Ricorso Inammissibile: La Cassazione e l’Obbligo di Specificità dei Motivi
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, riaffermando con forza un principio cardine del nostro sistema processuale penale: la necessità che i motivi di impugnazione siano specifici e non meramente generici. Il caso, che trae origine da una condanna per minaccia aggravata, offre spunti fondamentali sull’onere dell’appellante di formulare critiche puntuali e circostanziate avverso la decisione impugnata.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso per Cassazione
La vicenda processuale ha inizio con la condanna di un imputato per il reato di minaccia aggravata, decisione confermata anche dalla Corte di Appello. Non ritenendosi soddisfatto della sentenza di secondo grado, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a tre distinti motivi di doglianza. Essi riguardavano il mancato riconoscimento di circostanze attenuanti, la negata sostituzione della pena detentiva e, infine, le statuizioni civili a favore della persona danneggiata.
L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile?
La Suprema Corte ha esaminato ciascuno dei motivi, giungendo alla medesima conclusione per tutti: una manifesta carenza di specificità che li rendeva inidonei a superare il vaglio di ammissibilità.
H3: Motivi Generici sulle Circostanze Attenuanti
Il primo motivo di ricorso lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La Corte ha ritenuto tale censura del tutto priva di specificità, poiché non conteneva una critica effettiva al provvedimento impugnato. L’imputato si era limitato a contestare genericamente la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, senza addurre elementi concreti che ne dimostrassero un travisamento. Questo approccio rende il motivo un mero dissenso, non una critica giuridicamente fondata, conducendo a un ricorso inammissibile.
H3: La Negata Sostituzione della Pena
Anche il secondo motivo, relativo all’esclusione della sostituzione della pena detentiva, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha chiarito che, anche dopo le recenti riforme legislative, la valutazione sulla sostituzione della pena rimane un potere discrezionale del giudice. Tale potere deve essere esercitato sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale. Nel caso di specie, la Corte di merito aveva motivato il proprio diniego evidenziando la ‘spiccata capacità a delinquere’ dell’imputato. Di fronte a tale motivazione, il ricorso si è limitato a censure generiche, insufficienti a scalfire la logicità della decisione.
H3: La Distinzione tra Persona Offesa e Danneggiato
Il terzo motivo si concentrava sulle statuizioni civili, sostenendo che la Corte avesse erroneamente riconosciuto il diritto al risarcimento a un soggetto che, a dire del ricorrente, era mero ‘danneggiato’ e non ‘persona offesa’ dal reato. La Cassazione ha bollato questa tesi come ‘manifestamente infondata’, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale. Secondo tale orientamento, è legittimato a costituirsi parte civile e a chiedere il risarcimento del danno morale chiunque abbia subito un pregiudizio dal reato, a prescindere dalla sua qualifica formale di ‘persona offesa’.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda sul principio di specificità dei motivi di ricorso, un requisito essenziale per l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione. Un ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi o una generica lamentela contro la sentenza. Deve, invece, contenere una critica precisa, argomentata e puntuale che individui le specifiche violazioni di legge o i vizi logici della motivazione del provvedimento impugnato. Nel caso in esame, tutti e tre i motivi presentati mancavano di questa specificità, risolvendosi in asserzioni astratte e generiche. Di conseguenza, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile, senza nemmeno entrare nell’esame del merito delle questioni sollevate.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in commento rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto. Essa ribadisce che la redazione di un atto di impugnazione richiede rigore e precisione. Le contestazioni generiche o astratte sono destinate all’insuccesso e comportano conseguenze negative per il ricorrente. La dichiarazione di inammissibilità, infatti, non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con un versamento di tremila euro. Questa pronuncia consolida la funzione della Corte di Cassazione come giudice di legittimità e non di merito, arginando l’abuso dello strumento processuale e garantendo l’efficienza del sistema giudiziario.
Per quale motivo principale la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati dal ricorrente erano ritenuti del tutto generici. Essi non contenevano una critica specifica ed efficace al provvedimento impugnato, ma si limitavano a censure astratte sulla ricostruzione dei fatti e sulle valutazioni giuridiche dei giudici di merito.
È possibile per una persona che non è la ‘persona offesa’ diretta dal reato ottenere un risarcimento in un processo penale?
Sì, l’ordinanza, richiamando una giurisprudenza consolidata, conferma che anche chi non è la persona offesa in senso stretto, ma ha subito un danno morale come conseguenza del reato, è legittimato a costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa evidente?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa evidente, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3203 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3203 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCHIERA DEL GARDA il 18/07/1978
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste che ne ha confermato la condanna per il delitto aggravato di minaccia;
considerato che il primo motivo – con cui si sono addotti la violazione della legge penale vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 2 cod. pen. – è privo di specificità in quanto non un’effettiva critica nei confronti del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013 Leonardo, Rv. 254584 – 01; conf. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575 01), limitandosi a censurare, con assunti del tutto generici e senza addurre il travisamento de prova, la ricostruzione del fatto compiuta dai Giudici di merito (cfr. Sez. 2, n. 4628 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01);
considerato che il secondo motivo- con il quale si denuncia la violazione della legge penale in ordine all’esclusione della sostituzione della pena detentiva – è privo della necessa specificità in quanto: anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 202 150, il giudice è vincolato nell’esercizio del suo potere discrezionale alla valutazione dei cri cui all’art. 133 cod. pen., sicché il suo giudizio, se sul punto adeguatamente motivato, sfugge sindacato di legittimità (Sez. 3, n. 9708 del 16/02/2024, COGNOME, Rv. 286031 – 01); la Corte merito ha fondato il proprio diniego sulla spiccata capacità a delinquere dell’imputato; sul pu il ricorso contiene censure del tutto generiche;
considerato che il terzo motivo- con il quale si lamenta la violazione della legge penale ordine alle statuizioni civili, avendo la Corte riconosciuto il diritto al risarcimento al Vacc non dovrebbe attribuirsi la qualità di persona offesa dal reato bensì quella di danneggiato manifestamento infondato perché in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui è legittimato a costituirsi parte civile al fine di ottenere il risarcimento del danno morale su conseguenza del reato anche colui che non è persona offesa dello stesso (Sez. 2, n. 4816 del 15/01/2010, COGNOME, Rv. 246280 – 01; Sez. 4, n. 20231 del 03/04/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 252683 01); e nel resto l’impugnazione si affida ad asserti del tutto generici;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 26758 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/10/2024.