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Sequestro probatorio: limiti e motivazione del PM

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1240/2025, ha parzialmente annullato un’ordinanza che confermava un sequestro probatorio in materia di reati tributari. La Corte ha stabilito che il sequestro è illegittimo per i documenti non direttamente collegati ai capi d’imputazione se il decreto del Pubblico Ministero manca di una motivazione specifica e si limita a una formula generica come “ritenuto fondamentale acquisire”. Il Tribunale del riesame non può sanare tale vizio, integrando di propria iniziativa la motivazione mancante.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio: la Cassazione fissa i paletti sulla motivazione del PM

Il sequestro probatorio è uno degli strumenti investigativi più incisivi a disposizione del Pubblico Ministero, ma il suo utilizzo non può essere indiscriminato. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 1240/2025, è tornata a ribadire un principio fondamentale: ogni sequestro deve essere sorretto da una motivazione concreta e specifica, pena la sua illegittimità. Una semplice formula di stile non è sufficiente a giustificare l’apprensione di documenti, specialmente quando si estende oltre l’oggetto diretto dell’indagine.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine per reati tributari a carico degli amministratori di una società consortile e delle società consorziate. Il Pubblico Ministero, nell’ambito di tale procedimento, emetteva un decreto di sequestro probatorio molto ampio. Oltre ad acquisire le fatture intercorse tra la società consortile e le consorziate (direttamente attinenti ai capi d’imputazione), il PM disponeva il sequestro di tutte le altre fatture emesse e annotate dalla società consortile in un arco temporale di quattro anni, incluse quelle verso i propri clienti, estranei all’indagine.

La difesa della legale rappresentante della società consortile impugnava il provvedimento davanti al Tribunale del riesame, lamentando la violazione dei principi di proporzionalità e pertinenzialità. In particolare, si contestava la carenza di motivazione per l’acquisizione di una mole di documenti non direttamente collegati alle ipotesi di reato, giustificata dal PM con la laconica frase “ritenuto che sia fondamentale acquisire l’originale”. Il Tribunale del riesame, tuttavia, confermava il sequestro, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, tracciando una netta linea di demarcazione. I giudici hanno ritenuto legittimo il sequestro limitatamente alle fatture scambiate tra la società consortile e le consorziate, in quanto direttamente collegate ai reati contestati e sorrette da una motivazione adeguata (la necessità di accertare le prestazioni e la loro corrispondenza).

Di contro, la Corte ha annullato l’ordinanza per tutta la restante documentazione. La Cassazione ha bollato come “meramente apparente” e “priva di contenuto effettivo” la motivazione addotta dal PM per il sequestro delle altre fatture. La generica affermazione sulla “fondamentalità” dell’acquisizione non soddisfa l’obbligo di legge, che impone di specificare il nesso tra i beni sequestrati e l’esigenza probatoria perseguita.

Le motivazioni e i limiti del sequestro probatorio

Il fulcro della decisione risiede nell’analisi dei poteri del PM e del successivo controllo del giudice del riesame. La Cassazione ha ribadito due principi cardine:

1. Obbligo di Motivazione Specifica: Il decreto di sequestro probatorio deve spiegare, a pena di nullità, perché i beni sono considerati corpo del reato o cose pertinenti e quale sia la finalità probatoria concreta. Non basta indicare la norma violata o usare formule generiche. La motivazione deve essere modulata in base al fatto ipotizzato e alla natura dei beni da sequestrare.

2. Divieto di Integrazione da parte del Riesame: Il Tribunale del riesame, nel controllare la legittimità del sequestro, non può sopperire alla carenza di motivazione del decreto del PM. Se il PM non spiega perché un documento è necessario, il Tribunale non può “immaginare” o creare a posteriori una giustificazione. Questo potere appartiene esclusivamente al titolare delle indagini. Nel caso di specie, il Tribunale aveva tentato di giustificare il sequestro allargato ipotizzando la necessità di “ricostruire l’intero flusso delle prestazioni”, una motivazione del tutto assente nel provvedimento originario e, pertanto, illegittima.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito a tutela dei diritti dei cittadini e delle imprese sottoposte a indagine. Si conferma che il sequestro probatorio non può trasformarsi in una “pesca a strascico” indiscriminata alla ricerca di prove. Il Pubblico Ministero ha l’onere di calibrare attentamente il perimetro dell’atto ablativo e di fornire una giustificazione puntuale per ogni categoria di beni appresi. Per la difesa, questa pronuncia rafforza gli strumenti per opporsi a sequestri eccessivamente ampi e privi di un’adeguata base motivazionale, ribadendo che il controllo di legalità del Tribunale del riesame deve essere rigoroso e non può mai sostituirsi alle prerogative dell’organo inquirente.

Può il Pubblico Ministero disporre un sequestro probatorio di tutti i documenti di un’azienda senza una motivazione specifica per ogni categoria di documenti?
No. Secondo la Corte, il decreto di sequestro deve contenere una motivazione specifica che spieghi la relazione tra ciascuna categoria di beni sequestrati e l’ipotesi di reato, nonché la finalità probatoria perseguita. Una motivazione generica e onnicomprensiva è illegittima.

Cosa si intende per motivazione “apparente” in un decreto di sequestro probatorio?
Per motivazione apparente si intende una formula di stile, priva di contenuto effettivo, che non fornisce alcuna reale spiegazione del nesso tra i beni sequestrati e le esigenze investigative. La frase “ritenuto che sia fondamentale acquisire l’originale”, usata nel caso di specie, è un chiaro esempio di motivazione apparente e quindi insufficiente.

Il Tribunale del riesame può integrare o correggere una motivazione mancante o insufficiente nel decreto di sequestro del PM?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il Tribunale del riesame non può sanare un vizio di motivazione del decreto del PM, individuando di propria iniziativa le finalità del sequestro. Si tratta di una prerogativa esclusiva del Pubblico Ministero, e un intervento integrativo del Tribunale violerebbe tale principio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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