Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 891 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 891 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Campobello di Licata il 15/02/1970
avverso la sentenza del 08/05/2024 della Corte d’appello di Milano dato avviso alle parti;
letta i motivi nuovi e contestuale memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME NOME COGNOME il quale, con un motivo nuovo, ha invocato il riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, introdotta con la sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di estorsione pluriaggravata e alla mancata riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all’art. 393 cod. pen., non è consentito in questa sede per un duplice ordine di ragioni: da un lato, deve osservarsi come esso prospetti profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale, con corretti e logici argomenti giuridici (si vedano le pagg. 3 e 4 dell’impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, perché non caratterizzati da un effettivo confronto con la complessità delle ragioni poste a base della ritenuta integrazione, da parte del ricorrente, del delitto a lui attribuit dall’altro lato, deve sottolinearsi come il medesimo motivo risulti anche teso a
contestare un’erronea valutazione del materiale probatorio da parte dei giudici di appello, prefigurando un diverso apprezzamento delle risultanze processuali e una differente rilevanza delle fonti di prova, mediante criteri di giudizio diversi da quel adottati dal giudice del merito, invero estranei al sindacato del presente giudizio, dovendosi affermare che vale per questa Corte la preclusione non solo di procedere ad una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione – la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944) – ma anche di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, nonché di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge e eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che, nel caso di specie (come emerge dalle già richiamate pagg. 3 e 4 dell’impugnata sentenza) la Corte territoriale ha congruamente esplicato le ragioni di fatto e di diritto poste a base del suo convincimento circa la ravvisabilità, nell condotta posta in essere dall’odierno ricorrente, di tutti gli elementi costitutivi d reato ascrittogli, in conformità con i principi consolidati nella giurisprudenza d legittimità;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, è manifestamente infondato perché: in primis, deve sottolinearsi come, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza della Corte di cassazione, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice dì merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; in secundis, deve tenersi conto che i giudici di appello, avendo motivato l’impossibilità di applicare le suddette attenuanti nel loro massimo effetto facendo riferimento in particolare alla «scarsa rielaborazione della propria condotta dimostrata dal pervenuto», si sono conformati ai principi affermati da questa Corte (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281217-01);
che, con riguardo al motivo nuovo che si è indicato in epigrafe, la Corte di cassazione ha chiarito come non sia deducibile con il ricorso per cassazione l’omessa motivazione del giudice di appello in ordine al riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, prevista con la sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023, qualora la questione, già proponibile in quella sede, non sia stata prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in
sede di formulazione delle conclusioni (Sez. 2, n. 19543 del 27/03/2024, G., Rv. 286536-01), situazione che ricorre anche nel caso in esame;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.