Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37179 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37179 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 21/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza dell’11/06/2025 del Tribunale di Roma; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11 giugno 2025, il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame proposta dal ricorrente avverso il decreto del 16/05/2025 con il quale il Pubblico ministero presso il Tribunale di Roma ha convalidato il sequestro probatorio eseguito di iniziativa il 14/05/2025 avente ad oggetto un abuso edilizio consistito in ampliamenti di un immobile principale in Fiumicino.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, propone ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 354 cod. proc. pen.
Premette il ricorrente che il ricorso ha ad oggetto uno solo degli abusi sottoposti a sequestro, vale a dire quello – completamente ultimato – riguardante l’ampliamento in muratura al quale si accede dal soggiorno tramite porta finestra, scendendo tre gradini, dotato di porte-finestre scorrevoli e lucernaio fisso, pavimentato, intonacato e dotato di impianti elettrici.
Lamenta il ricorrente come il Tribunale abbia ritenuto che l’ultimazione dell’opera rilevi solo ai fini del sequestro preventivo e non del sequestro probatorio che impone il mantenimento del vincolo in funzione degli eventuali accertamenti tecnici espletandi, senza considerare che l’assunto vale esclusivamente con riferimento ai manufatti non ultimati, mentre, quando il manufatto Ł ultimato, come nel caso di specie, la fissazione dei dati essenziali, in sede di sopralluogo, Ł sufficiente alla individuazione dell’ipotesi delittuosa e a fornire il supporto probatorio adeguato, e senza motivare adeguatamente come la mancata apposizione del vincolo in un’opera ultimata, e quindi non suscettibile di variazioni edilizie, avrebbe ostacolato l’attività di elaborazione e raccolta del materiale probatorio.
E’ pervenuta memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia del ricorrente, con la quale si deduce, documentandola, l’avvenuta emissione dell’avviso di
conclusione delle indagini preliminari, sulle cui basi Ł stata presentata istanza di revoca del sequestro probatorio al Giudice per le indagini preliminari, per il tramite del Procuratore della repubblica, da parte della coindagata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio, Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656; Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'” iter ” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893).
Per motivazione assente deve intendersi quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129; Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, n.m.) o che Ł graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Rv. 252898). La motivazione apparente, invece, Ł solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si Ł fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Sempre in premessa, occorre ricordare che la pronuncia delle Sezioni Unite n. 36072 del 19/04/2018, Rv. 273548, ha avuto modo di precisare, sull’onere motivazionale in materia di sequestro probatorio, che il decreto di sequestro probatorio, così come il decreto di convalida, anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti. ¨ stato infatti sottolineato che la motivazione del provvedimento deve essere funzionale a garantire che le esigenze di accertamento del fatto non possano essere perseguite in altro modo, non limitativo del diritto di disporre del bene ed eventualmente idoneo financo ad esonerare dalla necessità di procedere al sequestro, con la precisazione che Ł impossibile stabilire in astratto il grado o il “quantum” del compendio argomentativo del provvedimento idoneo a far ritenere adempiuto un siffatto obbligo, dovendosi solo ricordare come il legislatore abbia stabilire come idonea a integrare il requisito in esame una “concisa” esposizione dei motivi.
Tanto premesso, il ricorso Ł manifestamente infondato, dovendo ritenersi che, nel caso di specie, non sia configurabile nØ una violazione di legge, nØ un’apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del riesame adeguatamente illustrato le ragioni poste a
fondamento della decisione di inammissibilità del giudizio di riesame.
Ed invero il Tribunale, prendendo le mosse dal rapporto di reciproca complementarità tra il provvedimento di sequestro e l’ordinanza che decide sull’istanza di riesame e condivisa la motivazione del provvedimento impugnato, ha affermato che l’ultimazione delle opere rileva unicamente in relazione al sequestro preventivo c.d. impeditivo, senza assumere rilievo in tema di sequestro probatorio, laddove l’esigenza Ł quella di raccogliere gli elementi necessari per l’accertamento del reato e l’individuazione dei responsabili, anche con riferimento al tempus commissi delicti.
Il Tribunale ha poi ritenuto sussistenti, ed anche adeguatamente indicate dal Pubblico ministero, le esigenze probatorie, consistenti nella necessità di effettuare rilievi planimetrici ed eventualmente accertamenti tecnici finalizzati ad accertare la natura dell’abuso, la difformità tra lo stato ante operam e quello post operam e l’epoca di realizzazione dei lavori, sottolineando la necessità, a tali fini, di mantenere lo stato di fatto esistente, non essendo sufficienti i rilievi sino ad oggi effettuati.
La motivazione posta a fondamento del decreto di convalida del sequestro probatorio Ł stata ragionevolmente ritenuta esauriente dal Tribunale del riesame, che ha sottolineato con motivazione congrua in linea di fatto e perciò insindacabile in sede di legittimità, la sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita mediante il sequestro (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278542; nello stesso senso, piø di recente, Sez. 6, n. 21250 del 09/04/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. NUMERO_DOCUMENTO del 04/03/2025, COGNOME, non mass.), segnatamente la circostanza che i rilievi descrittivi e fotografici effettuati dagli organi di polizia giudiziaria non esaurissero le esigenze probatorie rimarcate dal P.M. che andavano oltre la mera finalità descrittiva degli interventi eseguiti, rendendosi necessario il mantenimento del vincolo al fine di acquisire rilievi planimetrici ulteriori ed accertare l’epoca di ultimazione dell’abuso, effettuando confronti con la situazione ante operam e procedendo, se del caso, ad accertamento tecnico.
NØ osta l’avvenuta e documentata emissione dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., dovendo rilevarsi in proposito come l’emissione dell’avviso di conclusione indagini non costituisca elemento che dimostri di per sØ il venir meno delle esigenze probatorie, sempre che non sia scaduto il termine per la conclusione delle indagini, condizione quest’ultima che non ha costituito oggetto di rilievo da parte del ricorrente (cfr. Sez. 4, n. 4913 del 15/01/2020, Rv. 278434; Sez. 3, n. 35311 del 08/06/2011, Rv. 250858; nello stesso senso, Sez. 2, n. 21810 del 25/01/2021, COGNOME, non mass.).
Alla luce dei pertinenti rilievi contenuti nell’ordinanza impugnata e, prima ancora, nel decreto di convalida del Pubblico ministero, non vi Ł dunque spazio per l’accoglimento delle censure difensive, che invero evocano profili di illogicità e di contraddittorietà della motivazione che, come detto, esulano dal perimetro valutativo del giudizio di legittimità, limitato come sopra ricordato ai soli profili di violazione di legge.
Ciò posto, tenuto conto dei limiti del controllo esercitabile in questa sede sulla motivazione del provvedimento impugnato, non appare censurabile la conclusione cui Ł giunto il Tribunale, la cui motivazione oggettivamente esistente e tutt’altro che apparente esclude il vizio di violazione di legge eccepibile in questa sede.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di
tremila euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 21/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME