Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46249 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46249 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 10/05/1997
avverso l’ordinanza del 02/05/2024 del Tribunale della libertà di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, da Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Depositata in Cancelleria
Oggi
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RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo, diretto e per equivalente, emesso dal G.i.p. del Tribunale di Catania avente ad oggetto la somma di 646.927,90 euro e di 292.555,81 euro, quale profitto, rispettivamente, dei reati ex artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, oggetto di provvisoria contestazione, nei confronti del ricorrente, ai capi 47), 48), 49) e 50), dopo che un precedente decreto era stato annullato dal Tribunale del riesame per mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora.
Avverso l’indicata ordinanza, l’indagato, per il ministero del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con un primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 2, 8, 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e 321 cod. proc. pen., nonché violazione del principio del ne bis in idem cautelare. Espone il difensore che la richiesta di un primo decreto era stata dichiarata inammissibile dal g.i.p. in quanto meramente riproduttiva dell’informativa di p.g.; era stato in seguito emesso un decreto di sequestro preventivo, che era stato annullato dal Tribunale del riesame per difetto di motivazione in ordine al periculum in mora; ad avviso del difensore, l’ordinanza di inammissibilità della richiesta e, poi, l’annullamento del decreto, precluderebbero l’emissione di un nuovo decreto fondato sul medesimo materiale investigativo, in assenza di motivi nuovi.
2.2. Con un secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 2, 8 d.lgs. n. 74 del 2000 e 3 cod. proc. pen. con riferimento al periculum in mora. Rappresenta il difensore che la motivazione’ dell’ordinanza genetica sarebbe apparente – e quindi mancante – con riferimento alla sussistenza del periculum in mora, laddove ha fatto esclusivo riferimento al fatto che i delitti in contestazione siano sta realizzati mediante accurati stratagemmi, condotte peraltro non riferibili al ricorrente; il Tribunale del riesame, pertanto, avrebbe dovuto annullare l’ordinanza e non procedere ad integrare la motivazione.
2.3. Con un terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 2, 8, 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e 321 cod. proc. pen. con riferimento alla sussistenza del fumus commissi delicti. Espone il difensore che gli stessi consulenti del pubblico ministero hanno dato atto di avere predisposto la consulenza sulla base di documentazione
probabilmente incompleta, anche considerando, con riferimento alla società RAGIONE_SOCIALE, che la stessa non aveva ancora proceduto alla trasmissione della dichiarazione ai fini i.v.a. per il periodo di imposta 2020 e, di conseguenza, non era possibile esprimere alcuna valutazione; con riguardo, invece, alla RAGIONE_SOCIALE, i consulenti evidenziano che la società era coinvolta in un anomalo giro di fatturazioni e pagamenti circolari, senza che peraltro nel prospetto riassuntivo a p. 141, compaia tale società. Inoltre, mentre nella prima richiesta si chiedeva il sequestro di una somma pari a 390.158 euro riguardante l’i.v.a. evasa, nella seconda, poi accolta, gli importi sono di molto superiori, senza che tale discrasia sia stata spiegata, e non comprendendosi le modalità di calcolo. Aggiunge il difensore che l’unica intercettazione relativa al Costantino non sarebbe affatto dimostrativa della sussistenza del dolo. In ogni caso, l’accordo per l’emissione di fatture false inizierebbe nel 2021, mentre il Tribunale ha ritenuto che tutte le fatture – anche quelle precedenti il 2021 – siano relative ad operazioni inesistenti.
2.4. Con un quarto motivo censura lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione in relazione agli artt. 2, 8, 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e 275 cod. proc. pen. in relazione al principio di adeguatezza e di proporzionalità. Come emerge a p. 10 dell’ordinanza, la stessa G.d.F. ha ritenuto di aver sottoposto a sequestro beni per un ammontare superiore a quello disposto in decreto, ciò che viola il principio di proporzionalità, specie quando, come nel caso in esame, il reato sia ascritto in concorso a più correi; in tal caso, il sequestro non può essere la misura della quota del profitto attribuibile a ciascun indagato e, quindi, con riferimento alle somme relative alle fatture numericamente indicate dalla G.d.F. nella c.n.r. e non a tutte quelle emesse tra i soggetti coinvolti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
2.1. Come affermato dalla Sezioni Unite in una decisione risalente ma ancora attuale, le ordinanze inoppugnabili e quelle impugnabili, qualora non siano state impugnate o si siano esauriti i diversi gradi di impugnazione, acquistano la caratteristica dell’irrevocabilità che, pur non essendo parificabile all’autorità di cosa giudicata, parimenti porta seco il limite negativo della preclusione, nel senso di non consentire il bis in idem, salvo che siano cambiate
le condizioni in base alle quali fu emessa la precedente decisione (Sez. U, n. 26 del 12/11/1993, dep. 27/01/1994, COGNOME, Rv. 195806). In motivazione, le SU chiarirono che “è giurisprudenza costante di questa Corte che l’istituto della preclusione sia operante anche nei procedimenti incidentali, perché altrimenti si consentirebbe, indipendentemente dalla sopravvenienza di fatti nuovi o preesistenti non conosciuti, allo stesso giudice di merito di esaminare le questioni di fatto e di diritto, già decise dal giudice a lui sovraordinato in sede d impugnazione o, comunque si darebbe adito ad una nuova ed eventualmente diversa valutazione di elementi già in precedenza presi in considerazione”.
