Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30082 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Croazia il DATA_NASCITA; NOME, nata in Serbia il DATA_NASCITA; avverso la sentenza in data 23/11/2022 della Corte d’Appello di Brescia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale nella persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 23/11/2022, la Corte d’appello di Brescia, decidendo a seguito di annullamento disposto il 2/2/2022 da questa Corte della sentenza della Corte d’appello di Brescia del 6/4/2021, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Mantova, che aveva ritenuto NOME e NOME responsabili dei reati di sequestro di persona ai danni di NOME e di lesioni personali aggravat anni di COGNOME NOME condannandoli alla pena di anni tre e mesi due di reclusione ciascuno, in accoglimento dell’appello proposto dagli imputati, ridusse la pena ad anni due e mesi dieci di reclusione per entrambi
e, in accoglimento dell’appello del Procuratore generale, dispose, a pena espiata, l’allontanamento dal territorio dello Stato di NOME e l’espulsione di NOME.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, gli imputati, articolando tre motivi di impugnazione.
Con il primo è stata denunciato il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) per violazione degli artt. 620 e 621 cod. proc. pen. essendo stato instaurato un nuovo giudizio di appello nonostante la sentenza della Corte di cassazione del 2/2/2022 avesse disposto l’annullamento senza rinvio;
Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge processuale e sostanziale in relazione agli artt. 593 e ss., 581 e 584 cod. proc. pen., 111 Cost. e 6 CEDU sostenendo che il ricorso per Cessazione del Procuratore generale avverso la sentenza del GUP del Tribunale di Mantova, poi convertito in appello, era inammissibile in quanto non comunicato agli imputati;
Con il terzo motivo, ha denunciato la violazione di legge, sia processuale che sostanziale, anche in relazione all’art. 111 della Costituzione, nonché la contraddittorietà e la carenza della motivazione della sentenza impugnata. Ha sostenuto che: l’atto di appello, contestando l’attendibilità di COGNOME NOME e l’assenza di riscontri oggettivi, mirava all’assoluzione degli imputati da tutte l accuse loro mosse e non soltanto dal sequestro di persona; la Corte territoriale aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante l’audizione di COGNOME NOME richiesta con l’atto di appello al fine di permettere il vaglio delle accuse formulate dalle persone offese; la valutazione del quadro probatorio violava i canoni fissati dall’art. 192 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
L’inosservanza dell’obbligo di notificare alle parti private l’impugnazione del pubblico ministero, prescritto dall’art. 584 cod. proc. pen., non produce l’inammissibilità della stessa impugnazione, né la nullità del processo del grado successivo, determinando esclusivamente la mancata decorrenza del termine per l’impugnazione incidentale della parte privata, ove consentita (Sez. 6, n. 6246 del 11/01/2024, A., Rv. 286082-01).
L’omessa notifica lamentata, pertanto, risulta del tutto irrilevante non avendo inciso in alcun modo sull’esercizio della facoltà difensive, avendo i ricorrenti proposto appello avverso la sentenza di primo grado e avuto piena conoscenza del contenuto del ricorso della parte pubblica attraverso il contraddittorio instauratosi nel giudizio di secondo grado.
Non maggior fondamento ha l’argomento secondo cui l’annullamento senza rinvio avrebbe precluso la prosecuzione del giudizio. La nullità accertata dalla Corte
di legittimità, in quanto relativa alla sentenza impugnata, non poteva che comportare la rimozione del provvedimento viziato senza necessità di rinvio in quanto l’espunzione della decisione dall’ordinamento aveva quale necessaria conseguenza che la pronuncia dovesse essere nuovamente adottata. E, difatti, la Terza Sezione non si limitò ad annullare nei confronti degli odierni imputati la sentenza impugnata ma dispose, per effetto della regressione del processo imposta dall’art. 185 comma 3 cod. proc. pen., la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Brescia.
Palesa manifesta infondatezza e aspecificità il terzo motivo d’impugnazione.
Non è, ancora, consentito il motivo del ricorso che deduca la violazione di norme della Costituzione o della convenzione CEDU, dovendo tale inosservanza essere fatta valere sollevando la questione di legittimità costituzionale ( Sez. 5, n. 4944 del 3/12/2021 (dep. 2022 ), COGNOME, Rv. 282778 – 01; Se – z. 2, n. 12623 del 13/12/2019 (dep.2020), COGNOME, Rv. 279059 – 01).
Non sono, pertanto, ravvisabili i viziú di violazione di legge sostanziale e processuale denunciati con il terzo motivo d’impugnazione.
Il vizio di motivazione, poi, deve essere dedotto in modo specifico con riferimento alla sua natura per cui non è possibile l’enunciazione perplessa ed alternativa spettando al ricorrente precisare se la doglianza sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà o alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di vizi, e, in questo caso, chiarire su quale profilo la motivazione manchi, quali siano le proposizioni della sentenza affette da un insanabile contrasto, sì che
l’accoglimento dell’una esclude l’altra, e dove siano stati violati i principi del logica formale o dei canoni normativi di valutazione delle prove o vi siano una invalidità dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse dell’abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra le stesse e la conclusione (Sez. U., n. 29541 del 16/07/2020 Filardo Rv. 280027; Sez. 2, n. 13565 del 13/10/2023 (dep. 2024), COGNOME).
A tale onere il ricorso si sottrae, denunciando la contraddittorietà della motivazione con argomenti generici che contestano l’attendibilità delle persone offese senza però spiegare quale interesse i medesimi avrebbero perseguito calunniando i ricorrenti, atteso che non si sono costituiti parte civile, e senza confrontarsi con le ulteriori prove valorizzate nella sentenza impugnata. A fronte di un motivo di appello che contestava il giudizio di responsabilità assumendo che COGNOME NOME non era attendibile, la Corte distrettuale aveva sottolineato che il materiale probatorio valorizzato dal Tribunale per condannare NOME COGNOME e NOME COGNOME non si esauriva nelle dichiarazioni della predetta persona offesa ma era anche costituito: dalle circostanze descritte nel verbale di arresto, chiaramente indicative di una situazione di sequestro di persona ancora in atto; dalle tracce materiali repertate sia sulla Mercedes che presso le abitazioni di Lendinara e Quistello; dalle dichiarazioni confessorie di NOME COGNOME; dalla querela sporta da NOME COGNOME. Tali prove, ad avviso della Corte, si saldavano “in un costrutto assolutamente solido e affidabile che delinea uno sviluppo dei fatti perfettamente coerente con la prospettiva accusatoria recepita nella sentenza di primo grado”. Con tale motivazione il ricorso non si confronta, ignorando del tutto le circostanze cadute sotto la diretta percezione della PG e la convergenza esistente fra gli atti irripetibili, le accuse formulate dalle persone offese e la confessione di NOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La conclusione cui la Corte territoriale è pervenuta in ordine alla idoneità del materiale probatorio acquisito ai fini della conferma del giudizio di responsabilità ha quale immediato precipitato la superfluità dell’assunzione della deposizione di COGNOME NOME e, quindi, giustifica, implicitamente, il rigetto della richiesta rinnovazione dibattimentale ( ex plurimis Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, Coppola, Rv. 259893; Sez. 6, n. 2972 del 4/12/2020,dep.2021, G. Rv. 280589 – 01).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende. Roma, 3/7/2024