Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14661 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14661 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PIETRAPERZIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2022 del TRIBUNALE di ENNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte depositate dal ricorrente, in replica alla requisitoria pubblico ministero.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 20 dicembre 2022 il Tribunale di Enna ha condannato NOME COGNOME alla pena di 667,00 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 4, comma 3, legge n. 110/1975 commesso il 03/11/2020, per avere portato fuori dall’abitazione, senza giustificato motivo, un taglierino e un coltellino multiuso, utilizzabili per l’offesa alla persona, rinvenuti all’interno del sua auto.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello, riqualificato come ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la erronea interpretazione e valutazione delle fonti di prova.
Il giudice non ha tenuto conto della versione alternativa consentita dalle prove raccolte, secondo la quale l’imputato era costretto a dormire nella propria auto, essendo stato allontanato dalla casa coniugale e non avendo altri luoghi di ricovero, e su questa deteneva degli oggetti necessari per la vita quotidiana, quali il coltellino usato come posata, il taglierino e un coltello riposti nel cassetta degli attrezzi, usata per svolgere lavori, sebbene in maniera saltuaria. Sussisteva, pertanto, il giustificato motivo per il porto di tali oggetti, peralt detenuti in quella che, di fatto, era l’abitazione dell’imputato, non essendovi elementi per ipotizzare, come fatto dal giudice, che essi servissero per compiere atti violenti contro la ex-moglie.
2.2. Con il secondo motivo deduce la erroneità della sentenza per avere il giudice omesso di concedere l’assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen., nonostante la esiguità del danno o del pericolo, la non abitualità della condotta, e la scarsa offensività del fatto, dimostrata dall’avere egli concesso le attenuanti generiche e irrogato una pena minima.
2.3. Con il terzo motivo deduce l’erroneità della sentenza con riferimento alla quantificazione della pena, avendola il giudice irrogata in misura superiore al minimo edittale nonostante gli elementi positivi che avrebbero giustificato una sanzione inferiore.
2.4. Con il quarto motivo lamenta l’omessa concessione della sospensione condizionale.
Il giudice l’ha negata per i precedenti penali dell’imputato. COGNOME Egli, però, nonostante la pluralità di condanne, non ha superato il limite dei due anni previsto dall’art. 164, ultimo comma, coddoen., per cui il beneficio avrebbe potuto essergli concesso.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorrente ha inviato conclusioni scritte, in replica alla requisitoria de procuratore generale, ribadendo i vari motivi proposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, limitatamente ai punti sotto indicati, e in tali termini deve essere accolto.
2. Il primo motivo è infondato, e deve essere rigettato.
Questa Corte ha costantemente affermato, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenz probatoria del singolo elemento».
Lo stesso ricorrente afferma che il compendio motivazionale della sentenza impugnata è «apparentemente logico e coerente», ed infatti lamenta solo la omessa valutazione della possibilità di un’ipotesi alternativa a quella della pubblica accusa, quale la sussistenza di un giustificato motivo per avere il ricorrente adibito l’auto, di fatto, a propria abitazione. Questa affermazione è infondata, perché il giudice, alle pagine da 3 a 5 della sentenza, ha riferito la versione fornita dall’imputato per giustificare la presenza, nel veicolo, degli oggetti descritti nell’imputazione, e l’ha valutata approfonditamente, escludendone la fondatezza con motivazione logica e coerente con le prove raccolte.
La richiesta di sostituire a tale motivazione, esente da vizi, una diversa valutazione, non è prospettabile nel giudizio di legittimità, in quanto esula dai poteri della Cassazione, nell’ambito del controllo della motivazione del
provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, essendo tale attività riservata al giudice di merito, e potendo il giudizio di legittimità riguardare solo la verifica dell’íter argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (vedi Sez. 6, n. 1354 del 14/04/1998, Ftv. 210658).
3. Anche il terzo motivo di ricorso è infondato.
Il ricorrente lamenta l’eccessività della pena, in quanto irrogata in misura superiore al minimo edittale, mentre il giudice ha applicato il minimo edittale previsto per la fattispecie ritenuta, cioè la violazione dell’art. 4, comma 3, legge n. 110/1975, riducendola ·di un terzo per la concessione delle attenuanti generiche. Il vizio lamentato è, perciò, del tutto insussistente.
