Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15381 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15381 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GALLIPOLI il 02/10/1993
avverso la sentenza del 04/12/2024 del GIP TRIBUNALE di LECCE
dato av so alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe il GIP del Tribunale di Lecce ha condannato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato NOME COGNOME alla pena di anni uno, mesi otto reclusione ed euro 2.400 di multa, in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R 309/1990, commesso in Gallipoli il 23 maggio 2024. Ha, altresì, ordinato la confisca e l distruzione di quanto sequestrato.
Avverso tale pronuncia l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi: 1) violazione di legge quanto alla manca declaratoria di non punibilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.;2) violazione di quanto alla mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d n. 309/1990.
Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto proposto avverso sentenza applicativa di pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., ai sensi dell’ar comma 2 bis, cod. proc. pen.
Infatti, per i ricorsi presentati dal 3 agosto 2017 (cfr. art., comma 51, I. n. 103/2 il PM e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza impugnata solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazi la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità de e della misura di sicurezza.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo della motivazione dell sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di prova fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la r di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da un specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emerg concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo inve ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anch implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorron condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (Sez. Un. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. Un. 27 dicembre 1995, NOME).
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinun avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Nel caso di specie il giudice dà conto delle univoche risultanze investigative, che la pe
è correttamente determinata e che non vi sono le condizioni per una diversa e più favorevole pronuncia.
Va quindi dichiarata, senza formalità, l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art comma 5 bis, cod.proc.pen.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n.186/2000), alla condanna
di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 2 aprile 2025.