Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35362 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35362 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE CON SEDE IN INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE CON SEDE IN INDIRIZZO
avverso l’ordinanza del 19/12/2023 del Tribunale di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Trieste, con l’ordinanza impugnata in questa sede, ha accolto parzialmente l’istanza di riesame proposta da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Trieste in data 29/11/2023, con cui veniva disposto il sequestro preventivo di distinte somme di denaro (euro 156.625, oggetto di bonifici in favore della società RAGIONE_SOCIALE attraverso il socio unico NOME NOME; euro 45.800, rinvenuti in un locale nella disponibilità di entrambe le società ricorrenti), confermandolo limitatamente all’importo di euro 77.581, in relazione all’illecito amministrativo ex art. 25 octies d. Igs. 231/2001 per il quale è stata indagata la società RAGIONE_SOCIALE (con riguardo
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alle condotte di riciclaggio poste in essere dall’amministratrice unica e legale rappresentante NOME NOME, condotte realizzate a vantaggio della persona giuridica che aveva beneficiato della disponibilità delle somme di provenienza delittuosa per proseguire l’attività d’impresa, anche mediante l’adempimento di obbligazioni tributarie).
Hanno proposto ricorso, con unico atto e con comuni motivi, l’AVV_NOTAIO nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO, nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE, deducendo con il primo motivo la violazione di legge, per difetto di motivazione, sulla natura e consistenza del profitto che si assume costituire oggetto del sequestro finalizzato alla confisca; le somme che nel provvedimento vengono indicate come corrispondenti al profitto del reato di reimpiego, nella realtà rappresentavano esclusivamente la disponibilità finanziaria ottenuta dalla società RAGIONE_SOCIALE per adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dell’amministrazione finanziaria, peraltro con contestuale assunzione dell’obbligo di restituire le medesime somme a coloro che le avevano erogate; mancava, dunque, qualsivoglia profitto nell’operazione contestata come illecita, sia nei confronti della persona fisica che aveva operato, sia nei confronti della persona giuridica RAGIONE_SOCIALE, difettando alcun vantaggio patrimoniale o incremento monetario; era indimostrata la pertinenzialità delle somme sequestrate nel 2023 rispetto al denaro che si assume essere il profitto del reato presupposto commesso nell’anno 2021.
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, sempre sotto il profilo del difetto di motivazione, in ordine al requisito del pericolo nel ritardo.
Era del tutto carente, o al più apparente, la motivazione fondata sull’ipotesi della sottrazione di risorse realizzata in danno della società, rispetto a debiti garantiti personalmente dall’amministratrice; era stato dimostrato che il denaro ricevuto e ritenuto provento del reato presupposto era stato versato all’erario, mentre l’amministratrice ed i suoi familiari avevano assunto obbligazioni garantite con il patrimonio personale per adempiere integralmente i debiti tributari.
2.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all’art. 19, comma 2, d. Igs. 231/2001, 240 bis cod. pen., ancora per mancanza di motivazione, in relazione al presupposto del sequestro per equivalente, qualificazione attribuita alla misura dal Tribunale del riesame senza alcun supporto logico e giuridico (a fronte del disposto sequestro preventivo in via diretta emesso dal G.i.p.).
In data 9 aprile 2024 sono stati depositati motivi aggiunti che ripercorrono i medesimi argomenti posti a base dei motivi di ricorso.
I difensori hanno fatto pervenire dichiarazione di adesione all’astensione dalla partecipazione alle udienze proclamata dagli organismi di categoria per i giorni 10, 11 e 12 luglio 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente dato atto che alcuno dei difensori delle ricorrenti, pur avendo richiesto la trattazione del ricorso con le forme stabilite dall’art. 127 cod. proc. pen., è comparso all’odierna udienza; né può essere presa in considerazione la dichiarazione di adesione all’astensione collettiva degli avvocati proclamata dagli organismi di categoria, in quanto è stato più volte affermato che ai sensi dell’art. 4 del Codice di “RAGIONE_SOCIALEregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati” (adottato il 4 aprile 2007 e ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi essenziali con delibera del 13 dicembre 2007), l’astensione non può riguardare le udienze penali “afferenti misure cautelari”, tra cui sono compresi anche i provvedimenti cautelari reali, in quanto l’esigenza di cui all’art. 321 cod. proc. pen. condivide con quella personale la medesima finalità preventiva (Sez. 3, n. 38852 del 04/12/2017, dep. 2018, Lombardo, Rv. 273702 – 01; Sez. 2, n. 50339 del 03/12/2015, COGNOME, Rv. 265527 – 01; Sez. 6, n. 39871 del 12/07/2013, Notarianni, Rv. 256444 – 01).
Il ricorso proposto nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE, terza interessata, è inammissibile poiché proposto dal difensore (AVV_NOTAIO) per il quale non risulta in atti il rilascio della necessaria procura speciale (Sez. 3, n. 29858 del 01/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273505 – 01; Sez. 2, n. 6611 del 03/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258580 – 01; Sez. 3, n. 39077 del 21/03/2013, COGNOME, Rv. 257729 – 01), non potendo ritenersi sufficiente il mandato allegato agli atti del fascicolo, rilasciato dalla legale rappresentante della società per la proposizione dell’istanza di riesame (Sez. 2, n. 310 del 07/12/2017, dep. 2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 271722 – 01; Sez. 2, n. 41243 del 21/11/2006, Tanda, Rv. 235403 – 01; Sez. 5, n. 711 del 09/02/1999, COGNOME, Rv. 212781 – 01).
Il ricorso proposto nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE è inammissibile perché manifestamente infondato, oltre che generico e reiterativo nella formulazione delle censure.
3.1. Il primo motivo di ricorso, che contesta la sussistenza degli elementi per individuare nelle somme sequestrate il profitto confiscabile ai sensi dell’art. 19 d. Igs. 231/2001, ruota intorno all’affermazione secondo la quale l’impiego delle somme, ricevute dalla società attraverso il socio unico beneficiario dei bonifici a lei diretti, in quanto destinate a soddisfare pretese fiscali non potrebbero integrare alcun vantaggio patrimoniale, trattandosi di operazione che ha comportato l’assunzione del debito nei confronti del socio finanziatore. Si tratta di una ricostruzione che collide con la realtà economico finanziaria, poiché la disponibilità delle somme conseguita dalla società, attraverso la condotta di reato realizzata dalla legale rappresentante (che ha consapevolmente ricevuto somme di denaro di provenienza illecita, in difetto di alcun legame funzionale o di rapporti commerciali con l’ente che aveva eseguito i bonifici, ente pacificamente operante in violazione di norme tributarie), ha incrementato il patrimonio della società che attraverso quell’operazione ha adempiuto alle obbligazioni tributarie (possibilità che, in difetto dell’erogazione di quelle somme, non si sarebbe potuta realizzare così assumendo sia il rischio di iniziative esecutive o di liquidazione giudiziale, sia il pericolo per la società di esser posta fuori dal mercato).
La valutazione dell’esistenza del profitto va condotta considerando il momento del reimpiego, che attribuisce alla società un sicuro incremento patrimoniale, la cui destinazione non rileva per escludere il profitto realizzato in precedenza; del tutto inconferente la deduzione sul difetto di pertinenzialità del denaro sequestrato rispetto al denaro costituente il profitto, poiché si verte in materia di sequestro per equivalente.
3.2. Quanto alle censure relative al profilo del periculum, esse sono del tutto reiterative degli argomenti già dedotti dinanzi al Tribunale del riesame che, anche attraverso il richiamo al proprio precedente riguardante la misura cautelare reale disposta nei confronti dell’indagata COGNOME COGNOME, ha fornito l’indicazione degli elementi sintomatici del pericolo di dispersione del denaro, ricollegabili sia all’immediata destinazione delle somme per saldare i debiti verso l’erario (somme evidentemente non recuperabili), sia alla tendenza all’occultamento (e, quindi, alla sottrazione) del denaro nell’ambito dell’esercizio dell’attività d’impresa, come testimoniato dal rinvenimento di un significativo quantitativo di denaro contante nascosto in un contenitore di rifiuti all’interno della sede aziendale della società ricorrente.
3.3. Del tutto generico e privo di specificità il motivo di ricorso relativo all qualificazione del sequestro quale ipotesi di sequestro per equivalente.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila ciascuna a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2024
Il Consig iere Estensore
La Presidente