4. E’ fondato, invece, il secondo motivo di ricorso.
Dalla sentenza stessa risulta che il difensore, nelle sue conclusioni, aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato ai sensi dell’art. 131-bis cod.pen. Tale richiesta imponeva una decisione da parte del giudice, trattandosi di uno specifico punto affrontato dall’imputato.
Il giudice non ha concesso l’assoluzione così richiesta, ma non ha motivato in alcun modo la sua decisione, né è possibile, dal complesso della motivazione, dedurre che l’abbia valutata implicitamente non concedibile. La motivazione implicita è consentita anche in ordine alla omessa concessione dell’assoluzione per la particolare tenuità del fatto, in quanto «La richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità» (Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, Rv. 282097).
Nella presente sentenza, però, non vi sono elementi da cui dedurre che il giudice abbia ritenuto grave, o comunque non particolarmente tenue, il fatto commesso, avendolo egli qualificato come “di lieve entità”, ai sensi dell’art. 4, comma 3, legge n. 110/1975, ed avendo altresì concesso le attenuanti generiche, sia pure giustificandole solo con la corretta condotta processuale del ricorrente. E’ stato stabilito, dalla giurisprudenza di legittimità, che non vi incompatibilità tra il riconoscimento della fattispecie della “lieve entità”, nel porto ingiustificato di un oggetto atto ad offendere, e l’esclusione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod.pen. (vedi Sez. 1, n. 41261 del 07/03/2017, Rv. 271262), stante la diversa portata di quest’ultimo istituto, e
non vi è contraddizione neppure tra il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e il riconoscimento delle attenuanti generiche (vedi Sez. 5, n. 17246 del 19/02/2020, Rv. 279112). La mancata concessione dell’assoluzione, però, avrebbe dovuto essere specificamente motivata, sia per la sussistenza di una specifica richiesta dell’imputato, sia per escludere ogni contraddittorietà nella valutazione della gravità del fatto.
La sentenza impugnata deve perciò essere annullata sul punto, con rinvio per un nuovo giudizio.
5. Anche il quarto motivo di ricorso è fondato.
Il giudice ha negato la sospensione condizionale della pena riferendo una ostatività alla concessione del beneficio, alla luce delle risultanze del certificato penale del ricorrente. Questi sostiene che non sia stata verificata la concedibilità del beneficio ai sensi dell’art. 164, ultimo comrna, cod.pen., ed in effetti la motivazione fa riferimento in modo generico ad una ostatività, che potrebbe derivare sia dal numero delle condanne riportate, sia dal numero di concessioni della sospensione condizionale già ottenute, sia dall’entità della pena già in precedenza dichiarata sospesa.
Il certificato in atti, però, non evidenzia una assoluta ostatività, perché il ricorrente risulta avere riportato una sola condanna, a pena non condizionalmente sospesa, e due precedenti condanne a pena sospesa, ma relative a fattispecie successivamente depenalizzate. Deve, quindi, applicarsi il principio, secondo cui «Il divieto di applicazione della sospensione condizionale della pena per più di due volte non ricorre nel caso in cui l’imputato abbia in precedenza riportato due condanne a pena sospesa per reato depenalizzato da una legge successiva, giacché tra gli effetti penali della condanna destinati a cessare in caso di “abolitio criminis” va ric:ompreso anche quello che pone un limite alla reiterazione del detto beneficio» (Sez. 5, n. 44281 del 01/07/2005, Rv. 232621; vedi anche Sez. U., n. 4687 del 20/12/2005, Catanzaro, Rv. 232610).
Il giudice deve, pertanto, prendere atto della non assoluta ostatività delle condanne già riportate dal ricorrente, e valutare se la loro presenza consenta o meno di formulare il giudizio prognostico favorevole, necessario per la concessione del beneficio in questione.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere pertanto accolto, limitatamente ai due motivi di ricorso indicati, con rinvio al Tribunale di Enna, in diversa persona fisica, per un nuovo giudizio su tali punti,
da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. e al diniego della sospensione condizionale della pena con rinvio per nuovo giudizio su detti punti al Tribunale di Enna in persona di diverso magistrato.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 21 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente