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Spaccio lieve entità: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio, il quale richiedeva la qualificazione del reato come ‘lieve entità spaccio’. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che l’ingente quantitativo di stupefacenti (oltre 2.200 dosi ricavabili), la diversità delle sostanze, le modalità di occultamento e la disponibilità di materiale per il confezionamento indicavano un’attività di spaccio su larga scala e con carattere di professionalità, elementi incompatibili con l’ipotesi della lieve entità.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lieve Entità Spaccio: Quando Migliaia di Dosi Escludono l’Ipotesi

La distinzione tra spaccio di stupefacenti e lieve entità spaccio è una delle questioni più delicate e ricorrenti nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti fondamentali sui criteri che i giudici devono seguire per qualificare correttamente la condotta. La Corte ha stabilito che la presenza di un quantitativo di droga dal quale è possibile ricavare migliaia di dosi, unita a elementi che denotano professionalità, esclude categoricamente la possibilità di applicare la fattispecie più lieve. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Brindisi, successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Lecce, per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Durante una perquisizione domiciliare, erano state rinvenute diverse tipologie di droghe (marijuana, hashish e cocaina), abilmente occultate in vari punti dell’abitazione. Dalla sola marijuana era possibile ricavare oltre 2.200 dosi medie singole. Oltre alle sostanze, era stato trovato anche un cospicuo quantitativo di materiale per il confezionamento.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo due motivi principali:
1. L’errata qualificazione giuridica del fatto, che a suo dire doveva rientrare nell’ipotesi di lieve entità spaccio (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990).
2. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La Questione della Lieve Entità Spaccio

La difesa dell’imputato si basava sull’idea che il fatto dovesse essere considerato di minore gravità. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato completamente questa tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa degli elementi concreti emersi nel processo, che delineano un quadro ben lontano dalla minima offensività richiesta per la fattispecie di lieve entità.

I Criteri di Valutazione della Corte

La Suprema Corte ha ribadito che, secondo il “diritto vivente”, la valutazione per riconoscere la lieve entità spaccio deve essere globale e tenere conto di tutti i parametri indicati dalla norma. Questi includono non solo la quantità e la qualità della sostanza, ma anche i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e la professionalità del reo. Nel caso specifico, i giudici hanno evidenziato diversi elementi decisivi:

Il dato quantitativo: Il numero di dosi ricavabili (oltre 2.200) è stato considerato un indicatore inequivocabile di un’attività destinata a un mercato vasto, incompatibile con la nozione di “piccolo spaccio”, che si caratterizza per dosi conteggiabili “a decine” e non “a migliaia”.
La diversità delle sostanze: La detenzione di marijuana, hashish e cocaina dimostrava la capacità di soddisfare diverse tipologie di richieste, un altro indice di un’attività strutturata.
Le modalità di occultamento e confezionamento: La droga era nascosta con abilità e la presenza di abbondante materiale per il confezionamento rivelava una chiara professionalità e la predisposizione a un’attività di spaccio continuativa e organizzata.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche è stata respinta. La Cassazione ha ricordato che, a seguito della riforma legislativa, la mera incensuratezza non è più sufficiente per ottenere la diminuzione di pena. È necessaria la presenza di elementi di segno positivo, che nel caso di specie erano del tutto assenti. Anzi, la Corte ha valorizzato in senso negativo la presenza di due condanne successive ai fatti in esame, che confermavano la propensione dell’imputato a delinquere.

Le Motivazioni della Cassazione

Le motivazioni dell’ordinanza si fondano su un principio cardine: la fattispecie di lieve entità spaccio è riservata a condotte di “minima offensività penale”. Questa minima offensività deve essere dedotta da una valutazione complessiva di tutti i parametri normativi. Anche un solo elemento, se di particolare gravità, può essere sufficiente a escludere l’ipotesi lieve.

Nel caso analizzato, la Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente considerato gli elementi a disposizione come indicativi di un’operatività criminale di tutto rispetto. L’enorme numero di dosi, la varietà delle droghe e la professionalità dimostrata sono stati giudicati fattori preponderanti che impedivano di qualificare il fatto come lieve. La decisione è pienamente conforme all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, inclusa la sentenza n. 40/2019 della Corte Costituzionale, che ha sottolineato come la lieve entità sia applicabile solo in ipotesi di minima lesività del bene giuridico protetto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: la qualificazione di lieve entità spaccio non è un automatismo, ma il risultato di un’attenta e complessiva analisi fattuale. Quando gli indici concreti, come l’ingente numero di dosi e la professionalità, rivelano un’attività di spaccio strutturata e su larga scala, non c’è spazio per l’applicazione della norma di favore.

Quando si può parlare di spaccio di lieve entità?
Si può parlare di spaccio di lieve entità solo quando la condotta presenta una ‘minima offensività penale’. Questa valutazione non si basa su un solo elemento, ma su un’analisi complessiva di tutti i parametri indicati dalla legge, quali la quantità e qualità della sostanza, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.

La sola quantità di droga è sufficiente a escludere la lieve entità?
Sebbene la valutazione debba essere complessiva, un dato quantitativo particolarmente elevato può essere ritenuto preponderante e sufficiente a escludere la lieve entità. Nel caso di specie, la possibilità di ricavare oltre 2.200 dosi è stata considerata un elemento decisivo, poiché indicativo di un’attività su larga scala.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché la loro applicazione richiede la presenza di elementi positivi meritevoli di considerazione. La sola assenza di precedenti penali non è più sufficiente. Nel caso specifico, non solo mancavano elementi positivi, ma erano presenti anche elementi negativi, come due condanne successive per fatti analoghi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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