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Ricorso inammissibile: quando l’appello è inefficace

Un automobilista, condannato in appello per guida in stato di ebbrezza, ha visto il suo successivo ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. La decisione sottolinea che un ricorso inammissibile si verifica quando l’atto si limita a ripetere le argomentazioni precedenti senza confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata, perdendo così la sua funzione di critica argomentata.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Spiega Perché un Appello “Fotocopia” Non Funziona

Quando si presenta un appello, specialmente davanti alla Corte di Cassazione, non è sufficiente lamentare un’ingiustizia. È necessario costruire una critica puntuale e argomentata contro la sentenza che si intende contestare. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito questo principio fondamentale, dichiarando un ricorso inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse doglianze già respinte in secondo grado, senza un reale confronto con le motivazioni della Corte d’Appello. Questo caso, nato da una condanna per guida in stato di ebbrezza, offre una lezione cruciale sulla corretta tecnica di redazione degli atti di impugnazione.

Il Contesto: Dalla Assoluzione alla Condanna in Appello

La vicenda processuale ha origine da un’accusa per il reato di guida in stato di ebbrezza, previsto dall’art. 186 del Codice della Strada. In primo grado, il Tribunale aveva assolto l’imputato. Tuttavia, la Corte d’Appello, riformando la decisione iniziale, lo ha dichiarato colpevole, condannandolo a una pena di un anno di arresto e 3.000 euro di ammenda. È contro questa sentenza di condanna che l’imputato ha deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso dell’Imputato

L’imputato, tramite il suo difensore, ha basato il suo ricorso su due motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: Sosteneva che sussistesse un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, poiché l’accusa non aveva fornito la prova che l’etilometro utilizzato per il test fosse stato regolarmente revisionato.
2. Mancanza di motivazione: Contestava la decisione della Corte d’Appello di porre a carico della difesa l’onere di allegare elementi concreti per contestare l’esito dell’alcoltest.

In sostanza, la difesa puntava a scardinare l’affidabilità della prova principale a suo carico, l’esito dell’etilometro.

La Decisione della Suprema Corte e le Conseguenze del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha ritenuti non meritevoli di una valutazione nel merito. La decisione è stata netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa declaratoria ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e un’ulteriore somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Le motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella spiegazione del perché il ricorso fosse inammissibile. La Corte ha osservato che l’atto presentato non era una vera e propria impugnazione, ma una mera riproposizione delle stesse considerazioni critiche già espresse nell’atto d’appello contro la sentenza di primo grado. Il ricorso, secondo i giudici, non si confrontava in modo specifico e puntuale con la ratio decidendi della sentenza della Corte d’Appello. In altre parole, ignorava le argomentazioni con cui i giudici di secondo grado avevano motivato la condanna, limitandosi a ripetere argomenti già implicitamente o esplicitamente respinti.

La Suprema Corte ha richiamato la sua giurisprudenza consolidata, secondo cui la funzione tipica dell’impugnazione è quella della “critica argomentata” al provvedimento. Un ricorso, per essere ammissibile, deve indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la richiesta, instaurando un confronto diretto con la motivazione della sentenza impugnata. Se l’atto si limita a lamentare una generica carenza o illogicità della motivazione, senza una critica mirata, viene meno la sua stessa funzione e si destina inevitabilmente all’inammissibilità. Un ricorso “fotocopia” che non dialoga con la decisione che impugna è, per la legge, un atto inefficace.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque si appresti a redigere un atto di impugnazione, in particolare un ricorso per cassazione. La lezione è chiara: non basta avere ragione, bisogna saperla far valere nel modo corretto. Un ricorso non può essere un semplice sfogo o una ripetizione di doglianze. Deve essere un’analisi tecnica e critica, che smonti punto per punto le argomentazioni del giudice precedente. Per evitare un ricorso inammissibile, è essenziale concentrarsi non solo sui presunti errori della sentenza, ma soprattutto sul dimostrare perché le motivazioni addotte da quel giudice sono errate in punto di diritto o palesemente illogiche. Solo attraverso questo confronto critico e costruttivo l’impugnazione può sperare di essere esaminata nel merito.

Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si è confrontato criticamente con le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello. Invece, si è limitato a ripetere gli stessi argomenti già presentati nel precedente grado di giudizio, risultando un atto privo della necessaria critica argomentata.

Qual è la funzione principale di un atto di impugnazione secondo la Corte?
Secondo la Corte, la funzione tipica di un’impugnazione è quella di una “critica argomentata” del provvedimento impugnato. Deve contenere l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sostengono la richiesta, in un confronto puntuale con le argomentazioni della decisione che si contesta.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, oltre alla definitività della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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