Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8011 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 31/01/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 25/06/1982, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 18/04/2024,
visti gli atti e la sentenza impugnata;
dato avviso alle parti;
esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 18/04/2024, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del 17/02/2022 del Tribunale di Napoli, che aveva condannato COGNOME NOME per il reato di cui agli artt. 44 e 95 d.P.R. 380/2001 alla pena di mesi 4 di arresto ed euro 9.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione.
2.1., Con un primo motivo, lamenta violazione dell’articolo 131bis cod. pen. e vizio di motivazione sub specie travisamento della prova in punto di non abitualità del comportamento.
2.2. Con un secondo motivo, lamenta violazione dell’articolo 62bis cod. pen..
2.3. Con un terzo motivo, lamenta violazione dell’articolo 163 cod. pen..
Il ricorso Ł inammissibile.
Le doglianze costituiscono infatti pedissequa reiterazione di censure già dedotte con l’atto di appello, motivatamente disattese dalla Corte territoriale.
Ciò porta a ritenere il motivo di ricorso non specifico ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez.
R.G.N. 34963/2024
2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217).
4. Quanto alla prima doglianza, essa Ł inammissibile.
L’art. 131bis cod. pen. prevede la «non punibilità del fatto quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa Ł di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».
In particolare, la norma (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, n.m.), oltre allo sbarramento del limite edittale (la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena), richiede (congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione) la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.
Il primo degli ‘indici-criteri’ (così li definisce la relazione allegata allo schema di decreto legislativo) appena indicati, ossia la particolare tenuità dell’offesa, si articola a sua volta in due ‘indici-requisiti’ (sempre secondo la definizione della relazione), che sono la «modalità della condotta» e «l’esiguità del danno o del pericolo», da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’articolo 133 cod. pen., (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensità del dolo o grado della colpa, nonchØ alla luce della condotta successiva al fatto, a seguito della modifica introdotta dal d. lgs. n. 150 del 10/10/2022).
Si richiede pertanto al giudice di rilevare se, sulla base dei due «indici-requisiti», sussista l’«indicecriterio» della particolare tenuità dell’offesa e, con questo, coesista quello della «non abitualità» del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità.
La sentenza sul punto chiarisce, in modo non manifestamente illogico o contraddittorio, che il reato non costituisce condotta occasionale ma frutto di una specifica progettazione e plurime azioni destinate all’abuso (realizzazione di un aumento di cubatura di 39 mq.), e che deve escludersi l’esiguità del pericolo collegato concretamente alla violazione delle regole urbanistiche e antisismiche.
5. Il secondo motivo Ł manifestamente infondato.
Il ricorrente non si confronta infatti con la costante giurisprudenza della Corte, secondo cui «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ø piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)», come effettuato dalla Corte partenopea a pagina 4 della sentenza.
Analogamente può dirsi in riferimento all’omessa concessione della pena sospesa, decisione giustificata alla luce del negativo giudizio prognostico di astensione da futuri reati della stessa indole, in ragione della natura e della tipologia del reato commesso, così come ricostruito, che lascia intendere un concreto rischio di recidiva legato al soddisfacimento di tipiche esigenze personali e familiari di ampliamento dello spazio abitativo.
Il ricorrente, in proposito, non si confronta con il costante orientamento di questa Corte secondo il quale la valutazione prognostica richiesta dall’art. 164 c.p. richiama la necessaria considerazione complessiva delle circostanze indicate nell’art. 133 c.p. (Sez. 2, n. 2742 del 15/12/2020, dep. 2021, Gaye, n.m.), sia in relazione alla gravità del reato (modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato, intensità del dolo), sia con riguardo alla capacità a delinquere (motivi a delinquere e carattere del reo, precedenti penali, condotta del reo antecedente, contemporanea o susseguente al reato, condizioni di vita), principi cui la Corte territoriale, nell’esercizio del suo potere discrezionale, si Ł attenuta.
7. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 31/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME