Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e Perché Viene Respin
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è una procedura che offre notevoli vantaggi in termini di economia processuale e riduzione della pena. Tuttavia, una volta che il giudice ratifica l’accordo, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, confermando che i motivi di doglianza devono rientrare in un elenco tassativo previsto dalla legge. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Alessandria, su accordo delle parti, applicava a un imputato la pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 200,00 euro di multa per il reato di rapina impropria aggravata. La pena teneva conto del vincolo della continuazione con un precedente furto aggravato, del riconoscimento delle attenuanti generiche e di una diminuente specifica, in prevalenza sull’aggravante contestata.
Nonostante l’accordo, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione. Il motivo del contendere era il mancato riconoscimento di un’ulteriore circostanza attenuante: quella del fatto di lieve entità per il delitto di rapina, introdotta da una sentenza della Corte Costituzionale (n. 86/2024) emessa poco prima della data del patteggiamento.
Limiti al Ricorso Patteggiamento: La Previsione dell’Art. 448 c.p.p.
Il fulcro della questione non risiede tanto nel merito dell’attenuante, quanto nelle regole procedurali che governano il ricorso patteggiamento. Il motivo di ricorso proposto dalla difesa è stato giudicato dalla Suprema Corte come manifestamente infondato.
La legge, in particolare l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, è estremamente chiara e restrittiva. Stabilisce che una sentenza di patteggiamento può essere impugnata in Cassazione solo per motivi specifici:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Qualsiasi altro motivo, inclusa la mancata applicazione di una circostanza attenuante che non renda la pena “illegale”, non rientra in questo elenco e, pertanto, non può essere fatto valere.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e lineare. In primo luogo, ha ribadito che il legislatore ha volutamente delimitato l’impugnazione del patteggiamento ai soli casi tassativamente indicati, in deroga alla disciplina generale dei ricorsi.
Nel caso specifico, l’accordo tra difesa e accusa era stato raggiunto il 16 luglio 2024, ovvero in un’epoca successiva alla sentenza della Corte Costituzionale del 13 maggio 2024 che aveva introdotto l’attenuante della lieve entità per la rapina. Questo significa che le parti, al momento di concordare la pena, erano a conoscenza della possibilità di richiedere tale attenuante ma hanno scelto di non includerla nel loro accordo. La pena finale, pertanto, era l’esatto risultato del patto processuale validamente concluso e non presentava alcun profilo di illegalità. Il mancato riconoscimento di un’attenuante facoltativa, non contemplata nell’accordo, non rende la sanzione illegale. Di conseguenza, il motivo del ricorso esulava completamente dall’ambito consentito dalla legge.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: il patteggiamento è un accordo che, una volta raggiunto e ratificato, assume una stabilità quasi definitiva. La scelta di accedere a questo rito comporta una rinuncia implicita a far valere determinate doglianze in un secondo momento. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che ogni aspetto della pena, comprese tutte le circostanze attenuanti applicabili, deve essere attentamente negoziato e definito prima che l’accordo venga presentato al giudice. Tentare di rimettere in discussione l’accordo in Cassazione per motivi diversi da quelli, eccezionali, previsti dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p., si traduce non solo in un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità, ma anche nella condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis del codice di procedura penale limita il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento solo a motivi specifici: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, errore nella qualificazione giuridica del fatto, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, o illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante rende la pena “illegale” e quindi impugnabile?
Secondo questa ordinanza, no. Nel caso specifico, l’accordo tra le parti è stato raggiunto dopo che la nuova attenuante era già stata introdotta dalla Corte Costituzionale. Poiché le parti hanno concordato una pena che non la includeva, la sanzione finale non è considerata “illegale” ai fini dell’impugnazione, ma semplicemente il frutto di un accordo valido.
Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito in questa ordinanza, ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 291 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 291 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
NOME nato a Genova il DATA_NASCITA rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, di fiducia;
avverso la sentenza del 16/07/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Alessandria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Alessandria ha applicato a COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen la pena di un anno mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa per il delitto di ra impropria aggravata dall’avere commesso il fatto in più persone riunite, ritenuto il vi della continuazione tra tale reato e quello di furto aggravato già giudicato con sente irrevocabile emessa in data 07/05/2019 dal Tribunale di Genova e riconosciute le circostanze attenuanti generiche nonché la diminuente di cui all’art. 116 cod. pen. prevalenza sulla aggravante contestata.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore fiduciario, deducendo, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c) ed e), cod. pen., violazione di legge con riferimento all’art. 628 cod. pen. e vizio di motivazion mancato riconoscimento da parte del giudice dell’ulteriore attenuante del fatto di li entità introdotta anche per il delitto di rapina impropria dalla sentenza n. 8 13/05/2024 della Corte Costituzionale.
Il motivo proposto è manifestamente infondato perché in contrasto con la previsione dell’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 1 in vigore dal 3 agosto 2017, secondo cui il ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento è consentito solo per motivi attinenti all’espressione della volo dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’ qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezz Detta previsione, in deroga alla disciplina generale di cui all’art. 606 cod. proc. delimita quindi l’impugnazione ai soli casi ivi tassativamente indicati che riguardano ipo
specifiche di violazione di legge.
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha applicato la sanzione negli esatti ter indicati nell’accordo che è intervenuto tra le parti in data 16/07/2024 e quindi in e successiva alla sentenza n. 86 del 13/05/2024 della Corte Costituzionale e che non contemplava il riconoscimento dell’ipotesi attenuata della lieve entità; rispetto alla così come concordata non si ravvisa alcuna illegalità.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile senza formalità di rito, ordinanza ex art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. e conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., versamento della somma di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni non consentite dalla legge.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende Così deciso il giorno 04/12/2024