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Spaccio di droga: quando è inammissibile il ricorso?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante una condanna per spaccio di droga. La Corte ha confermato la decisione di merito, la quale ha ritenuto la sostanza stupefacente destinata alla vendita basandosi sulla suddivisione in dosi, l’occultamento nel cambio dell’auto e la dichiarazione dell’imputato di non essere un assuntore. È stato inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche a causa dei precedenti penali del ricorrente.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio di droga: la Cassazione conferma la condanna basata su indizi

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di spaccio di droga, chiarendo quali elementi indiziari sono sufficienti per ritenere una sostanza stupefacente destinata alla vendita a terzi e non all’uso personale. La decisione sottolinea come una serie di circostanze, valutate nel loro complesso, possano condurre a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, confermando la condanna e il diniego delle attenuanti generiche.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato nei gradi di merito per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La sostanza era stata rinvenuta suddivisa in sette dosi e abilmente occultata all’interno del cambio della sua autovettura. Al momento del controllo, l’uomo si trovava lontano dalla propria abitazione e aveva spontaneamente dichiarato agli operanti di non essere un consumatore di droghe. Avverso la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione dei fatti e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte sullo spaccio di droga

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la Corte di merito avesse correttamente motivato la propria decisione, basandosi su un quadro indiziario solido e coerente.

Analisi del Primo Motivo di Ricorso: La Destinazione a Terzi

Il primo motivo di ricorso, volto a contestare la destinazione della droga allo spaccio, è stato respinto. La Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente valorizzato una serie di elementi convergenti:

* La suddivisione in dosi: La sostanza era già porzionata in sette dosi, un elemento tipicamente associato all’attività di spaccio.
* Le modalità di occultamento: Nascondere la droga all’interno del cambio dell’auto indica la volontà di eludere i controlli, una cautela che va oltre la semplice detenzione per uso personale.
* La dichiarazione spontanea: L’affermazione del ricorrente di non essere un assuntore si è rivelata controproducente, poiché ha privato di fondamento la tesi dell’uso personale.
* La distanza dall’abitazione: Essere trovato in possesso della sostanza lontano da casa ha ulteriormente rafforzato il quadro accusatorio.

Analisi del Secondo Motivo: Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato giudicato infondato. La Corte di Appello aveva motivato il diniego sulla base di due fattori cruciali:

1. L’assenza di elementi positivi: Non erano emersi elementi favorevoli al ricorrente che potessero giustificare una riduzione della pena.
2. La presenza di precedenti penali: I precedenti a carico dell’imputato sono stati considerati un elemento ostativo alla concessione del beneficio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sul principio secondo cui la prova della destinazione allo spaccio può essere raggiunta anche attraverso elementi indiziari, purché gravi, precisi e concordanti. In questo caso, la combinazione dei fattori analizzati (suddivisione, occultamento, dichiarazioni e precedenti) ha creato un quadro logico e coerente che non lasciava spazio a interpretazioni alternative. I giudici hanno ribadito che la valutazione del materiale probatorio spetta al giudice di merito e, se la motivazione è logica e priva di vizi, non può essere censurata in sede di legittimità. Analogamente, la concessione delle attenuanti generiche rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il cui diniego, se adeguatamente motivato come in questo caso, è insindacabile.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato in materia di spaccio di droga. La decisione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, serve da monito: non è necessario essere colti in flagranza di cessione per essere condannati per spaccio. Un insieme di indizi chiari e convergenti è sufficiente a dimostrare la finalità della detenzione. Inoltre, la presenza di precedenti penali costituisce un valido motivo per negare le attenuanti generiche, rendendo più severo il trattamento sanzionatorio.

Quali elementi indiziari possono provare lo spaccio di droga?
Secondo la sentenza, la prova può derivare da un insieme di elementi come la suddivisione della sostanza in più dosi, l’occultamento in luoghi anomali del veicolo, la distanza dal proprio domicilio e la stessa dichiarazione dell’imputato di non essere un consumatore.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate principalmente per due ragioni: la presenza di precedenti penali a carico del ricorrente e l’assenza di elementi positivi da valorizzare a suo favore, come un comportamento processuale collaborativo o un percorso di ravvedimento.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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