La ratio dell’effetto preclusivo si coglie in ciò: impedire che, immutate le condizioni di fatto legittimanti l’applicabilità di una misura cautelare, vi sia un mera rivalutazione degli stessi elementi, dovendosi evitare, in assenza di un quid novi, che venga emessa una misura cautelare in precedenza negata o che venga revocata una misura cautelare in precedenza adottata; in assenza di elementi di novità, non è perciò consentito né al pubblico ministero di richiedere, attraverso una rivalutazione degli stessi elementi, una misura cautelare, né, per converso, all’indagato di ottenere la revoca di una misura precedentemente applicata.
Si è perciò coerentemente affermato che il principio del ne bis in idem impedisce la reiterazione della misura cautelare per lo stesso fatto solo quando la prima misura sia stata esclusa per motivi sostanziali, quali la assenza di indizi o di esigenze cautelari, e sempre che il quadro processuale sia rimasto inalterato (Sez. 4, n. 76 del 16/01/1996, COGNOME, Rv. 204425). Dal che logicamente deriva che è legittima l’emissione di una nuova misura cautelare, laddove il precedente annullamento sia intervento per ragioni meramente formali, ovvero, ove non sia ravvisabile tale situazione, se sono addotti elementi di novità rispetto al materiale probatorio precedentemente valutato.
2.2. Va peraltro evidenziato che il presupposto per l’operatività dell’istituto della preclusione processuale è che via stata una precedente valutazione di merito da parte del giudice in ordine alla insussistenza dei presupposti legittimanti la misura cautelare richiesta; solo in tal caso, ove tale richiesta si stata rigettata, il principio del ne bis in idem preclude, appunto, la reiterazione di una misura sulla base dei medesimi elementi di fatto in precedenza già valutati e ritenuti inidonei, appunto, per l’emissione della misura medesima.
Si è coerentemente affermato che la preclusione processuale determinata dal cosiddetto ‘giudicato cautelar& opera solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell’imputazione provvisoria, non conseguendo tale effetto, invece, alle decisioni che definiscano l’incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali (Sez. 6, n. 43123 del 27/10/2020, COGNOME e altri, Rv. 248804).
Allo stesso modo, si è precisato che, in tema di sequestro probatorio, preclude la reiterazione della misura, per lo stesso fatto e nei confronti della medesima persona, la circostanza che l’annullamento del provvedimento sia intervenuto in seguito alla valutazione del merito della contestazione da parte del tribunale del riesame, a meno che non vi siano emergenze nuove sul piano processuale, mentre il giudicato cautelare non si forma quando in sede di annullamento non sia stata espressa alcuna valutazione, anche solo incidentale o implicita, del merito probatorio contenuto negli atti del procedimento e cristallizzati in quella specifica fase processuale (Sez. 5, n. 4937 del 25/11/2021, dep. 10/02/2022, COGNOME, Rv. 282776).
2.3. Su queste basi, si è perciò affermato il principio, qui da ribadire, secondo cui In tema di misure cautelari reali, l’annullamento di un decreto di sequestro preventivo per totale assenza di motivazione in ordine al periculum in mora non osta all’emissione, nei confronti della medesima persona, di un nuovo vincolo avente ad oggetto lo stesso bene, posto che il giudicato cautelare non si forma nel caso in cui, in sede di annullamento, non sia stata espressa alcuna valutazione, pur se solo incidentale o implicita, circa i presupposti richiesti per l’emissione della misura (Sez. 3, n. 15125 del 28/03/2024, COGNOME, Rv. 286171).
