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Opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore

E’ opportuno premettere che appare pienamente condivisibile, con riferimento all’elemento materiale della fattispecie delittuosa principale, che le operazioni di download sul server FTP e dallo stesso sui computer delle persone che si collegavano al sito, implica necessariamente la duplicazione del materiale informatico e, più in generale, delle opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore oggetto dell’operazione. Tali modifiche non possono essere altrimenti interpretate che quale espressione dello specifico intento del legislatore di modificare la soglia di punibilità della condotta descritta dalla norma, a seconda del prevalere di interessi di salvaguardia del diritto d’autore o di quello contrapposto, afferente alla libera circolazione delle opere dell’ingegno, incidendo direttamente sulla qualificazione del dolo specifico richiesto per la configurazione del reato.

Pubblicato il 31 January 2007 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

E’ opportuno premettere che appare pienamente condivisibile, con riferimento all’elemento materiale della fattispecie delittuosa principale, che le operazioni di download sul server FTP e dallo stesso sui computer delle persone che si collegavano al sito, implica necessariamente la duplicazione del materiale informatico e, più in generale, delle opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore oggetto dell’operazione.

La questione nodale circa l’applicabilità delle fattispecie criminose di cui agli art. 171 bis della L. 633/1941, introdotto dall’art. 10 del D.Lgs 29.12.1992 n. 518, e 171 ter della medesima legge, introdotto dal d.lgs. 16.11.1994 n. 685, nella loro formulazione antecedente alla legge di riforma n. 248/2000 è, pertanto, costituita dalla interpretazione del termine “scopo di lucro”, adoperato nel testo delle norme vigenti all’epoca dei fatti, rispetto all’espressione “scopo di profitto”, introdotto dalla legge di riforma, con la conseguente individuazione del diverso ambito di applicazione delle fattispecie per effetto delle citate differenze terminologiche.

Tali modifiche non possono essere altrimenti interpretate che quale espressione dello specifico intento del legislatore di modificare la soglia di punibilità della condotta descritta dalla norma, a seconda del prevalere di interessi di salvaguardia del diritto d’autore o di quello contrapposto, afferente alla libera circolazione delle opere dell’ingegno, incidendo direttamente sulla qualificazione del dolo specifico richiesto per la configurazione del reato.

Non appare, pertanto, dubbio che le differenti espressioni adoperate dal legislatore nella diversa formulazione degli art. 171 bis e ter abbiano esplicato la funzione di modificare la soglia di punibilità del medesimo fatto, ampliandola allorché è stata utilizzata l’espressione “a scopo di profitto” e restringendola allorché il fatto è stato previsto come reato solo se commesso a “fini di lucro”.

Con tale ultima espressione, infatti, deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere; né l’incremento patrimoniale può identificarsi con il mero risparmio di spesa derivante dall’uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere dell’ingegno, al di fuori dello svolgimento di un’attività economica da parte dell’autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l’abuso.

Tale interpretazione, peraltro, trova riscontro nella stessa legge sul diritto d’autore, che, nell’art. 174 ter, come da ultimo modificato dall’art. 28 del d.lgs. 9.4.2003 n. 68, non attribuisce rilevanza penale alla duplicazione, riproduzione, acquisto o noleggio di supporti non conformi alle prescrizioni della medesima legge a fini meramente personali, allorché, cioè, la riproduzione o l’acquisto non concorrano con i reati previsti dall’art. 171 e seg., e non sia destinato all’immissione in commercio di detto materiale.

Nella ipotesi esaminata viene, infatti, escluso dall’ambito della fattispecie criminosa il comportamento dettato dalla mera finalità di un risparmio di spesa, che indubbiamente deriva dall’acquisto di supporti duplicati o riprodotti abusivamente.

Va ancora rilevato che la condotta attribuita agli imputati è attualmente descritta in termini più puntuali dall’art. 171 ter, comma secondo lett. a) bis, della L. n. 633/1941, introdotto dall’art. 1 comma 3, del d.lgs. 22.3.2004 n. 72, convertito con modificazioni dalla L. n. 128/2004, ma sempre con la delimitazione della soglia di punibilità mediante il riferimento all’ipotesi che il fatto venga commesso a “fini di lucro”.

Passando quindi all’esame dei fatti di cui alla pronuncia di condanna degli imputati deve essere escluso, nel caso in esame, che la condotta degli autori della violazione sia stata determinata da fini di lucro, emergendo dall’accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun vantaggio economico dalla predisposizione del server FTP, mentre dalla utilizzazione dello stesso traevano sostanzialmente profitto, nei sensi sopra precisati, i soli utenti del server medesimo.

Anche con riferimento alla detenzione di un programma destinato a consentire la rimozione e l’elusione di dispositivi di protezione di programmi non emerge dall’accertamento di merito la finalità lucrativa cui sarebbe stata destinata la detenzione e, tanto meno, un eventuale fine di commercio della stessa.

Cassazione Penale, Terza Sezione, Sentenza n. 149 del 22 novembre 2006 – depositata il 9 gennaio 2007

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