Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23096 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 23096 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Maddaloni il 09/01/1998
avverso la sentenza del 21/03/2025 del Tribunale di Genova
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in data 21 marzo 2025 il Tribunale di Genova, ai sensi de ll’a rt. 444 cod. proc. pen., applicava a NOME COGNOME la pena concordata dalle parti (un anno, un mese e dieci giorni di reclusione e 206,00 euro di multa) per il reato di tentata rapina impropria.
Ha proposto ricors o l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione di legge e vizio motivazionale in quanto il Giudice, escludendo la sussistenza delle condizioni per pronunciare una sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., ha omesso di considerare che gli atti compiuti non sembravano diretti in modo inequivoco a
realizzare una rapina, essendo piuttosto configurabile nel caso di specie un tentativo di furto, considerata anche la blanda violenza esercitata.
3. Il ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 591, comma 1 , lett. b ), cod. proc. pen., in relazione a quanto previsto dall’art. 448, comma 2 -bis , del codice di rito, inserito dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 , che consente l’impugnazione «solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza».
Già prima della richiamata modifica legislativa era consolidato nella giurisprudenza il principio secondo il quale la motivazione della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per l ‘ applicazione dell ‘ art. 129 cod. proc. pen. può anche essere, come nel caso di specie, meramente enunciativa; la sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di proscioglimento può essere oggetto di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la ricorrenza di una delle cause di non punibilità di cui al suddetto articolo (Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264595 -01; Sez. 5, n. 31250 del 25/06/2013, Fede, Rv. 256359 -01; Sez. 2, n. 6455 del 17/11/2011, dep. 2012, Alba, Rv. 252085 -01).
Il principio è stato ribadito dalla costante giurisprudenza di legittimità successiva alla entrata in vigore della suddetta norma (vds., ad es., Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, COGNOME, Rv. 281182 -01; Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761 -01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337 -01; Sez. 2, n. 39159 del 10/09/2019, COGNOME, Rv. 277102 -01).
Inoltre, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la possibilità di ricorrere per c assazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto deve essere limitata ai casi di errore manifesto, vale a dire quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, COGNOME, Rv. 283023 -01; Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116 -01; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842 -01; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, Annas, Rv. 279573 -01; Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 275971 -01).
Nel caso di specie, peraltro, la stessa difesa ha riconosciuto che l’imputato esercitò una forma di violenza (per quanto ‘blandissima’) e soprattutto nulla ha
osservato in ordine alla grave minaccia proferita nei confronti dell’addetto alla vigilanza, così come contestata nel capo d’accusa.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 05/06/2025.