Ricorso inammissibile in Cassazione: quando la valutazione della pena non si può discutere
Con la recente ordinanza n. 27265 del 2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La decisione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per furto aggravato, chiarendo i limiti invalicabili per chi si rivolge alla Suprema Corte.
Il caso in esame
I fatti processuali vedono un imputato condannato nei primi due gradi di giudizio per reati contro il patrimonio. L’imputato decide di presentare ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, un’errata valutazione da parte della Corte d’Appello riguardo alla condizione di procedibilità introdotta dalla Riforma Cartabia per il furto aggravato e contestando la dosimetria della pena applicata.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Secondo gli Ermellini, le censure mosse dall’imputato erano di natura prettamente fattuale e di merito, e come tali non potevano trovare spazio nel giudizio di legittimità. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali, entrambi centrali per comprendere il ruolo e i limiti della Corte Suprema.
## Le motivazioni: i limiti del ricorso inammissibile
Le motivazioni dell’ordinanza sono chiare e didattiche. In primo luogo, la Corte sottolinea che il ricorso presentava “enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e la consolidata giurisprudenza”. La Corte d’Appello, infatti, aveva correttamente applicato le nuove regole sulla procedibilità del furto aggravato secondo la Riforma Cartabia, motivando in modo adeguato la propria decisione.
In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Corte ribadisce che la dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito. La scelta sulla quantità di pena da infliggere, sebbene debba seguire i parametri dell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo), non può essere sindacata in Cassazione. L’intervento della Suprema Corte è ammesso solo in casi eccezionali, ovvero quando la decisione del giudice di merito sia frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”. Nel caso di specie, tale vizio era del tutto assente.
Di conseguenza, tentare di ottenere in Cassazione una nuova e più favorevole valutazione della pena costituisce un motivo di ricorso inammissibile.
## Le conclusioni e le conseguenze pratiche
La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il pagamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che si aggiunge alle spese processuali.
Questa ordinanza serve da monito: il ricorso per Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o vizi di motivazione legalmente riconosciuti, non su un generico dissenso rispetto alla valutazione dei fatti o alla severità della pena operata dai giudici di merito. Il ruolo della Suprema Corte è quello di garante della corretta interpretazione della legge, non di giudice di ultima istanza sui fatti.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, di regola non è possibile. La determinazione della pena (dosimetria) è un potere discrezionale del giudice di merito. Secondo l’ordinanza, può essere contestata in Cassazione solo se la decisione è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, circostanze non riscontrate nel caso di specie.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato, per legge, al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte lo condanna al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Perché il ricorso è stato considerato inammissibile in questo specifico caso?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le critiche sollevate (le cosiddette censure) non erano consentite nel giudizio di legittimità. L’imputato, invece di evidenziare errori di diritto, ha tentato di ottenere una nuova valutazione nel merito dei fatti e della congruità della pena, compiti che spettano esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27265 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27265 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine ai reati ascritti è inammissibile, perc contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità.
Il rilievo prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dat normativo e la consolidata giurisprudenza di legittimità, atteso che la Corte d’appello ha motivatamente dato atto della legittimità e ritualità della condizione d procedibilità, riscontrando l’osservanza delle regole stabilite dalla riforma Cartabi per quanto concerne la procedibilità per il furto aggravato.
Giova rammentare che la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 cod. pen., come caso di specie) è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi (sez. 2, n.45312 del 03/11/2015; sez. 4, n.44815 del 23/10/2015).
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 giugno 2024
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Il Consigliere estensore
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