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Ricorso inammissibile per furto e tenuità del fatto

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per furto aggravato. La Corte ha respinto il motivo basato sulla sopravvenuta procedibilità a querela (Riforma Cartabia), confermando un orientamento consolidato. Ha inoltre escluso l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa dei plurimi precedenti penali del ricorrente, che integrano la nozione di ‘condotta abituale’.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione su Riforma Cartabia e Tenuità del Fatto

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per furto aggravato, sollevando due questioni di grande attualità: l’impatto della Riforma Cartabia sulla procedibilità di alcuni reati e i limiti all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione consolida importanti principi giurisprudenziali e chiarisce i confini di applicabilità di istituti volti a deflazionare il carico giudiziario.

I Fatti del Processo

Il procedimento trae origine da una condanna per furto aggravato emessa dal Tribunale di Padova. La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Venezia. L’imputato, non rassegnato alla decisione, proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza, entrambi respinti dalla Suprema Corte con una declaratoria di inammissibilità.

I Motivi del Ricorso: Procedibilità e Tenuità del Fatto

L’imputato basava le sue difese su due argomenti principali:

1. Improcedibilità per mancata querela: A seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), alcuni reati di furto aggravato, precedentemente procedibili d’ufficio, sono diventati procedibili a querela di parte. Il ricorrente sosteneva che, in assenza di querela, l’azione penale dovesse essere dichiarata improcedibile.
2. Applicabilità della particolare tenuità del fatto: In subordine, la difesa chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, sostenendo che il fatto, per le sue modalità, fosse di minima gravità e quindi non meritevole di sanzione penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando entrambe le argomentazioni difensive con rigore logico e richiamando consolidati orientamenti giurisprudenziali.

Sul primo punto, relativo all’improcedibilità, i giudici hanno ribadito un principio ormai pacifico: è inammissibile il ricorso che, con un motivo unico o accompagnato da altri motivi parimenti inammissibili, solleva la questione della procedibilità introdotta da una norma sopravvenuta alla sentenza impugnata. In altre parole, non si può utilizzare il ricorso in Cassazione come unico strumento per far valere una modifica normativa procedurale avvenuta dopo la decisione di merito. Ad ogni modo, la Corte ha aggiunto, a titolo di completezza, che nel caso di specie una querela era stata regolarmente presentata dalla persona offesa, rendendo la censura comunque infondata.

Sul secondo motivo, la Corte ha escluso categoricamente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La ragione è da ricercarsi nei ‘plurimi precedenti penali’ a carico del ricorrente. L’art. 131-bis c.p. richiede, tra le altre cose, che la condotta non sia ‘abituale’. Facendo leva sulla storica sentenza delle Sezioni Unite (n. 13861/2016), la Corte ha ricordato che la condotta è da considerarsi abituale quando l’autore ha commesso almeno altri due reati oltre a quello per cui si procede. Questa ‘serialità di comportamenti’, come definita dai giudici, costituisce una condizione ostativa all’applicazione del beneficio, a prescindere dalla gravità del singolo episodio.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che le modifiche procedurali introdotte dalla Riforma Cartabia non possono essere invocate per la prima volta in Cassazione come unico motivo di ricorso, se questo risulta per il resto inammissibile. In secondo luogo, ribadisce con forza che l’istituto della particolare tenuità del fatto non è un’ancora di salvezza per chi ha una storia criminale alle spalle. La presenza di precedenti penali che delineano una ‘condotta abituale’ chiude le porte a qualsiasi valutazione di non punibilità, sancendo l’irrilevanza della minima offensività del singolo reato di fronte a una persistente inclinazione a delinquere. La conseguenza per il ricorrente è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a conferma della severità con cui l’ordinamento tratta i ricorsi pretestuosi.

Un ricorso in Cassazione può basarsi unicamente sulla sopravvenuta necessità della querela introdotta dalla Riforma Cartabia?
No. La Corte di Cassazione, seguendo un orientamento consolidato, ha stabilito che è inammissibile il ricorso che ponga, come unico motivo o insieme ad altri motivi inammissibili, la questione dell’improcedibilità per una modifica normativa introdotta dopo la sentenza impugnata.

Quando un comportamento è considerato ‘abituale’ al punto da impedire l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la sentenza, che richiama le Sezioni Unite, il comportamento è abituale quando l’autore ha commesso almeno altri due reati oltre a quello per cui si sta procedendo. La presenza di plurimi precedenti penali integra questa ‘serialità’ e osta all’applicazione del beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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