Pericolosità Sociale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il concetto di pericolosità sociale è un pilastro fondamentale nel diritto penale e nelle misure di prevenzione, poiché mira a proteggere la collettività da individui ritenuti propensi a commettere nuovi reati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5247/2024, offre un chiaro esempio di come i ricorsi contro tali valutazioni debbano essere formulati per superare il vaglio di legittimità. In caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. Quest’ultima aveva confermato la legittimità di un provvedimento amministrativo che ne attestava la pericolosità sociale e la conseguente necessità di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza. Il ricorrente sosteneva che tale giudizio fosse stato espresso in violazione dei presupposti di legge (specificamente l’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 30 del 2007) e che il provvedimento fosse carente di motivazione, al punto da dover essere disapplicato dal giudice.
L’Analisi della Corte di Cassazione sulla Pericolosità Sociale
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha ritenuto palesemente infondato, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno evidenziato due difetti cruciali nell’atto di impugnazione. In primo luogo, il ricorso è stato definito ‘a-specifico’, ovvero privo di motivi di critica puntuali e circostanziati contro la decisione della Corte d’Appello. In secondo luogo, è stato considerato ‘reiterativo’, in quanto si limitava a riproporre le medesime censure già formulate con l’atto di appello, le quali erano state adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte territoriale.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha chiarito che il ruolo del giudice di legittimità non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ‘non manifestamente illogica’ per confermare il giudizio di pericolosità sociale. In particolare, era stato correttamente valorizzato l’ampio richiamo, contenuto nel provvedimento originario, ai precedenti penali e di polizia del soggetto. Questi elementi, unitamente ad altri fattori, costituivano una base solida per giustificare sia la valutazione di pericolosità sia la conseguente misura dell’allontanamento per tutelare la sicurezza pubblica. Di fronte a una motivazione così strutturata, un ricorso che non solleva nuove e specifiche questioni di diritto è destinato all’inammissibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza si conclude con una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due conseguenze per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Quest’ultima sanzione è giustificata dalla ‘colpa connessa all’irritualità dell’impugnazione’, richiamando un principio consolidato dalla Corte Costituzionale. La sentenza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: per accedere al giudizio di Cassazione, non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente, ma è necessario articolare critiche precise, pertinenti e non meramente ripetitive, dimostrando un vizio di legittimità nella sentenza impugnata.
 
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è ‘a-specifico’, cioè non indica chiaramente i motivi di diritto per cui si contesta la sentenza, o quando si limita a ripetere le stesse censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità.
Quali elementi giustificano un giudizio di pericolosità sociale?
Secondo l’ordinanza, il giudizio di pericolosità sociale può essere fondato su un’ampia valutazione che comprende i precedenti penali e/o di polizia del soggetto e, più in generale, tutti gli elementi che dimostrano la necessità del suo allontanamento per ragioni di pubblica sicurezza.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per colpa del ricorrente?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in aggiunta, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende come sanzione per aver presentato un’impugnazione non conforme alle regole procedurali, ovvero ‘irrituale’.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5247 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5247  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
POUPIN GREGOIRE NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo e deduce, con un unico motivo, che il giudizio di pericolosità sociale espresso nell’atto amministrativo risulterebbe espresso in spregio dei presupposti di cui all’art. 20, comma 3, d.lgs. n. 30 del 2007 e che, comunque, il provvedimento sarebbe carente di motivazione, sicché lo stesso avrebbe dovuto essere disapplicato dal Giudice di merito;
rilevato che il ricorso è a-specifico e reiterativo di analoghe censure formulate con l’atto di appello ed adeguatamente vagliate dalla Corte territoriale che – con motivazione non manifestamente illogica – ha valorizzato, in punto di pericolosità sociale, l’ampio richiamo svolto nel provvedimento ai precedenti penali e/o di polizia e, più in generale, a tutti gli elementi posti a fondamento del relativo giudizio e della conseguente necessità dell’allontanamento dell’imputato per ragioni di pubblica sicurezza;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023