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Ricorso inammissibile spaccio: motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio. Il caso evidenzia come un ricorso inammissibile per spaccio, basato su motivi generici e di stile, non possa superare il vaglio di legittimità, soprattutto a fronte di prove concrete come l’ingente quantitativo di sostanza (707 dosi di cocaina) che escludono l’uso personale. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per spaccio: quando i motivi sono troppo generici

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: per contestare una sentenza di condanna, non bastano critiche generiche. L’ordinanza in esame analizza un caso di ricorso inammissibile per spaccio, fornendo chiari insegnamenti sulla corretta formulazione dei motivi di impugnazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un imputato condannato in appello per detenzione di un notevole quantitativo di cocaina ai fini di spaccio, evidenziando come le censure mosse alla sentenza fossero mere clausole di stile, incapaci di scalfire la solida motivazione dei giudici di merito.

I fatti di causa

Il ricorrente era stato condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990, ovvero detenzione di sostanze stupefacenti finalizzata allo spaccio. La difesa dell’imputato aveva presentato ricorso per Cassazione, tentando di smontare l’impianto accusatorio e la valutazione delle prove effettuata nei precedenti gradi di giudizio.

Tuttavia, l’atto di impugnazione si limitava a contestazioni astratte e non specifiche, senza entrare nel merito delle argomentazioni logico-giuridiche che avevano portato alla condanna.

La decisione della Cassazione sul ricorso inammissibile per spaccio

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, era composto da ‘apodittiche censure espresse con mere clausole di stile’, ossia critiche generiche che non si confrontavano concretamente con la motivazione della sentenza impugnata.

L’importanza della specificità dei motivi

Il provvedimento evidenzia un punto cruciale: un ricorso in Cassazione non può limitarsi a una generica lamentela o a una riproposizione delle stesse tesi difensive già respinte. È necessario che i motivi di ricorso individuino con precisione i vizi della sentenza, siano essi violazioni di legge o difetti di motivazione, dimostrando come questi abbiano influito sulla decisione finale. In mancanza di tale specificità, l’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile.

Le motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione della Suprema Corte sono chiare e lineari. La sentenza della Corte d’Appello aveva puntualmente descritto i fatti e le prove, escludendo in modo argomentato la destinazione della droga all’uso personale. Un elemento decisivo in tal senso è stato il quantitativo della sostanza sequestrata: 707 dosi di cocaina. Secondo i giudici, un numero così elevato di dosi è un indicatore oggettivo che, insieme ad altri elementi, depone inequivocabilmente per la finalità di spaccio. Il ricorso, non riuscendo a contrapporre argomenti specifici e pertinenti a questa solida motivazione, è risultato privo di fondamento. La conseguenza processuale, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione serve da monito: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede rigore tecnico e argomentativo. Non è sufficiente contestare la decisione, ma è indispensabile farlo attraverso motivi specifici, pertinenti e legalmente ammissibili. Il caso di ricorso inammissibile per spaccio qui analizzato dimostra come la genericità delle censure porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e conferma della sentenza di merito. La valutazione di elementi oggettivi, come l’ingente quantitativo di stupefacente, costituisce un pilastro motivazionale che può essere scalfito solo da critiche altrettanto concrete e ben fondate.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi generici, non specifici e costituiti da mere ‘clausole di stile’. Non contestava puntualmente la motivazione della sentenza di condanna, limitandosi a censure astratte non consentite in sede di legittimità.

Quale elemento è stato decisivo per escludere l’uso personale della droga?
L’elemento decisivo è stato l’ingente quantitativo di sostanza stupefacente, pari a 707 dosi di cocaina. La Corte ha ritenuto che tale quantità fosse un dato oggettivo incompatibile con la destinazione al solo uso personale.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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