Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28059 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28059 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MOLA DI BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/01/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria del difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto: in via preliminare l’accoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e l’annullamento del sequestro; in diritto l’annullamento con o senza rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1.1 Avverso l’ordinanza ricorre per Cassazione il difensore di COGNOME NOME, rilevando che era stata sollevata l’eccezione preliminare di nullità per omessa notifica dell’avviso di udienza e conseguente inefficacia del sequestro probatorio e preventivo, e l’invalidità della notifica ex art. 161 comma 4 cod. proc. pen.: invero la notifica alla ricorrente era stata effettuata ai difensori ai sensi dell 161 comma 4 cod. proc. pen. sulla scorta di una pretesa irreperibilità dell’indagata presso il domicilio dichiarato; a prescindere dal fatto che solo venti giorni prima la Guardia di RAGIONE_SOCIALE avesse rinvenuto la ricorrente presso il domicilio dichiarato, eseguendo così le notifiche dei sequestri, il difensore osserva che dal 30 dicembre 2022 l’articolo 161 comma 4 cod. proc. pen. era stato abrogato, statuendo che ogni notifica dovesse essere effettuata ai sensi dell’art. 157 -ter cod. proc. pen.; il vigente art. 161 comma 4 cod. proc. pen. prevedeva che solo se la dichiarazione o elezione di domicilio manca, è
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insufficiente o inidonea le notifiche vengono effettuate mediante consegna al difensore e nel caso di specie nessuna di queste ipotesi si era verificata, stante la precedente notifica.
Il difensore rileva inoltre che con comunicazione del 30 gennaio 2023 aveva dichiarato di rifiutare le notifiche; trattandosi di impugnazione, avrebbe dovuto applicarsi l’art. 157-ter cod. proc. pen. con notifica al domicilio dichiarato, non potendo essere in nessun caso effettuata al difensore, ma dovendo semmai seguire l’unica disposizione applicabile al caso de quo, ossia il deposito presso la casa comunale (ex art. 157 cod. proc. pen.)
1.2 Il difensore eccepisce la violazione degli artt. 404 e 407 c:od. proc. pen. per inutilizzabilità degli atti di indagine successivi alle illegittime e/o invalide proroghe ex art. 406 cod. proc. pen. ; il tribunale aveva erroneamente ritenuto la ricorrente terza anziché indagata e non risultavano trasmesse le iscrizioni degli indagati nel S.I.C.P., in mancanza delle quali non era consentito capire l’esatta data della iscrizione nel registro mod.21 dell’indagata; inoltre, risultava l’acquisizione di un fascicolo di un precedente procedimento che aveva come indagati la COGNOME e COGNOME per gli stessi reati e fatti storici, per cui vi era chiedersi se la successiva denuncia della onnipresente NOME COGNOME non fosse stata effettuata per aggirare la scadenza dei termini del precedente procedimento, risoltosi con archiviazione; per quanto poi riguardava le proroghe, si doveva rilevare la loro totale illegittimità in quanto la prima proroga era stata notificata con deposito presso la casa comunale alla COGNOME, mentre non risultava notificata all’altro indagato COGNOME, né ad un difensore di fiducia; la seconda proroga del 20 maggio 2022 non risultava notificata né alla COGNOME, né a COGNOME, né ad alcun difensore ed il giudice per le indagini preliminari aveva autorizzato la seconda proroga “per giusta causa” anziché per l’oggettiva impossibilità di concludere le indagini, come aveva richiesto il Pubblico ministero. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.3 II difensore eccepisce la violazione (dell’art. 649 cod. proc. pen. e l’improcedibilità per ne bis in idem con i procedimenti n. 48273/2019 R.G.N.R. Mod.21 e n. 11159/2019 R.G.N.R. Mod.21, che risultavano del tutto identici quanto a fatti storici, persone indagate ed addirittura reati in contestazione formale, tanto che nel secondo dei procedimenti indicati la COGNOME aveva già subito il sequestro del conto titoli quale terza interessata.
