Ricorso Patteggiamento: quando la Cassazione lo dichiara inammissibile
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti di impugnazione delle sentenze emesse a seguito di patteggiamento. In particolare, la Corte di Cassazione si sofferma sulla nozione di ‘errore manifesto’ nella qualificazione giuridica del fatto, stabilendo un perimetro rigoroso per il ricorso patteggiamento. Questa decisione ribadisce che non ogni presunto errore di diritto può aprire le porte al giudizio di legittimità, specialmente quando la difesa cerca di ottenere una rivalutazione del merito della causa.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, che, accogliendo la richiesta concorde delle parti (il cosiddetto patteggiamento), applicava a un imputato una pena di dieci mesi di reclusione e 500 euro di multa. La condanna riguardava i delitti di rapina pluriaggravata e lesioni aggravate, per i quali era stato riconosciuto il vincolo della continuazione con altri fatti già giudicati irrevocabilmente.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. Nello specifico, si contestava la sussistenza di un’aggravante (prevista dall’art. 112, primo comma, n. 4, del codice penale), la cui esclusione avrebbe comportato una pena più mite.
L’Analisi della Corte sul Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il punto centrale della decisione ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla riforma del 2017, limita la possibilità di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per erronea qualificazione giuridica del fatto ai soli casi di errore manifesto.
Secondo gli Ermellini, un errore è ‘manifesto’ solo quando è palese e immediatamente riscontrabile dalla lettura del provvedimento impugnato, senza necessità di alcuna attività di valutazione o interpretazione degli elementi di fatto. Nel caso di specie, la difesa non ha denunciato un errore di questo tipo, ma ha sollecitato la Corte a compiere una valutazione di merito sull’effettiva sussistenza dell’aggravante. Tale richiesta, tuttavia, esula completamente dal perimetro del sindacato di legittimità, specialmente nel contesto di una pena patteggiata, dove la valutazione del fatto è cristallizzata nell’accordo tra le parti.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato. Viene sottolineato che la denuncia di errori valutativi in diritto, che non risultino evidenti dal testo della sentenza, è inammissibile. Il ricorso patteggiamento non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. La difesa, chiedendo l’esclusione dell’aggravante, stava di fatto tentando di rimettere in discussione l’assetto fattuale e giuridico concordato con il Pubblico Ministero e ratificato dal giudice di primo grado. Questa operazione non è consentita, in quanto il sindacato della Cassazione in materia di patteggiamento è rigorosamente limitato a vizi procedurali o a errori giuridici palesi e incontrovertibili.
Conclusioni
L’ordinanza conferma la linea dura della Cassazione nel definire i confini del ricorso contro le sentenze di patteggiamento. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi intende impugnare una sentenza di questo tipo deve dimostrare un errore giuridico evidente e non un semplice disaccordo sulla valutazione delle prove o sulla qualificazione giuridica del fatto, che richiederebbe un’analisi di merito. In assenza di un errore ‘manifesto’, il ricorso verrà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un errore nella qualificazione giuridica del fatto?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. limita questa possibilità ai soli casi in cui l’errore di qualificazione giuridica sia ‘manifesto’, cioè palese ed evidente dalla sola lettura della sentenza, senza richiedere ulteriori valutazioni di merito.
Cosa intende la Corte per errore manifesto in un ricorso patteggiamento?
Per errore manifesto si intende un errore giuridico che emerge in modo palese e inequivocabile dal testo del provvedimento impugnato. Non rientrano in questa categoria gli errori che richiedono una valutazione nel merito delle prove o dei fatti per essere accertati, come la contestazione sull’esistenza di un’aggravante.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel dispositivo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34473 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 34473 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
Sul ricorso proposto da NOME n. a Reggio Emilia il 9/9/2002 avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia in data 6/3/2025 visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO; procedimento trattato con il rito ‘ de plano ‘.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnata sentenza il Tribunale di Reggio Emilia, in accoglimento della concorde richiesta delle parti, riconosciuto il vincolo della continuazione tra i fatti a giudizio e quelli irrevocabilmente giudicati di cui all’ordinanza del giudice dell’esecuzione in data 08/01/2025, applicava a COGNOME NOME la pena di mesi dieci di reclusione ed euro 500,00 di multa per i delitti di rapina pluriaggravata e lesioni aggravate ascrittigli in rubrica.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dell’aggravante ex art. 112, primo comma, n. 4, cod. pen.
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto per motivi non consentiti. Questa Corte è ferma nel ritenere che, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 50, della l. 23 giugno 2017, n. 103, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato (tra molte, Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279573 – 01; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279842 – 01). La difesa sollecita valutazioni di merito al fine dell’esclusione dell’aggravante, esulando dal rigoroso perimetro riservato al sindacato di legittimità in ipotesi di pena patteggiata.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod. proc. pen., come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7 ottobre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME