Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19709 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19709 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di Roma, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, ravvisando in capo all’indagato gravi indizi di colpevolezza riguardo ai delitti di omicidio aggravato in concorso (capo 1) e di furto aggravato dell’autovettura utilizzata per commetterlo (capo 2).
Ricorre per cassazione il difensore di COGNOME e deduce t:re motivi.
2.1 Con il primo, lamenta l’insufficienza e manifes:a illogicità della motivazione sulla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui al capo 1) della rubrica.
Sottolinea come il Tribunale del riesame, andando di contrario avviso rispetto al Giudice per le indagini preliminari’ che aveva ritenuto che gli indizi non raggiungessero la soglia della gravità indiziaria, ha fondato il proprio provvedimento sulla scorta di circostanze prive di reale valore indiziario.
Secondo la ricostruzione avvalorata nell’ordinanza oggetto di ricorso, l’indagato, che non ha mai nascosto di essere un ladro di autovetture, avrebbe rubato la macchina nel mese di giugno per utilizzarla nell’agguato mortale, realizzatosi ad agosto. E, tuttavia, ciò confligge con la tesi, espressa nella stessa ordinanza, secondo la quale l’indagato fu reclutato all’ultimo momento, in sostituzione di COGNOME.
Neppure può attribuirsi alcun valore indiziai -io alla somma di 5000,00 euro, asseritamente dovuta a COGNOME quale compenso per il suo apporto nell’azione onnicidiaria; invero, nella conversazione tra COGNOME, COGNOME e COGNOME /il primo esclude che l’indagato avesse percepito da COGNOME detta somma e, anzi, è proprio COGNOME a insistere con quest’ultimo, in altra conversazione, affinché versi questa somma all’indagato, il quale – a sua volta – non ha mai chiesto in nessuna conversazione con COGNOME il saldo di un “debito” e, anzi, i che questi gli consegni almeno la somma di 100,00 euro, a mero titolo di cortesia, altrimenti «dormirà per strada», non potendo più pagare l’affitto. Il Tribunale avrebbe, inoltre, immotivatamente attribuito rilievo al silenzio serbato da COGNOME, nel corso delle conversazioni, sulla causale della somma di denaro.
Nessun rilievo indiziario può attribuirsi alle dichiarazioni rese da COGNOME, ritenute complessivamente inattendibili dal AVV_NOTAIO e che, comunque, non ha mai affermato con chiarezza che l’indagato partecipò all’agguato, limitandosi a fare affermazioni generiche ed equivoche come dimostra la trascrizione del suo interrogatorio.
Infine, quanto alla frase nella quale COGNOME afferma che la persona reclutata era un «Albanese, di Albano vicino Ariccia», la difesa ne evidenzia la scarsa rilevanza, avendone lo stesso COGNOME chiarito il senso di tale affermazione in sede d’interrogatorio di garanzia.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza delle aggravanti del reato di furto.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il furto di un’autovettura lasciata in sosta sulla pubblica via con le portiere aperte la chiave inserita nel quadro deve considerarsi aggravato dall’esposizione alla pubblica fede solo quando si accerti che il conducente si è determiNOME a lasciare il mezzo in tali condizioni a causa di una contingente necessità e non per mera comodità e non per mera trascuratezza; ciò che non è accaduto nel caso di specie, risultando dalla denuncia-querela che il proprietario si era limitato a lasciare II veicolo in sosta, con le chiavi inserite.
2.3. Con il terzo motivo deduce la mancanza e, comunque, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame ha desunto un pericolo attuale di recidiva con riferimento all’omicidio sulla sola scorta dei precedenti, perlopiù per furti di auto e, comunque, di reati contro il patrimonio, trascurando di considerare che l’indagato sarebbe stato reclutato per sostituire altro soggetto tiratosi indietro all’ultimo momento e che, dunque, l’indagato è soggetto che non ha propensione alla commissione di gravi reati quale l’omicidio.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ,dardo, ha prospettato il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato e assorbente.
Va anzitutto ricordato che questa Corte, con orientamento cui il Collegio intende aderire, ha affermato che tema di appello cautelare proposto dal Pubblico Ministero, la riforma sfavorevole all’indagato della decisione emessa dal GIP relativamente all’insussistenza dei gravi indizi di reato, non impone, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice, essendo sufficiente, ai fini dell’applicazione della misura cautelare, la
gravità indiziaria, cioè un livello di verosimiglianza della responsabilità penale dell’indagato inferiore alla soglia del ragionevole dubbio.
E ciò in quanto, in sede cautelare l’oggetto della delibazione cautelare è diverso, siccome preordiNOME a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza dell’indagato, rispetto a quello di merito, orientato invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Cass. Sez. U. n. 36267 del 30/5/2006, SpenNOME, rv. 234598).
Ne discende che il giudizio cautelare si risolve nell’individuazione di una piattaforma indiziaria di cui si riveli la prospettica idoneità rappresentativa, ciò che non può dirsi coincidente con la formulazione di un giudizio oltre ogni ragionevole dubbio, tale da corroborare la certezza della colpevolezza.
Donde «la riforma sfavorevole all’indagati) della decisione emessa dal GIP a proposito dell’insussistenza dei gravi indizi di reato, non impone, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice, essendo sufficiente, ai fini dell’applicazione della misura cautelare, la gravità indiziaria, cioè un livello di verosimiglianza della resppnsabilità penale dell’indagato inferiore alla soglia del ragionevole dubbio» (Sez. 43146 del 28/6/2016, Rv. 268370; Sez. 2, n. 12851 del 07/12/2017, Rv. 272687; Sez. 5, n. 10995 del 12/12/2019, Rv. 278797; Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, Rv. 279593).
