Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18849 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18849 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a CIVITAVECCHIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CIVITAVECCHIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato nei confronti di NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 19/12/2023, la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione presentata nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME nei confronti dei componenti del collegio del Tribunale di Civitavecchia con riguardo al processo 289/2017 R.G.D. nel quale erano imputati dei reati di cui agli artt. 81, 110 cod. pen., 216, 223 I. fall., perché, in concorso con altri, distraevano – in parte a favore di “RAGIONE_SOCIALE – euro 2.626.812,67 nei confronti di “RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita in data 01/02/2013, nella qualità di amministratore di diritto (il primo) e amministratore di fatto (il secondo) La ricusazione si basava sulla circostanza che il medesimo Collegio aveva pronunciato sentenza di condanna nel processo 3115/2016 R.G.D. che vedeva imputati NOME COGNOME (persona distinta dai ricusanti) e NOME COGNOME quali soci e amministratori di “RAGIONE_SOCIALE, fallita il 15/10/2015, nei cui confronti veniva distratta la somma complessiva di oltre 1.530.000 euro.
Per un verso, la Corte di appello riteneva tardiva la dichiarazione di ricusazione di NOME COGNOME, essendo intervenuta oltre i tre giorni dal deposito della sentenza, a sua volta intervenuto l’ultimo giorno previsto. Inoltre, rilevava la Corte di appello che NOME COGNOME era estraneo alla sentenza che si assume pregiudicante, sicché la sua dichiarazione è manifestamente infondata, mentre, quanto a NOME COGNOME, la pronuncia in un diverso processo non può rientrare nel caso di ricusazione di cui all’art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., che riguarda l’indebita manifestazione di convincimento nel medesimo processo, mentre non è chiaro se i ricusanti abbiano inteso riferirsi a tale ipotesi ovvero a quella prevista dalla sentenza n. 283 del 2000 della Corte costituzionale.
Avverso l’indicata ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, con un unico atto e attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando le censure di seguito enunciate nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con riferimento a NOME COGNOME, il ricorso denuncia inosservanza dell’art. 38 cod. proc. pen., in quanto il termine di tre giorni decorre da quando la causa di inammissibilità è “divenuta nota”, ossia da quando l’interessato ne ha avuto una conoscenza personale, effettiva e integrale.
2.2. Con riguardo a entrambi i ricorrenti, si censura poi la declaratoria di manifesta infondatezza della dichiarazione di ricusazione, che, per quanto riguarda NOME COGNOME, ha ad oggetto esclusivamente la parte della motivazione in cui afferma il trasferimento dell’azienda da “RAGIONE_SOCIALE a “RAGIONE_SOCIALE, laddove le dichiarazioni pregiudicanti sono trascritte nella dichiarazione di ricusazione e riguardano appunto detto trasferimento. Deducono i ricorrenti che si è trattato di affermazioni che manifestano l’indebito convincimento che la condotta contestata nel processo pregiudicato, ossia la distrazione di beni mobili e immobili da “RAGIONE_SOCIALE” a favore di “RAGIONE_SOCIALE“, sia effettivamente avvenuta; in particolare, la sentenza di condanna, giudicando della bancarotta di “RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE” e, con essa, dei beni contenuti nel suo patrimonio e oggetto di distrazione, ha risolto indebitamente il thema decidendum della bancarotta di “RAGIONE_SOCIALE“, ossia che gli amministratori (gli odierni ricorrenti) abbiano, in concorso con gli amministratori di “RAGIONE_SOCIALE” sottratto beni mobili e immobili di quest’ultima società, trasferendoli a “RAGIONE_SOCIALE“.
Quanto a NOME COGNOME, lo stesso è chiamato a rispondere della bancarotta di “RAGIONE_SOCIALE” e delle distrazioni subite a favore di “RAGIONE_SOCIALE“, sicché ) una volta che la sentenza pregiudicante afferma l’intervenuto trasferimento di tutti i beni aziendali dalla prima alla seconda ha espressamente risolto il thema decidendum del processo pregiudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi non meritano accoglimento.
Per ragioni di economia espositiva, conviene muovere dal secondo motivo, comune a entrambi i ricorrenti.
In limine, mette conto chiarire che: il presente procedimento, nell’ambito del quale è stata proposta la dichiarazione di ricusazione in discussione, vede i ricorrenti chiamati a rispondere, a vario titolo, di fatti distrattivi commessi ai danni di “RAGIONE_SOCIALE” e, dunque, di fuoriuscite contestate come illecite di beni dal patrimonio di detta società, parte delle quali aventi come destinataria “RAGIONE_SOCIALE“; la sentenza che i ricorrenti assumono come pregiudicante, invece, si riferisce a fatti distrattivi commessi ai danni di “RAGIONE_SOCIALE” e, dunque, si riferisce a beni entrati (non importa se lecitamente o illecitamente) nel patrimonio della società e da questo illecitamente distolti.
Da ciò consegue che l’accertamento dei fatti distrattivi oggetto di ciascun processo è, su un piano generale, svincolato dall’accertamento di quelli dell’altro, sicché è necessario verificare se, nella definizione della responsabilità del processo relativo a “RAGIONE_SOCIALE“, si sia o meno verificata un’indebita anticipazione della valutazione sul merito della res iudicanda di cui al procedimento che si assume pregiudicato ovvero un’anticipazione in tutto o in parte degli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato (Sez. U, n. 41263 del 27/09/2005, Falzone, Rv. 232067).
Al quesito ora formulato il Collegio ritiene che debba essere data risposta negativa.
Il ricorso richiama alcuni passaggi della sentenza ritenuta pregiudicante e, in primo luogo, quello in cui si afferma che “RAGIONE_SOCIALE” ha trasferito l’intero complesso aziendale a “RAGIONE_SOCIALE” per un corrispettivo dichiarato e mai versato di 14 milioni di euro, che la cessione di un ramo d’azienda era stato un espediente per proseguire la medesima attività e che per effetto della cessione “RAGIONE_SOCIALE” aveva acquistato l’intero compendio aziendale di “RAGIONE_SOCIALE“, i cui beni erano entrati nella sfera patrimoniale della prima. Ora, tali passaggi si rinvengono nella parte della sentenza ritenuta pregiudicante dedicata alla descrizione delle varie fonti di prova e, in particolare, alla descrizione delle emergenze acquisite nelle due procedure fallimentari, svoltesi contestualmente (in “parallelo”). In questa stessa parte espositiva, la sentenza richiama, tra l’altro, risultanze di cui a bilanci e documentazione contabile e a dichiarazioni rese dal coimputato (in quel procedimento) NOME COGNOME.
Specifiche valutazioni sul merito della res iudicanda si rinvengono nella parte successiva della sentenza, lì dove si rinvengono alcune frasi riportate nella dichiarazione di ricusazione (ma non richiamate dal ricorso), in merito alle condotte distrattive preordinate all’integrale spoglio della società poste in essere dagli imputati. Con riferimento a questa parte, non sono allegate espressioni o frasi riferibili a “RAGIONE_SOCIALE“, essendo anzi in larga misura il ragionamento del giudicante basato sulle dichiarazioni di NOME COGNOME estraneo al procedimento nell’ambito del quale è stata avanzata dichiarazione di ricusazione.
Non si rilevano, dunque, nella sentenza che si assume pregiudicante e nei termini dedotti dai ricorrenti, valutazioni sul merito della res iudicanda di cui al procedimento che si assume pregiudicato ovvero un’anticipazione in tutto o in parte degli esiti della decisione di merito (Sez. U, n. 41263 del 2005, Falzone, cit.). Pertanto, i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati a pagamento delle spese processuali.
P.Q.Phl.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 02/04/2024.