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Sequestro probatorio nullo: quando non c’è restituzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di sequestro probatorio nullo per vizio di motivazione, i beni non devono essere restituiti se sono ‘oggettivamente criminosi’ e soggetti a confisca obbligatoria. La sentenza chiarisce che l’illiceità intrinseca del bene, come nel caso di merce contraffatta, prevale sul vizio procedurale del provvedimento di sequestro, giustificando il mantenimento del vincolo reale in base all’art. 324, comma 7, c.p.p.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio Nullo: Quando i Beni Non Vengono Restituiti? L’Analisi della Cassazione

Un decreto di sequestro probatorio nullo non comporta sempre la restituzione dei beni. Questa è la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione con una recente sentenza, la quale chiarisce i limiti del divieto di restituzione per le cose ‘oggettivamente criminose’. Analizziamo insieme questo importante principio, che bilancia i vizi procedurali con la necessità di impedire la circolazione di beni illeciti.

I Fatti di Causa: Un Sequestro Annullato ma non Revocato

Il caso ha origine da un provvedimento del Tribunale del Riesame di Palermo. Quest’ultimo, esaminando un ricorso, aveva dichiarato la nullità di un decreto di sequestro probatorio per un difetto fondamentale: l’assenza di motivazione riguardo alle finalità probatorie perseguite.

Nonostante questa declaratoria di nullità, il Tribunale aveva sorprendentemente disposto il mantenimento del vincolo sui beni sequestrati. La ragione? La natura ‘verosimilmente contraffatta’ dei beni, la cui fabbricazione costituisce di per sé un reato. In pratica, il Tribunale ha ritenuto che l’illiceità intrinseca dei beni giustificasse il loro mantenimento in sequestro, a prescindere dal vizio formale del decreto.

Il Ricorso dell’Indagata e il Principio in Discussione

L’indagata, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo una tesi apparentemente logica: una volta dichiarata la nullità del sequestro, i beni avrebbero dovuto essere immediatamente restituiti. Secondo la difesa, il Tribunale del Riesame non avrebbe potuto mantenere il vincolo basandosi sulla potenziale confiscabilità dei beni (ex art. 240, comma 2, c.p.) in assenza di una sentenza di condanna. Il punto centrale era stabilire se un vizio procedurale dovesse prevalere sulla natura illecita dei beni.

Le Motivazioni della Suprema Corte sul Sequestro Probatorio Nullo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la decisione del Tribunale del Riesame giuridicamente corretta. Il fulcro della motivazione risiede nell’interpretazione dell’art. 324, comma 7, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che la revoca del sequestro non può essere disposta per le cose soggette a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240, comma 2, del codice penale.

La Corte ha richiamato un fondamentale principio espresso dalle Sezioni Unite (sent. n. 40847/2019): il divieto di restituzione opera non solo per il sequestro preventivo, ma anche in caso di annullamento di un sequestro probatorio.

Il ragionamento è il seguente: quando i beni sono ‘oggettivamente criminosi’ – ovvero cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato (come la merce contraffatta) – la loro intrinseca illiceità impone di impedirne la restituzione. In questi casi, l’annullamento del provvedimento di sequestro per un vizio di motivazione diventa irrilevante. Il giudizio del riesame si sposta dalla verifica della legittimità del decreto alla verifica della natura intrinsecamente illecita del bene stesso. Solo la confisca di beni oggettivamente criminosi, infatti, può avvenire anche senza una sentenza di condanna.

Nel caso di specie, l’indagata era accusata di reati legati alla contraffazione (artt. 474 e 648 c.p.) e il Tribunale aveva accertato, con un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, la falsità dei marchi sui beni sequestrati. Pertanto, tali beni rientravano a pieno titolo nella categoria di cose la cui fabbricazione costituisce reato e per le quali vige il divieto di restituzione.

Conclusioni: L’Illeceità Intrinseca del Bene Prevale sul Vizio Procedurale

La sentenza in esame ribadisce un principio di notevole importanza pratica: la nullità di un provvedimento di sequestro probatorio non garantisce automaticamente la restituzione dei beni all’avente diritto. Se i beni sono intrinsecamente illeciti e soggetti a confisca obbligatoria, come nel caso di prodotti contraffatti, armi illegali o sostanze stupefacenti, il vincolo reale è destinato a permanere. La finalità è quella di evitare che oggetti pericolosi o illeciti tornino in circolazione. La tutela della collettività e l’esigenza di prevenire la commissione di ulteriori reati prevalgono, in queste specifiche ipotesi, sul vizio procedurale che ha inficiato l’originario atto di sequestro.

Cosa succede se un decreto di sequestro probatorio viene dichiarato nullo per vizio di motivazione?
Di norma, la nullità del decreto dovrebbe portare alla revoca del sequestro e alla restituzione dei beni. Tuttavia, la sentenza chiarisce che ciò non avviene se i beni sono soggetti a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240, comma 2, c.p.

Perché i beni non vengono restituiti anche se il sequestro è nullo?
Perché l’art. 324, comma 7, c.p.p. vieta la restituzione di ‘cose oggettivamente criminose’, cioè beni la cui fabbricazione, detenzione o uso costituisce di per sé reato (es. merce contraffatta). In questi casi, l’illiceità intrinseca del bene prevale sul vizio procedurale del decreto di sequestro.

Qual è il ruolo del Tribunale del Riesame in questi casi?
Anche se accerta la nullità del decreto di sequestro, il Tribunale del Riesame deve comunque verificare se i beni sequestrati rientrano tra quelli per cui è prevista la confisca obbligatoria. Se la risposta è affermativa, il Tribunale deve disporre il mantenimento del vincolo reale, impedendone la restituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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