Deve segnalarsi che altro orientamento si è, invece, spinto anche in subiecta materia a richiedere al Tribunale, in assenza di mutamenti del materiale indiziario acquisito, un rafforzato onere motivazionale, che deve confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e con quelle della difesa, giustificando adeguatamente il diverso rilievo attribuito ai dati acquisiti, con la precisazione per cui, diversamente dalla sentenza di condanna che riforma quella assolutoria, non è indispensabile una piena confutazione delle ragioni del provvedimento riformato, in quanto il criterio di giudizio non è la piena prova della responsabilità, ma soltanto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (Sez. 6, n.17581 del 08/02/2017, COGNOME, Rv. 269827, N. 16029 del 2016 Rv. 266622; Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, Rv. 283784).
A ben guardare, sia pure con diversità di accenti, entrambi gli orientamen ritengono necessario, nel caso in cui il tribunale della libertà accolga la dom cautelare, riformando in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen. la decisione di rigetto del Giudice per le indagini preliminari, un percorso motivazion articolato che tenga conto degli argomenti a sostegno della decisione liberato impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazio
adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione, che deve essere specificamente dedotto attraverso l’indicazione del profilo neppure implicitamente valutato.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che siffatto obbligo di riconsiderazione non è stato adeguatamente soddisfatto dal Tribunale cautelare
3.1. Non è superfluo premettere che il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato l’istanza di applicazione della misura cautelare, quanto al reato di furto di cui al capo 2) per difetto del limite edittale stante la ritenu insussistenza dell’aggravante contestata di cui all’art. 625 n. 7) cod. pen. e, quanto al reato di omicidio di cui al capo 1), in ragione dell’inattendibilità dell dichiarazioni di chiamata in reità di COGNOME, dell’assenza di idonei riscontri esterni, tali non ritenendosi le chat intercorse il 5 agosto 2022 tra lo stesso COGNOME e la COGNOME, reputate ambigue, né i tabulati relativi all’utenza del ricorrente.
Il Tribunale del riesame, in accoglimento dell’appello del Pubblico ministero, ha invece ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME in riferimento ad entrambi i reati, ravvisandoli: i) nella sicura riconducibilità dell’autovettura Alfa Romeo Giulietta utilizzata per l’agguato del 7 agosto 2022 al NOME che risultava l’autore del furto della stessa, commesso tra il 18 e il 19 giugno 2022, circostanza quest’ultima rinveniente sia dalle dichiarazioni del compagno di abitazione NOME COGNOME, sia da alcune intercettazioni nelle quali NOME confessava il furto; il) la conversazione intercorsa il 5 agosto 2022, tra COGNOME e la COGNOME (che stavano organizzando l’agguato), in occasione della quale il primo, dopo aver manifestato irritazione per un imprevisto che aveva compromesso l’organizzazione prevista per il giorno seguente, affermava che stava cercando di fronteggiare quest’imprevisto reclutando nel gruppo di fuoco un «albanese», aggiungendo che si trattava di «un albanese di Albano, vicino ad Ariccia». Riteneva il Tribunale verosimile che l'”albanese” menzioNOME da COGNOME fosse proprio COGNOME, non deponendo in senso contrario la sua origine macedone, ritenendo che il correo si fosse espresso con una «approssimazione classificatoria, in virtù della quale sono definiti albanesi tutti i citta provenienti dalla medesima area balcanica». A tale argomento aggiungeva quello dell’assenza, nella cerchia relazionale di COGNOME e dei suoi complici di altri soggetti provenienti da quell’area geografica; iii) le conversazioni (tra COGNOME, COGNOME e COGNOME e quelle tra COGNOME e COGNOME) in cui si fa riferimento al pagamento di una somma di 5000,00 euro da parte COGNOME a COGNOME, successive all’omicAio e come tali ritenute il compenso per la partecipazione all’agguato; iv) la conversazione del 21 settembre 2022, registrata in ambientale tra il COGNOME e COGNOME in cui il primo, nello stigmatizzare l’imprudenza di COGNOME che era «andato a sparare a quello con
tutte le telecamere, con tutti gli smartphone e con i telefonini», affermava che se, invece, avesse sparato col tuo telefono è nella macchina dove «stavi te» n l’avrebbero preso.
3.2. Una motivazione di tal fatta si espone alle pertinenti critiche conte nel primo motivo di ricorso.
L’impostazione adottata dal Tribunale traspare chiaramente dalla lettura de provvedimento: il Tribunale ha preso in considerazione gli elementi indizia indicati nell’appello del Pubblico Ministero e ha autonomamente valutato l sussistenza della gravità indiziaria.
Ma, in tal modo, non ha assolto l’onere motivazionale che gli incombeva, non essendosi in alcun modo criticamente confrontato con le argomentazioni del Giudice per le indagini preliminari che, difatti, sono state stringatamente c nell’incipit; le numerose conversazioni telefoniche reputate rilevanti sono state indicate esclusivamente per data e numero (a p. 3 dell’ordinanza); infine dichiarazioni dell’asserito chiamate in correità COGNOME, che il Giudice per le ind preliminari aveva ritenuto inattendibile, sono state riportate solo parzialmen p. 4 del citato provvedimento.
L’ordinanza impugnata, in definitiva, ha omesso di fornire adeguata giustificazione del proprio percorso motivazionale alternativo e del diverso rili attribuito ai dati acquisiti.
Essendo sostanzialmente mancato il necessario confronto dialettico con contenuti della prima decisione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata co rinvio allo stesso Tribunale.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma Sezione per il riesame.
Così deciso, il 2 novembre 2023