1.4 Il difensore lamenta la violazione dell’art. 27 cod. proc. pen., visto che dopo la trasmissione degli atti al giudice competente non poteva mantenersi il vincolo cautelare interinale come per le misure personali, dove è proprio il requisito dell’urgenza che impone il mantenimento provvisorio della misura cautelare; pertanto, il tribunale avrebbe dovuto ordinare l’immediata restituzione delle res
sottoposte a sequestro, spettando poi al giudice competente la decisione sulla reiterazione della misura cautelare reale.
1.5 II difensore rileva una discrasia nel capo di imputazione, evidente rimaneggiamento di quello del procedimento n. 11159/2019 R.G.N.R. Mod.21 archiviato nei confronti della COGNOME, che avrebbe ricevuto somme di denaro provento dei reati di dichiarazioni fraudolente finalizzate all’evasione dell imposte sui redditi e sul valore aggiunto e di truffa commessi dal figlio COGNOME NOME; tale fatto era inquadrabile nel capo c) dell’imputazione, che però era stato escluso dal giudice per le indagini preliminari nel disporre il decreto di sequestro; l’archiviazione era stata disposta nei confronti della COGNOME perché non era stata acquisita prova che ingenti disponibilità della stessa derivassero da delitti tributari posti in essere dal figlio; rileva che il reato di riciclaggio di pr fiscali dichiarativi è configurabile a patto che la condotta tipica ex art. 648-bis cod. pen. sia commessa dopo la consumazione del reato fiscale, quindi dopo la presentazione della dichiarazione annuale, cui il risparmio d’imposta frutto del reato fiscale si riferisce.
Ciò premesso, il difensore osserva che la COGNOME era esclusiva titolare sia del conto corrente, sia del deposito titoli, senza alcuna delega a terzi, per cui nessuna gestione di COGNOME del conto della COGNOME sussisteva al momento del sequestro, né era mai esistita; nessuna indagine era stata effettuata sul patrimonio della COGNOME, più che sufficiente a giustificare gli importi sul conto non risultava quindi provata né la condotta tipica ex art. 648-bis cod. pen., né che la stessa fosse stata commessa dopo la consumazione del reato fiscale, quindi dopo la presentazione della dichiarazione annuale cui il risparmio di imposta del reato fiscale si riferiva.
In relazione al fumus del reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. ed alla sua applicabilità ai fatti dedotti nei capi di imputazione anteriori alla vigenza del disposizione incriminatrice, il difensore rileva la totale insussistenza anche dei reati presupposti, ascritti all’altro indagato, e di cui la Vlaglio sarebbe st consapevole: i fatti dedotti al capo a) ed anche in parte al capo b) di imputazione dovevano ritenersi fuori dalla applicabilità della disposizione incriminatrice perché antecedenti, con tutta evidenza, all’entrata in vigore della punibilità (6 april 2018), trattandosi di reato a consumazione istantanea; difettando i reati presupposti dei capi a) e b) di imputazione, si palesava illegittima anche in relazione all’altra indagata, COGNOME, essendo stati i reati di cui al capo c) g esclusi dal giudice per le indagini preliminari.
Non ci si poteva poi esimere- prosegue il difensore- dal rilevare che tutto il costrutto indiziario si fondava sulle totalmente inattendibili dichiarazioni denunce di NOME COGNOME, stalker seriale già rinviata a giudizio per i reati di c tr-
agli artt. 612-bis commi 1 e 2 cod. pen.’ 612-ter cod. pen. e 595 cod. pen., commessi ai danni di NOME, oltre ad essere stata destinataria di misure restrittive della libertà personale.
1.6 II difensore rileva l’estinzione dei reati tributari presupposti, visto COGNOME aveva risolto la situazione di debito tributario con la definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, e tanto comportava il venir meno delle ragioni del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente applicato alla terza, ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Deve preliminarmente rilevarsi che è stato mantenuto solo il sequestro impeditivo del capitale sociale della società RAGIONE_SOCIALE di proprietà della COGNOME con riguardo al capo b), rispetto al quale la ricorrente è soggetto terzo.
Ciò premesso, l’eccezione di cui al primo motivo di ricorso è manifestamente infondata; l’art. 161 comma 4, nella sua attuale formulazione, prevede che “Nei casi previsti dai commi 1 e 3, se la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.”
