Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26650 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26650 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Napoli il 18/10/1975
La COGNOME NOME nato a Napoli il 17/07/1970
avverso la sentenza del 19/09/2024 della Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta tempestivamente depositata, concludeva per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello di Napoli confermava la condanna di NOME COGNOME ed NOME COGNOME per il reato di concorso nella ricettazione di un motorino provento di furto.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 648 cod. pen.) e vizio di motivazione: non sarebbe stato considerato che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, il veicolo di provenienza illecita non sarebbe stato rinvenuto nei locali della officina, ma nella INDIRIZZO; la circostanza sarebbe decisiva per la riconducibilità del ciclomotore ai ricorrenti, ma non sarebbe stata esaminata.
2.2. Il motivo non supera la soglia di ammissibilità in quanto dedotto per la prima volta in sede di legittimità.
Sul punto il collegio ribadisce che la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua ratio nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame (tra le altre: Sez . 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, COGNOME Rv. 256631). A ciò si aggiunge che non sono deducibili per la prima volta davanti alla Corte di cassazione le questioni giuridiche che presuppongono un’indagine di merito (Sez . 5, n. 11099 del 29/01/2015; El Baghdadi, Rv. 263271).
2.3. Violazione di legge (art. 648, comma 4, cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione dell’attenuante prevista dall’art. 648, comma 4 cod. pen.: il veicolo ricettato veniva ritenuto di valore ‘non’ modesto nonostante non avesse la copertura assicurativa per il furto, evidenza che dimostrava che lo stesso era di valore tale da non destare in capo al proprietario la rappresentazione di una grossa perdita economica in caso di furto; la valutazione in ordine al valore non modesto del bene avrebbe impedito la Corte di appello di valutare le ulteriori circostanze utili per concedere l’attenuante invocata.
2.4. Il motivo non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve nella richiesta di rivalutare nel merito la capacità dimostrativa delle prove con specifico riguardo alla concedibilità dell ‘ attenuante prevista dall ‘ art. 648, comma 4, cod. pen., esclusa sulla base di una non rivalutabile valutazione di merito in ordine al non modesto valore del bene trafugato.
2.5. Violazione di legge (art. 62bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche che avrebbero potuto essere concesse tenuto conto il comportamento collaborativo dimostrato in sede di perquisizione e della risalenza dei precedenti vantati.
2.6. La doglianza è manifestamente infondata.
La Corte di appello, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, rilevava i numerosi precedenti penali vantati dai ricorrenti, che indicavano una personalità incompatibile con la concessione del beneficio invocato (pag. 6 della sentenza impugnata).
2.Alla dichiarata inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 13 maggio 2025