2.4. Venendo alla vicenda in esame, da quanto si apprende dagli atti, il primo decreto era stato annullato dal Tribunale del riesame per totale assenza di motivazione in ordine al periculum, sicché, in relazione a tale aspetto, certamente non vi è stata alcuna valutazione di merito.
Di conseguenza, legittimamente il provvedimento impugnato è stato nuovamente emesso sulla base degli stessi elementi di fatto, ma, emendando il vizio che aveva condotto al precedente annullamento, ha fornito una motivazione adeguata, in ordine alla sussistenza del periculum, senza che ciò abbia comportato la violazione del principio di preclusione processuale, in quanto, in precedenza, al proposito non era stato operato alcun effettivo apprezzamento di merito.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Come costantemente predicato da questa Corte di legittimità, la motivazione apparente – e, dunque, inesistente – è ravvisabile soltanto quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, P.G. in c. Vassallo, Rv.
263100; Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, COGNOME, Rv. 247682; Sez. 6, n. 6839 del 01/03/1999, P.G. in c. COGNOME, Rv. 214308).
3.2. Nel caso di specie, come correttamente ritenuto dal Tribunale, la motivazione del decreto genetico, testualmente riportata a p. 2 dell’ordinanza impugnata, certamente non merita l’appellativo di “apparente”, nel senso dinanzi chiarito, in quanto essa ha argomentato la sussistenza del periculum in mora non mediante l’impiego di formule di stile o attraverso un percorso argomentativo oscuro, bensì facendo espresso riferimento a precisi elementi di fatto, accertati nel corso delle indagini, ossia alle modalità fraudolente delle condotte contestate in concorso e al conseguente pericolo che, mediante gli stessi stratagemmi, gli indagati potrebbero disperdere le garanzie del credito e creare le apparenze di un patrimonio depauperato.
Su queste basi, il Tribunale ha perciò legittimamente esercitato i poteri di integrazione della motivazione del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca in punto di periculum in mora, espressamente previsti dal combinato disposto di cui agli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. pen.
4. Il terzo motivo è inammissibile.
4.1. Preliminarmente, vanno richiamati gli stringenti limiti stabiliti dall’ar 325 cod. proc. pen., a tenore del quale il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti cautelari di natura reale è consentito unicamente per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
4.2. Ciò posto, in forza dei limiti dinanzi indicati, non può affermarsi che la motivazione resa dal provvedimento impugnato, quanto ai dati di fatto valorizzati e alle conclusioni da essi tratte, sia omessa o ovvero apparente, in quanto il Tribunale, ai fini della sussistenza del fumus commissi delicti, non ha utilizzato espressioni di stile o stereotipate, ma, sulla base degli atti di indagine – vale a dire gli accertamenti compiuti dalla G.d.F. con riferimento agli anni 2019-2021 (esposti a p. 3), ed il contenuto di alcune conversazioni telefoniche (riportate e commentate alle p. 4-8 dell’ordinanza impugnata), nelle quali gli indagati discutono dei dettagli delle false fatturazioni della società RAGIONE_SOCIALE
ha puntualmente ricostruito il giro delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, oggetto di provvisoria incolpazione.
5. Il quarto motivo è inammissibile.
Invero, va evidenziato che, con il riesame, come risulta dalla ricapitolazione dei motivi effettuata dal Tribunale e non oggetto di censura (cfr. p. 1), la difesa aveva eccepito la violazione del principio di proporzionalità e di adeguatezza in quando in sede di esecuzione del precedente sequestro poi annullato, la G.d.F. aveva dato atto che erano stati vincolati beni per un valore superiore al profitto confiscabile e che in sede di notifica del secondo sequestro erano rimasti vincolati gli stessi beni.
Così delimitato il perimetro della censura – ossia in relazione al devoluto – si osserva che, diversamente da questo ritenuto dal ricorrente, il Tribunale ha rilevato che, sulla base dei verbali di esecuzione del sequestro preventivo del 30 aprile 2024, non emerge quanto lamentato dal difensore in relazione alla permanente del vincolo sui beni mobili e immobili, nonostante l’annullamento del precedente sequestro. Il Tribunale, inoltre, ha correttamente rilevato che, ove, invece, taluni beni fossero ancora sottoposti a vincolo in relazione al primo sequestro – che non è oggetto del presente procedimento – la parte potrà chiederne la restituzione direttamente al pubblico ministero.
Essendo il ricorso inammissibile e ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 16/10/2024.