Il Tribunale ha correttamente ritenuto che nel caso in esame si fosse in un caso di domicilio inidoneo, posto che i carabinieri avevano tentato la notifica in diversi orari serali ed avevano interpellato alcuni condomini, i quali avevano riferito di non vedere da tempo la ricorrente; avevano inoltre tentato di contattare telefonicamente la ricorrente la mattina successiva al numero da lei indicato nella dichiarazione di domicilio, senza ottenere alcuna risposta; pertanto, la notifica veniva effettuata al difensore ai sensi dell’art. 161 comma 4 cod. proc. pen. a mezzo pec; irrilevante è ia dichiarazione ch rifiuto della notifica successiva alla notifica stessa, mentre non è stata prodotta, né viene indicato dove si possa trovare, la comunicazione del 30 gennaio 2023 di rifiuto della notifica.
1.2 All’evidenza, infondato è anche il secondo motivo di ricorso; in base a quanto affermato nell’ordinanza impugnata’ la COGNOME non è indagata per il reato per il quale è stato disposto il sequestro (art. 512-bis cod. proc. pen.; pag.10: “i reato di cui al capo b è contestato a NOME COGNOME“), e di ciò dà atto anche la ricorrente, visto che a pag.25 contesta la insussistenza del reato di cui all’art.
512-bis cod. pen., ascritto “all’altro indagato”; pertanto, cc>rrettamente è stato rilevato che tutte le eccezioni relative alle disposte proroghe sono inammissibili, vista la qualifica di terza della COGNOME e considerato che “in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà de beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione, ma non è legittimato a contestare i presupposti per l’applicazione della misura, quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso, che solo il proposto può avere interesse a far valere” (Sez. 6, n. 5094 del 09/01/2024, Grizzaffi, Rv. 286058); le eccezioni di incompetenza ben potevano essere proposte, visto che la COGNOME era indagata per il reato di riciclaggio, ma non quella relative all inutilizzabilità di atti, peraltro nemmeno indicati in maniera specifica, irregolarità nelle iscrizioni.
Quanto alla eccezione di ne bis in idem, come rilevato dal Procuratore generale nella requisitoria scritta, il Tribunale ha evidenziato come non risultassero precedenti procedimenti, né iscrizioni per il reato di cui all’art. 51 bis cod. pen., e come in relazione alla richiesta di archiviazione fossero state disposte dal GIP nuove indagini (con successiva richiesta di rinvio a giudizio per il reato di cui all’art. 11 d.lgs. 74/2000 nei confronti di altro indagato); perta il ricorso non appare confrontarsi con gli elementi indicati nell’ordinanza impugnata e non considera che il divieto di “bis in idem” richiede non solo l’identità del fatto, ma anche l’identità degli elementi posti e valutati a sostegn o a confutazione della misura.
Per quanto riguarda l’eccezione secondo la quale il tribunale “avrebbe dovuto ordinare l’immediata restituzione delle res sottoposte a sequestro spettando poi al giudice competente la decisione sulla reiterazione della misura cautelare reale”, si deve ribadire che “in tema di misure cautelari reali, il giudic che si dichiara territorialmente incompetente può contestualmente disporre il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., senza essere tenuto, a differenza di quanto previsto dall’art. 291, comma 2, cocl. proc. pen. per le misure cautelari personali, a valutare la sussistenza del requisito dell’urgenza” (Sez. 5 n. 54016 del 30/10/2017, PM in proc. COGNOME e altri, Rv. 271886)
Nella motivazione della citata sentenza viene efficacemente argomentato che non può che rilevare il significato letterale dell’art. 27 citato, che riguar tutte le tipologie di misure cautelari, sia personali che reali, e prevede meccanismo dell’efficacia differita del provvedimento tanto nel caso di contestuale dichiarazione di incompetenza – pronunciata, cioè, da parte dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento – sia nel caso di successiva
