Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11887 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11887 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/05/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte ch appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia del 27 giugno 2019, con cui RAGIONE_SOCIALE era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi dieci di reclusione ed euro trecento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 110, 624 e 625, n.7, cod. pen..
Il COGNOME ricorre per Cassazione, proponendo tre mol:ivi di impugnazione avverso la sentenza della Corte di appello.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato in epigrafe per contraddittorietà della motivazione nella parte relativa alla valutazione delle prove, per l’assenza di elementi in base ai quali desumere la conoscenza da parte dell’imputato della provenienza illecita delle biciclette contenute nel furgone da lui guidato.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata formulazione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’entità eccessiva della pena irrogata.
3. Il ricorso è inammissibile.
In relazione al primo motivo di ricorso, premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
Si è altresì precisato che è inammissibile il ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, atteso che quest’ultimo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008, COGNOME, Rv. 240109).
I profili di censura, tuttavia, sono già stati adeguatamente vagliati con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e non sono scanditi da nec:essaria critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, tra le quali la concordanza tra le risultanze dell’analisi del rilevatore satellitare, la dinamica degli orari e de
impossessamenti predatori e il comportamento tenuto dall’originario coimputato COGNOME NOME al momento dell’arresto.
La difesa del ricorrente, infatti, si reitera le doglianze già prospettate con l’at di appello e non si confronta con l’esauriente apparato motivazionale, limitandosi a formulare plurimi rilievi di natura giuridica, privi di attinenza concreta con la fattispe cie in oggetto.
4. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, va rilevato che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, alla quale si è allineata la giurisprudenza successiva, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circ:ostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931; Sez. 2, n. 31543 dell’08/06/2017′ Pennelli, Rv. 270450).
Il giudizio di bilanciamento tra le circostanze aggravanti ed attenuanti, pertanto, costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5 , n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838 – 02), essendo rilevante che il giudizio sia condotto mediante apprezzamento degli elementi così individuati, condotto in modo logico e coerente rispetto a quelli concorrenti di segno opposto (Sez. 1, n. 17494 del 18/12/2019, dep. 2020, Defilippi, Rv. 279181 – 02).
Il giudizio di comparazione, peraltro, risulta sufficientemente motivato, quando il giudice, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’art. 69 cod. pen. scelga la soluzione dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. 2, n. 31531 del 16/05/2017, Pistilli, Rv. 270481).
Alla luce dei predetti principi, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata, va ritenuta congrua ed adeguata, avendo la Corte di merito rilevato l’assenza di elementi idonei a formulare un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate, alla luce dell’accurata predisposizione delle modalità operative, dell’intensità della risoluzione criminosa e della pluralità dei beni sottratti.
In ordine al terzo motivo di ricorso, va ricordato che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278).
Il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754).
La pena è stata irrogata in misura non superiore alla media edittale e, in relazione ad essa, non era dunque necessaria un’argomentazione più dettagliata da parte del giudice (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949).
Il sindacato di legittimità sussiste solo quando la quantificazione costituisca il frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.
Al contrario, nella fattispecie, l’entità della pena irrogata è stata correttamente giustificata in riferimento ai plurimi precedenti specifici per reati di notevole gravità
Né appare obbligatorio che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli dedotti dalla parte, essendo sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati d tale valutazione.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.