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Sequestro preventivo: quando è possibile un nuovo ordine?

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del principio del ‘ne bis in idem’ cautelare. Un nuovo sequestro preventivo è ammissibile dopo un annullamento per vizio formale, a patto che il Pubblico Ministero non persegua contemporaneamente anche l’impugnazione del primo provvedimento. La sentenza analizza anche i requisiti del ‘fumus commissi delicti’ in caso di somministrazione illecita di manodopera mascherata da appalto, e del ‘periculum in mora’, che deve basarsi su indici concreti di rischio di dispersione del patrimonio.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo: la Cassazione sui limiti del ‘ne bis in idem’ cautelare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20245 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla disciplina del sequestro preventivo, in particolare riguardo alla possibilità di emettere un nuovo provvedimento dopo un precedente annullamento. La pronuncia si sofferma sul delicato equilibrio tra le esigenze cautelari e il principio del ne bis in idem, fornendo criteri interpretativi cruciali per operatori del diritto e imprese coinvolte in procedimenti penali per reati tributari.

Il caso esaminato riguarda un complesso schema societario accusato di aver mascherato una somministrazione illecita di manodopera attraverso contratti di appalto fittizi, con conseguente utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

I Fatti di Causa: Un Complesso Schema Societario

L’indagine penale aveva portato all’emissione di un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Il sequestro era stato disposto sia in via diretta nei confronti di una società a responsabilità limitata, sia per equivalente nei confronti del suo amministratore.

Questo primo provvedimento, tuttavia, era stato annullato dal Tribunale del Riesame per un vizio di motivazione: mancava una specifica argomentazione sul periculum in mora, ovvero il concreto pericolo di dispersione dei beni. A seguito di tale annullamento, il Pubblico Ministero, anziché impugnare la decisione, aveva emesso un nuovo decreto di sequestro d’urgenza, successivamente convalidato dal Giudice, che sanava il vizio motivazionale. Contro questo secondo provvedimento, la società e l’amministratore proponevano ricorso per cassazione.

Le Questioni Giuridiche: il secondo sequestro preventivo e il ne bis in idem

I ricorrenti lamentavano principalmente tre violazioni di legge:
1. Violazione del principio del ne bis in idem: Sostenevano che il secondo decreto di sequestro fosse stato emesso mentre erano ancora pendenti i termini per impugnare l’annullamento del primo, creando una situazione di litispendenza vietata.
2. Mancanza del fumus commissi delicti: Contestavano la sussistenza del reato, affermando che le operazioni rientravano in un legittimo contratto di rete tra imprese, la cui validità era stata riconosciuta anche in sede civile.
3. Apparenza della motivazione sul periculum in mora: Ritenevano che il pericolo di dispersione fosse stato desunto in modo automatico dalla sola contestazione del reato, senza prove concrete.

Il ruolo della procura speciale nel ricorso

In via preliminare, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della società. La ragione risiede in un vizio formale: il difensore non era munito di una procura speciale per proporre ricorso per cassazione. La procura presentata era limitata al solo giudizio di riesame. Questo aspetto procedurale sottolinea l’importanza di conferire mandati specifici per ogni grado di giudizio, specialmente quando agisce un soggetto terzo interessato, come una società, la cui posizione è distinta da quella dell’indagato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’amministratore, ritenendo infondati tutti i motivi.

Sul principio del ne bis in idem, la Corte ha chiarito che la preclusione processuale scatta solo quando il Pubblico Ministero coltiva contemporaneamente due iniziative: l’impugnazione del provvedimento di annullamento e la richiesta di una nuova misura cautelare. Nel caso di specie, il PM aveva scelto di emettere un nuovo decreto, abbandonando di fatto la via dell’impugnazione. La valutazione, argomenta la Corte, va fatta ex post. Poiché il primo annullamento era avvenuto per un vizio puramente formale (carenza di motivazione sul periculum) e non di merito, era pienamente legittimo per l’accusa emendare il vizio e ripresentare la richiesta cautelare sulla base degli stessi elementi.

Quanto al fumus commissi delicti, la Corte ha giudicato la motivazione del Tribunale del Riesame adeguata e non apparente. I giudici di merito avevano correttamente ritenuto che il contratto di rete fosse stato utilizzato strumentalmente per mascherare un’illecita somministrazione di manodopera, integrando così il reato di utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. La divergenza tra la realtà fenomenica (fornitura di lavoro) e la sua rappresentazione documentale (contratto di appalto) è il cuore del delitto tributario contestato.

Infine, riguardo al periculum in mora, la Cassazione ha confermato la correttezza della motivazione del secondo provvedimento. Il pericolo non era presunto, ma fondato su indici concreti e specifici, in linea con gli insegnamenti delle Sezioni Unite (sent. ‘Ellade’). Tra questi, la notevole sproporzione tra l’ingente profitto del reato (oltre 2,6 milioni di euro) e il valore dei beni sequestrati (poche decine di migliaia di euro), lo stato di forte indebitamento della società e i comportamenti dell’amministratore successivi all’inizio delle verifiche fiscali, che lasciavano temere atti di depauperamento del patrimonio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un importante orientamento giurisprudenziale sul sequestro preventivo. In primo luogo, stabilisce che un annullamento per vizi formali non preclude l’emissione di un nuovo provvedimento cautelare, a condizione che l’accusa scelga una sola via processuale. In secondo luogo, ribadisce che la valutazione del fumus nei reati di frode fiscale deve andare oltre la forma giuridica degli accordi (come il contratto di rete) per indagare la sostanza economica delle operazioni. Infine, conferma che la motivazione sul periculum in mora deve essere ancorata a elementi fattuali concreti che dimostrino un rischio effettivo di dispersione patrimoniale, superando ogni forma di automatismo decisorio.

È possibile emettere un nuovo sequestro preventivo sugli stessi beni dopo che un primo provvedimento è stato annullato?
Sì, è possibile, a due condizioni: 1) l’annullamento deve essere avvenuto per un vizio meramente formale (es. difetto di motivazione) e non per un’insussistenza nel merito dei presupposti; 2) il Pubblico Ministero deve scegliere di emettere un nuovo provvedimento, rinunciando a impugnare la decisione di annullamento. La contemporanea pendenza delle due iniziative violerebbe il principio del ‘ne bis in idem’.

L’esistenza di un ‘contratto di rete’ esclude automaticamente la fittizietà di un appalto di servizi e quindi il reato tributario?
No. Secondo la Corte, il contratto di rete può essere utilizzato strumentalmente per eludere la normativa in materia di somministrazione di manodopera e tributaria. Se l’organizzazione dei lavoratori rimane in capo al committente e non all’appaltatore (anche se parte della rete), l’appalto può essere considerato fittizio, e le relative fatture si configurano come emesse per operazioni inesistenti, integrando il reato fiscale.

Come deve essere motivato il ‘periculum in mora’ in un sequestro preventivo finalizzato alla confisca?
La motivazione non può basarsi su una presunzione automatica derivante dalla gravità del reato. Deve fondarsi su indici concreti e specifici che dimostrino il rischio che i beni (profitto del reato) possano essere dispersi, modificati o alienati prima della confisca. Esempi di tali indici citati nella sentenza sono: la sproporzione tra il profitto del reato e il patrimonio aggredibile, lo stato di indebitamento della società e specifici atti dispositivi o comportamenti dell’indagato volti a depauperare il proprio patrimonio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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