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Ricorso inammissibile: no alla rivalutazione dei fatti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per lesioni e danneggiamento. La Corte ribadisce che il suo ruolo non è rivalutare le prove, come le testimonianze, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 17 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando i Fatti non si Discutono Più

L’esito di un processo penale dipende spesso dalla valutazione delle prove e delle testimonianze. Ma cosa succede quando un imputato, già condannato in primo e secondo grado, ritiene che tale valutazione sia stata errata? Può chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare tutto da capo? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i limiti di questo tipo di impugnazione, confermando un principio cardine del nostro sistema giudiziario e spiegando le conseguenze di un ricorso inammissibile.

I Fatti del Caso: un’Aggressione e la Tesi della Legittima Difesa

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per i reati di danneggiamento aggravato e lesioni. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello, sostenendo due punti principali: l’errata applicazione della legge penale e una lettura non corretta delle dichiarazioni testimoniali. In particolare, la difesa lamentava che la Corte territoriale avesse erroneamente escluso la sussistenza della scriminante della legittima difesa, basando la propria decisione su una valutazione dei fatti che si riteneva viziata.

La Decisione della Corte di Cassazione: il Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, le censure proposte non erano altro che un tentativo, neanche troppo velato, di introdurre in sede di legittimità una nuova valutazione degli elementi fattuali già ampiamente esaminati e decisi dai giudici di merito. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse congrua, coerente e corretta dal punto di vista giuridico.

Le Motivazioni: il Ruolo del Giudice di Legittimità e il ricorso inammissibile

La decisione si fonda sulla netta distinzione tra il ruolo del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e quello del giudice di legittimità (la Corte di Cassazione). Il giudice di merito ha il compito esclusivo di valutare le prove, ricostruire i fatti e decidere sulla base del proprio libero convincimento. A lui spetta il giudizio sulla rilevanza e l’attendibilità delle fonti di prova, come le testimonianze, e la scelta tra diverse versioni dei fatti.

La Corte di Cassazione, invece, non può sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito, né può “rileggere” gli elementi di fatto. Il suo compito è limitato a verificare:
1. La corretta osservanza e applicazione della legge.
2. L’assenza di vizi logici o contraddittorietà manifeste nella motivazione della sentenza.

Quando, come nel caso di specie, la decisione impugnata ha valutato criticamente tutte le prove, indicando in modo logico e coerente le ragioni del proprio convincimento, la decisione non è censurabile in sede di legittimità. Tentare di contestare la prevalenza accordata a una testimonianza piuttosto che a un’altra si traduce in una richiesta di riesame del merito, inammissibile davanti alla Cassazione. Pertanto, il ricorso che si concentra su tali aspetti è destinato a essere dichiarato un ricorso inammissibile.

Conclusioni: Limiti e Conseguenze Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. L’appello alla Suprema Corte deve basarsi su precisi vizi di legittimità, come errori nell’interpretazione di una norma o palesi illogicità nel percorso argomentativo del giudice, e non su un semplice disaccordo con la ricostruzione fattuale. La presentazione di un ricorso inammissibile, oltre a non avere alcuna possibilità di successo, comporta conseguenze economiche significative per il ricorrente, che viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le testimonianze di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare le prove o “rileggere” gli elementi di fatto, come le testimonianze. La valutazione dell’attendibilità e della rilevanza delle prove è compito esclusivo dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Cosa significa che un ricorso è “inammissibile” per manifesta infondatezza?
Significa che i motivi del ricorso sono palesemente privi di fondamento e non rientrano tra quelli consentiti dalla legge per adire la Corte di Cassazione. Tipicamente, ciò accade quando si tenta di ottenere una nuova valutazione dei fatti già giudicati, mascherandola da vizio di legittimità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Oltre a rendere definitiva la condanna, la declaratoria di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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