del 2014.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., la violazione di legge in riferimento all’art. 12 sexies della legge n. 306 del 1992 e per mancanza e illogicità della motivazione.
In particolare, nel ricorso si è dedotto che la capacità reddituale di COGNOME NOME, simulato alienante dell’immobile oggetto di confisca, non è mai stata posta in discussione dai giudici di merito, alla luce della documentazione prodotta dalla difesa attestante la partecipazione dello stesso, già nei primi anni ’90, ad una serie di società commerciali.
La ricorrente ha evidenziato che l’immobile oggetto di confisca era stato edificato da NOME COGNOME su un appezzamento di terreno sito in Melito di Napoli, acquistato con atto del 1° marzo 1990, edificando diversi appartamenti per destinarli ai propri figli NOME COGNOME e NOME COGNOME, moglie di COGNOME; tra tali appartamenti, vi è anche quello oggetto dell’attuale procedimento, venduto con atto notarile del 30 luglio 2007 da COGNOME NOME a COGNOME NOME e a COGNOME NOME (moglie di NOME), dissimulando un contratto di donazione in favore dei figli.
Si è altresì rappresentato che per far fronte all’acquisto del bene COGNOME NOME, attuale ricorrente, ha contratto un mutuo per un importo pari a euro 280.000,00, somma solo apparentemente versata a titolo di prezzo dell’acquisto dell’immobile. In particolare, si è specificato che con tale operazione COGNOME NOME intendeva ottenere liquidità per esigenze imprenditoriali non potendo accedere a finanziamenti in quanto gravato da altro mutuo, acceso presso l’Istituto Unicredit il 13 ottobre 2003.
A sostegno di ciò la difesa ha evidenziato che il nucleo familiare del COGNOME e della COGNOME era assolutamente estraneo a logiche criminali; che al momento dell’acquisto del terreno e della edificazione ad opera di COGNOME NOME il COGNOME era ancora adolescente essendo nato nel DATA_NASCITA; che se l’immobile fosse stato acquistato con l’ausilio di proventi derivanti dal traffico di droga il COGNOME non avrebbe avuto alcuna ragione di intestare il bene al COGNOME, unico coinvolto in dinamiche illecite, ma si sarebbe avvalso di soggetti prezzolati e soprattutto ‘puliti’, che avrebbero assunto la titolarità del bene.
Ciò posto, la ricorrente – dopo avere evidenziato che la Corte territoriale ha implicitamente accolto, per non aver preso posizione, le argomentazioni difensive in ordine alla estraneità di COGNOME NOME a dinamiche criminali, alla
sussistenza della sua capacità reddituale di far fronte all’acquisto del fondo e all’edificazione degli immobili, alla circostanza che la vendita era stata simulata al fine di ottenere liquidità – ha evidenziato che l’ordinanza impugnata ha respinto l’impugnazione proposta nell’interesse di COGNOME NOME sulla base di due argomenti.
Il primo consistito nel non avere la difesa provato la sussistenza di preesistenti rapporti di finanziamento in capo a NOME COGNOME, moglie del COGNOME, motivo per cui non poteva riconoscersi credito alla tesi difensiva secondo cui la COGNOME, destinataria della donazione, non potesse essere intestataria dell’immobile.
Il secondo consistito nella considerazione che la COGNOME e il COGNOME non potevano far fronte alla rata del mutuo in quanto la stessa ammontava a circa 1.300,00 e non, invece, come affermato dalla difesa, 316,00 euro e alla luce delle buste paghe della COGNOME e del COGNOME, la cui ultima busta paga si ferma al 2007 e, ancora, nella considerazione che gli stessi avessero a disposizione la somma mensile complessiva di 1.000,00 euro a fronte della rata mensile del mutuo di 1.300,00 e le spese derivanti dalle esigenze di vita.
Tanto premesso, quanto al primo argomento la ricorrente ha eccepito di non avere mai sostenuto che COGNOME NOME non potesse essere intestataria del bene, formalmente acquisito dal COGNOME, perché gravata da preesistenti rapporti di finanziamento. Al riguardo, si è evidenziato che la tesi difensiva era nel senso di evidenziare che la vendita dissimulante una donazione fosse destinata a far conseguire liquidità a NOME COGNOME, circostanza non disconosciuta dall’ordinanza impugnata che poi avrebbe ad avviso della difesa inopinatamente deviato sul fatto, mai prospettato dalla difesa, che COGNOME NOME non avrebbe potuto intestare il bene alla figlia.
Quanto al secondo argomento, la difesa ha dedotto il travisamento del dato di prova costituito dal rateo del mutuo stipulato dalla ricorrente e dal COGNOME che nell’ordinanza impugnata viene indicato come ammontante a circa 1.300,00 euro al mese (e non 316,00 euro come indicato dalla difesa); ciò che risulterebbe dal contratto di mutuo al punto n. 4, nel quale si indica anche che il termine per rimborsare il finanziamento è di 35 anni.
Ad avviso della difesa tale travisamento integrerebbe un vizio decisivo perché l’errore attiene specificamente al significante della prova e non al significato della stessa.
Con requisitoria scritta il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per nuovo giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Sussiste il dedotto vizio di travisamento della prova in quanto l’ordinanza impugnata fa riferimento ad una rata mensile del muto pari a 1.300,00 euro, lì dove dal contratto, allegato al ricorso, risulta che la rata da corrispondere è pari a 316,46 euro, sia pure così precisato a lettere l’importo indicato in termini numerici.
La Corte di appello ha, infatti, affermato che il reddito prodotto dalla ricorrente e dal COGNOME non avrebbe consentito di onorare la rata di mutuo pari a 1300,00 euro perché gli stessi come risulta dalle buste paga percepiscono un reddito complessivo di 1000,00 euro.
Ciò posto, l’indicazione del diverso importo rispetto a quello indicato nel contratto risulta assumere rilievo effettivamente decisivo nell’impianto argomentativo dell’ordinanza che ha respinto la richiesta di revoca della confisca da parte dalla terza interessata COGNOME NOME comproprietaria al 50%, lì dove si è ritenuto che l’acquisto dell’immobile non potesse giustificarsi alla luce dell’operazione indicata dalla difesa.
Si tratta pertanto di un elemento che avrebbe dovuto essere oggetto di più specifica spiegazione a fronte del dato formale risultante dall’atto di mutuo ipotecario e delle critiche contenute nell’originario ricorso per cassazione, poi riqualificato da questa Corte come opposizione e dal quale è scaturito il provvedimento impugnato.
Né l’ordinanza fornisce in modo adeguato le ragioni per le quali non ritenga di condividere la ricostruzione alternativa fornita dalla difesa, né dà conto delle ragioni del collegamento della COGNOME con il COGNOME, tale da giustificare, con riferimento all’immobile oggetto di confisca, la permanenza del vincolo nei confronti della ricorrente: ciò in presenza di una ricostruzione che non appare implausibile e che giustifica lo stesso – altrimenti inspiegabile – coinvolgimento, nell’intestazione pro quota del bene dello stesso COGNOME.
Alla luce delle esposte considerazioni, si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo esame affinché in piena autonomia decisionale colmi le lacune evidenziate.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 19 settembre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME