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Tenuità del fatto: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano escluso il beneficio basandosi sulla lunga durata della condotta illecita. La pronuncia ribadisce che la valutazione sulla tenuità del fatto rientra nel potere discrezionale del giudice, il quale può fondare la sua decisione anche su un solo elemento ritenuto decisivo, purché la motivazione sia congrua e non illogica.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, volto a escludere la punibilità per reati di minima gravità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale valutazione e le ragioni per cui un ricorso basato su questo motivo può essere dichiarato inammissibile.

I Fatti di Causa: Un Ricorso Basato sulla Particolare Tenuità del Fatto

Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che ne aveva confermato la condanna. L’unico motivo di ricorso era incentrato sulla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’imputato sosteneva che la sua condotta, pur illecita, fosse di gravità talmente lieve da meritare l’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.

La difesa del ricorrente lamentava che i giudici di merito non avessero correttamente valutato tutti gli elementi a favore di tale tesi. Si trattava, in sostanza, di una doglianza già presentata e respinta nel precedente grado di giudizio.

La Decisione della Corte: Inammissibilità e Potere Discrezionale del Giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione della Corte d’Appello era basata su una motivazione congrua e non illogica, che giustificava pienamente l’esclusione della tenuità del fatto.

Il punto centrale della decisione risiede nel riconoscimento dell’ampio potere discrezionale del giudice di merito nel valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte Suprema non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato direttamente i fatti, ma può solo verificare che la motivazione sia logicamente coerente e giuridicamente corretta.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha evidenziato come il giudizio sulla tenuità del fatto richieda una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta. Tale valutazione deve essere condotta alla luce dei criteri indicati dall’articolo 133, primo comma, del codice penale, che includono:

* Le modalità della condotta;
* Il grado di colpevolezza;
* L’entità del danno o del pericolo.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto decisiva, per escludere il beneficio, la durata dell’occupazione illecita. Questo singolo elemento è stato considerato sufficiente a qualificare il fatto come non particolarmente tenue.

La Cassazione ha inoltre richiamato importanti principi giurisprudenziali, tra cui la celebre sentenza a Sezioni Unite ‘Tushaj’ (n. 13681/2016), ribadendo che non è necessario che il giudice analizzi in modo esplicito tutti gli indicatori previsti. È sufficiente che indichi gli elementi ritenuti rilevanti per la sua decisione, motivando in modo specifico sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato per valutarne la gravità e il bisogno di pena, senza ricorrere a mere clausole di stile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto è una prerogativa del giudice di merito, il cui giudizio è difficilmente censurabile in sede di legittimità se sorretto da una motivazione logica e adeguata. In secondo luogo, chiarisce che il giudice non è tenuto a una disamina parcellizzata di ogni singolo criterio, ma può fondare la propria decisione anche su un solo elemento, se ritenuto di per sé assorbente e decisivo nel delineare un quadro di gravità incompatibile con il beneficio. Per gli operatori del diritto, ciò significa che, nel sostenere la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p., è fondamentale non solo elencare gli elementi favorevoli, ma anche e soprattutto argomentare in modo convincente sull’assenza di fattori ostativi di particolare rilievo, come, nel caso di specie, la prolungata durata della condotta.

Quando un ricorso per cassazione sulla tenuità del fatto è considerato inammissibile?
Un ricorso è considerato inammissibile quando è manifestamente infondato, ad esempio se si limita a riproporre le stesse doglianze già respinte dalla Corte di merito con una motivazione congrua e non illogica, senza individuare vizi specifici nella decisione impugnata.

Quali elementi può considerare il giudice per escludere la particolare tenuità del fatto?
Il giudice può basare la sua decisione su uno o più criteri previsti dall’art. 133 c.p., come le modalità della condotta, la gravità del danno o il grado di colpevolezza. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto sufficiente la lunga durata della condotta illecita per escludere il beneficio.

Il giudice è obbligato a esaminare tutti i criteri dell’art. 133 c.p. per decidere sulla tenuità del fatto?
No. Secondo la giurisprudenza citata, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione. È sufficiente che il giudice indichi quelli ritenuti rilevanti e decisivi per la sua decisione, motivando in modo specifico sul perché il fatto non possa essere considerato di particolare tenuità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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