Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46381 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46381 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MAGENTA il 07/11/1970
avverso la sentenza del 15/04/2024 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15/04/2024 la Corte di appello di Genova confermava la sentenza del Tribunale di Imperia dell’8/05/2023, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 2 di reclusione in ordine ai reati di cui agli articoli 8 d. Igs. 74/2000, 81 cod. pen..
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 192 cod. proc. pen., per erronea valutazione della prova.
La Corte di appello non ha raggiunto la prova che sia stato il COGNOME a “formare ed emettere” le fatture in contestazione, basando la sua decisione su meri indizi e sostanzialmente invertendo l’onere della prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME Il ricorso è inammissibile, in quanto si limita a riproporre pedissequamente la medesima doglianza già proposta in primo grado e poi con i motivi di appello e motivatamente disattesa dal giudice del gravame.
E’ infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata e Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217)
La funzione tipica dell’impugnazione, d’altro canto, è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (testualmente Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv 254584 e Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.).
Se il motivo di ricorso si limita a riprodurre il motivo d’appello, quindi, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente
‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato (sempre, da ultimo, Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, Furlan, cit.).
La sentenza impugnata, infatti, motiva in modo preciso (e testualmente riportato nel ricorso) le ragioni su cui àncora il giudizio di fittizietà delle fatture, fondato su precisi elementi, quali la similare veste grafica, l’incapacità della “RAGIONE_SOCIALE” di rendere le prestazioni oggetto di fattura per l’assenza di mezzi idonei (evidenzia inoltre che l’imputato, che non ha dipendenti, ha guida “B”, che non contente la guida di mezzi pesanti). solo la patente di
Da tutta questa messe di indizi inferisce quindi sia operazioni che la presenza dell’elemento psicologico del reato. la fittizietà delle
Precisa, inoltre, che il disconoscimento delle fatture, essendo un atto personale, non può essere compiuto dal difensore (posto che il ricorrente è stato assente in entrambi i gradi di giudizio) e che era dovere dell’imputato, in presenza di elementi indizianti gravi, precisi e concordanti, dedurre elementi a discarico, con ciò facendo corretta applicazione del principio della c.d. “vicinanza della prova” (Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373 – 01).
Questa Corte (Sez. 2, n. 43387 del 08/10/2019, Novizio, Rv. 277997 – 04; Sez. 4, n. 51331 del 13/09/2018, S., Rv. 274052 – 01) ritiene infatti, con principio che il Collegio condivide e ribadisce, che all’imputato non si chiede all’imputato di allegare o provare un fatto negativo, bensì di indicare specifiche circostanze positive e concrete, contrarie a quelle provate dalla pubblica accusa, con indicazione, quindi, dei dati fattuali che contraddicono le conclusioni alle quali sono pervenuti i Giudici.
Il ricorso, che con tale doppia, conforme, motivazione non si confronta affatto, limitandosi a riproporre le medesime censure dedotte con l’atto di appello, è pertanto inammissibile per genericità.
2. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024.