dichiarazione di – qualora essa sia rilevata in sede di impugnazione…; la lettura operata dal ricorrente opera quindi un vero e proprio capovolgimento logico delle disposizioni richiamate, ossia degli artt. 27 e 291, comma secondo, cod. proc. pen., nel senso che detta ultimai norma sicuramente si applica alle sole misure cautelari personali, richiedendo al giudice procedente, che si ritenga incompetente, di adottare la misura solo nei casi in cui, oltre ai gravi indizi ed alle esigenze cautelari, ravvisi altresì esigenze di urgenza, applicandosi, quindi, il meccanismo dell’efficacia differita di cui all’art. 27 co proc. pen. Detta disposizione, quindi, disciplina il caso specifico, relativo alle sol misure cautelari personali, che consente al giudice che adotta la misura stessa e che riconosca, contestualmente, la propria incompetenza, di provvedere ugualmente nei soli casi di urgenza, evidentemente per la natura degli interessi in gioco, coinvolgenti la libertà personale. Quindi, solo ragioni di urgenza, oggetto di specifico onere motivazionale, in tal caso, giustificano, e sempre nel rispetto del procedimento di cui all’art. 27 cod. proc. pen., la deroga temporanea al principio del giudice naturale. Sul versante delle misure cautelari reali ciò tuttavia, non implica affatto che al giudice richiesto di emettere una misura cautelare reale, pur riconoscendosi incompetente, sia vietato di provvedere ugualmente, ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., quest’ultima essendo una disposizione a carattere generale che, come detto, si applica anche al giudice che procede in materia cautelare reale, e non solo al giudice dell’impugnazione, come ritiene la ricorrente.
L’interpretazione della norma da quest’ultima adottata, infatti, appare in stridente contrasto con il testo della disposizione normativa dell’art. 27 cod. proc. pen., che si riferisce alle “misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente”. Detta formulazione rende evidente che il giudice procedente, anche se si ritiene incompetente, potrà adottare la misura cautelare reale in presenza dei presupposti di cui all’art. 321 cod. proc. pen., senza che sia richiesta la valutazione delle condizioni di urgenza che, a norma dell’art. 291, comma secondo, cod. proc. pen., trova applicazione nella sola materia cautelare personale, per una specifica scelta del legislatore, evidentemente ricollegabile alla diversa natura degli interessi coinvolti.
Considerato quindi che si discute soltanto del sequestro operato relativo alla violazione dell’art. 512-bis cod. pen. (per il quale non è indagata la COGNOME), sono manifestamente infondate anche tutte le eccezioni relative al reato di cui all’art. 648-bis cod. pen. ed alla sussistenza o meno del reato presupposto
Quanto, comunque, alla sussistenza dei reati di cui agli artt. 648-bis e 512bis cod. pen., osserva questa Corte che in tema di ricorso per cassazione
proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod.proc.pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di le nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, gli “errores iudicando” o “in procedendo”, ma anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009′ COGNOME, Rv. 245093). Non può, invece, essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui all’art. 606 cod.proc.pen., lett. e) (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/200 P.C. COGNOME in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME SNOME, Rv. 224611); nel caso in esame, la ricorrente contesta gli elementi di fatto posti a base della decisione, per cui il motivo di ricorso è manifestamente infondato
Relativamente poi all’eccezione secondo la quale i fat:ti dedotti sarebbero antecedenti all’entrata in vigore della norma di cui all’art. 512-bis cod. pen. premesso che vi è una assoluta continuità tra le fattispecie di reato previste dall’art. 12-quinquies della legge 356/1992 e ora dall’art. 512-bis cod. pen., visto che non vi sono divergenze tra i due testi (tra le tante, Sez.3 n. 23097 del 08/05/2019, Capezzuto, Rv. 276199, in motivazione), il Tribunale ha comunque motivato sul punto a pag.13 dell’ordinanza impugnata.
2. COGNOME Il COGNOME ricorso deve, COGNOME pertanto, COGNOME essere dichiarato COGNOME inammissibile; l’inammissibilità dei motivi di ricorso proposti si estende, ai sensi dell’art. 5 comma 4 cod. proc. pen., ai motivi nuovi: infatti, si deve ribadire che “l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vinco connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione” (Sez.5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME Giacinto, Rv. 277850).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Dichiara inammissibile ii ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/04/2024