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Trattamento sanzionatorio: limiti del giudice di merito

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una condanna per spaccio di lieve entità. La Corte ha ribadito che la determinazione del trattamento sanzionatorio da parte del giudice di merito è insindacabile se la motivazione è logica, anche se la pena si discosta dal minimo edittale.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: I Limiti al Controllo della Cassazione sulla Pena

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui poteri del giudice di merito nella determinazione del trattamento sanzionatorio e sui confini del sindacato di legittimità esercitato dalla Corte di Cassazione. Il caso riguarda un ricorso avverso una condanna per un reato di lieve entità in materia di stupefacenti, dove il ricorrente lamentava una pena base superiore al minimo edittale, nonostante il riconoscimento di circostanze attenuanti. La Suprema Corte, dichiarando il ricorso inammissibile, ribadisce un principio fondamentale: la discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena è insindacabile, a patto che sia supportata da una motivazione logica e priva di vizi giuridici.

I Fatti del Caso

Una persona veniva condannata dalla Corte di Appello di Bari per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, ovvero una fattispecie di spaccio di sostanze stupefacenti considerata di minore gravità. L’imputata decideva di ricorrere in Cassazione, non per contestare la sua colpevolezza, ma esclusivamente per criticare la misura della pena inflitta.

Il Cuore della Doglianza: la Scelta del Trattamento Sanzionatorio

Il fulcro del ricorso verteva su un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio. In particolare, la ricorrente evidenziava come il giudice di secondo grado, pur avendo concesso le circostanze attenuanti generiche, avesse fissato una pena base di nove mesi di reclusione, superiore di tre mesi rispetto al minimo previsto dalla legge. Tale pena era stata poi ridotta a quattro mesi e 800 euro di multa per effetto delle attenuanti e della scelta del rito processuale. Secondo la difesa, questa deviazione dal minimo edittale non era stata adeguatamente giustificata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della congruità della pena, ma si concentra sulla correttezza procedurale e logica della decisione impugnata. La Corte ha stabilito che le determinazioni del giudice di merito in materia sanzionatoria sono, per loro natura, insindacabili in sede di legittimità se la motivazione che le sorregge è esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione è stata ritenuta pienamente adeguata.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la motivazione della sentenza della Corte di Appello era solida e coerente. I giudici di merito avevano giustificato la scelta di una pena base superiore al minimo facendo esplicito riferimento al “quantitativo rinvenuto” di sostanza stupefacente. Questo elemento fattuale è stato considerato un criterio valido e sufficiente per modulare la pena all’interno della cornice edittale prevista dalla norma.

La Cassazione ha quindi ribadito il suo ruolo: non è un terzo grado di giudizio dove si può rinegoziare la pena. Il suo compito è verificare che il giudice di merito abbia esercitato il proprio potere discrezionale in modo corretto, cioè fornendo una spiegazione logica e non contraddittoria per la sua scelta. Poiché la Corte territoriale aveva fornito tale spiegazione, legando la severità della pena a un dato oggettivo (la quantità di droga), la sua decisione era incensurabile. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un principio cardine del nostro sistema processuale penale. La quantificazione della pena è una delle massime espressioni della discrezionalità del giudice di merito, il quale deve ponderare tutti gli elementi del caso concreto. Un ricorso in Cassazione che miri a ottenere uno “sconto di pena” ha scarse probabilità di successo se non è in grado di dimostrare un’evidente illogicità o una palese violazione di legge nella motivazione del giudice. Non è sufficiente sostenere che la pena sia “troppo alta”; è necessario provare che il ragionamento che l’ha determinata sia viziato alla radice. Infine, la pronuncia rammenta le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile, che comporta non solo il pagamento delle spese processuali ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Può un giudice applicare una pena superiore al minimo anche se riconosce le attenuanti generiche?
Sì. Il giudice prima stabilisce una pena base, che può essere superiore al minimo edittale se motivata da elementi concreti (come la quantità di droga). Solo successivamente applica la riduzione per le circostanze attenuanti a questa pena base.

Quali sono i limiti del controllo della Corte di Cassazione sulla determinazione della pena?
La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena. Il suo controllo si limita a verificare che la motivazione fornita dal giudice sia logica, non contraddittoria e non violi la legge.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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